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I dialetti dell'area arcaica calabro-lucana o area Lausberg comprendono le parlate dell'area posta geograficamente a cavallo tra la Basilicata (o Lucania) meridionale e la Calabria settentrionale. Queste parlate, linguisticamente appartenenti al gruppo dei dialetti lucani, sono dette dell'area Lausberg dal nome del linguista tedesco Heinrich Lausberg, che l'ha analizzata per primo.

Dialetto dell'area arcaica calabro-lucana
Parlato in Italia
Regioni Basilicata (parte della provincia di Potenza e parte della provincia di Matera)
 Calabria (parte della provincia di Cosenza)
Locutori
Totalecirca 200.000 ab.
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-meridionali
    Dialetti lucani
     Dialetti dell'area arcaica calabro-lucana

Descrizione


Le province interessate sono la zona sud della provincia di Potenza, cioè l'area che va dal lagonegrese al Pollino (con l'eccezione di Lagonegro) e il senisese, la parte meridionale della provincia di Matera in Basilicata e la zona settentrionale della provincia di Cosenza in Calabria. È un'area piuttosto vasta dal punto di vista geografico, perché ha come nucleo centrale le montagne del Massiccio del Pollino, ma i suoi confini si estendono dal Tirreno allo Jonio.

L'area Lausberg è contrassegnata in grigio – Vd
L'area Lausberg è contrassegnata in grigio – Vd

Dal punto di vista linguistico è importante dire che la suddetta zona è il punto intermedio delle vie di comunicazione che collegavano la Calabria con Salerno e soprattutto con Napoli. Essendo zona di transizione, l'area presenterà diversi fenomeni vocalico-linguistici che saranno rilevabili in alcuni comuni, con vocalismi di un certo tipo, e in altri, con altro tipo. Per rendere concretamente l'ibridazione linguistica, sono qui riportati alcuni vocaboli e le loro rispettive differenze da un comune all'altro:

-compari/cumpari, in cui l'atona e è assente in fine di parola;
-cumpare, in cui l'atona e è presente in fine di parola, quindi la i che caratterizza il vocalismo siciliano è assente.

-nivi, forma arcaica e in disuso, con vocalismo di tipo siciliano;
-nive, forma più moderna e in uso, con vocalismo di tipo lucano-campano.
In alcune espressioni popolari è possibile notare lo stesso tipo di ibridazione, con rimandi sia al voc. siciliano sia a quello lucano:

La lingua originaria di questa ampia zona era quella italica di ceppo osco-umbro dei Lucani e dei Bruzi: tale realtà linguistica ha lasciato significative testimonianze di sostrato, ad esempio, in Lucania meridionale, la forma "asuliàre" o "asulare", cioè "ascoltare, orecchiare", deriva dall'osco "ausis", forma non rotacizzata in luogo del latino "auris" (orecchie). In seguito, su questo strato autoctono, si è innestata la lingua greca antica (tale area era parte integrante della Magna Grecia), contribuendo al sostrato locale, per poi giungere infine a un'altra lingua italica, in questo caso di ceppo latino-falisco: il latino, la quale marcherà per sempre il divenire linguistico dell'area. Allo stesso modo, come qualsiasi altra varietà linguistica, anche quella di questa zona può presentare posteriori influenze di superstrato, derivanti, oltre che dalle altre varietà italoromanze, anche da altre continuità neolatine più distanti (come quelle galloromanze ed iberomanze) e non romanze (principalmente greco-bizantine).[1]

Secondo Gian Battista Pellegrini la zona viene identificata come: area arcaica calabro-lucana[2] i cui confini a sud delimitano con i comuni di Castrovillari e Mormanno, a nord con Nemoli e Trecchina: in quest'ultimo comune, situato nel potentino meridionale fra Maratea e Lauria, è possibile per esempio sentire ancora in alcune contrade la desinenza -s della seconda persona singolare.[3]. Il Prof. John Trumper dell'Università della Calabria, muove delle critiche a Pellegrini sui confini dell'area dialettale. Secondo lo studioso l'area Lausberg, nel versante calabrese, si sta via via costringendo, lasciando spazio a un'area "mista", dai caratteri spesso similari all'area calabrese, dell'alto cosentino.[4]:

«La zona 'mista' tra l'area arcaica calabro-lucana e l'area calabrese cosentina si sta espandendo a scapito della stessa zona arcaica. Ormai lungo la costa tirrenica la zona mista arriva da Diamante a Scalea e a Praia a Mare, mentre la zona arcaica resiste all'interno lungo la direttrice Orsomarso - Papasidero - Aieta - Tortora. Dalla parte ionica la zona mista si estende ormai oltre Cassano a Villapiana e fino alla Marina di Trebisacce

(Michele A. Cortelazzo, Alberto M. Mioni, L'Italiano Regionale , a cura della Società di Linguistica Italiana, pag. 25-26)

Vocalismo


Per quanto riguarda il vocalismo, sono state individuate dagli studiosi più suddivisioni all'interno di quest'area che comunque di per sé costituisce un unicum dal punto di vista linguistico. L'innovazione linguistica del sistema napoletano che cominciava a nascere in Campania già nel I secolo dell'Impero romano si diffonde nel sud dell'Italia grazie alle grandi vie di comunicazione, la via Appia (Roma-Napoli-Taranto-Brindisi) per esempio. Attraverso questa via, i nuovi registri raggiungono le parti settentrionale, occidentale e orientale della Basilicata sovrapponendosi all'antico sistema vocalico latino, ma non arrivano a toccare la zona lucano-calabrese, rimasta in tal senso più conservativa e arcaica.

È stata individuata una prima area con vocalismo di tipo sardo[5] che comprende da un lato comuni della Basilicata meridionale quali Lauria, Castelluccio, Castelsaraceno, Rotonda, Episcopia, Fardella, San Severino Lucano, Terranova di Pollino, Latronico, Nemoli, Agromonte, Senise, Viggianello e Valsinni, e dall'altro comuni del cosentino quali Trebisacce, Albidona, Amendolara, Roseto Capo Spulico, Oriolo, Montegiordano, Rocca Imperiale e Cerchiara di Calabria: è un vocalismo che altrove ha riscontro solamente in Sardegna e riflette un momento arcaico della lingua latina, quando la penetrazione romana verso sud trovò ostacoli dovuti alla resistenza delle popolazioni locali e agli ostacoli naturali (si pensi al Massiccio del Pollino o del Sirino in Lucania).

La seconda area invece è un'area intermedia fra vocalismo siciliano e vocalismo sardo[5], e comprende comuni in provincia di Cosenza situati subito oltre il confine fra Lucania e Calabria, quali Tortora, Aieta, Praia a Mare, Scalea, Papasidero, Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno, Morano Calabro, Castrovillari. Alcuni studiosi hanno inserito in questa fascia intermedia fra vocalismo sardo e siciliano anche i comuni lucani di Lauria e Maratea[5], individuando una zona siciliana: si tratta di una ristretta area marginale isolata intorno al golfo di Policastro, nella Lucania latina antica, al di sopra della zona a vocalismo arcaico, nei centri di Ascea, Alfano, Camerota e, più all'interno, Lauría.

Il sistema vocalico di tipo siciliano fu introdotto da coloni trasferiti dall'Isola in quella zona in epoca tarda (secolo XII-XIII) ed è caratterizzato dalla fusione della /ī/ lunga, della /ĭ/ breve e della /ē/ lunga del latino in /i/, mentre la /ū/ lunga, la /ŭ/ breve e la /ō/ lunga del latino si fondono in /u/. Attualmente si trovano relitti di questo vocalismo, tipico oltre che della Sicilia, della Calabria centro meridionale, del Cilento meridionale e della penisola salentina, a Lauria, Acquafredda e Maratea. In particolare nel rione inferiore di Lauria molte parole presentano ad esempio una "o" aperta, come nelle pronunce calabresi. Al di là di questa linea intermedia cominciano le aree a vocalismo siciliano vero e proprio dei dialetti calabresi, che si estendono dal Tirreno (Belvedere Marittimo, Diamante) allo Jonio (Corigliano, Rossano, Schiavonea).

La differenza di vocalismo può essere a volte anche all'interno degli stessi comuni, come accade nella cittadina lucana di Lauria: nella pronuncia della lettera "o" il vocalismo è sardo nel Rione superiore, dove la frase "esce il sole" sarà resa con èss'u sule, dove la "u" di sule è in realtà un suono intermedio fra la "o" e la "u", mentre nel Rione inferiore la frase sarà ess't u sole, dove la "o" di sole appare come una "o" aperta e marcata, come nelle pronunce siciliane e calabresi. La "U" finale atona viene conservata saldamente nella pronuncia degli anziani, che pronunceranno per esempio a Lauria la parola cervello come "cirviddu", mentre fra i giovani la vocale finale è per lo più pronunciata come un suono intermedio fra la "O" e la "U": "cirviddo", con quella O che sfuma leggermente in una U. Caratteristica ancora di questo comune è l'assenza di dittongamenti, presenti invece in molti comuni dell'area Lausberg sia del versante lucano che di quello calabrese: "gioco" sarà pronunciato iucu a Lauria ma iuòcu altrove, "tempo" sarà "timpu" e non tiempu come altrove, oppure "vento" sarà "vindu" e non viendu, "porco" sarà "purcu" e non puorcu, "nostro" sarà "nustu" e non nuostro.


Verbo


La caratteristica principale della zona arcaica calabro-lucana è quella della "conservazione delle desinenze" latine della seconda e terza persona singolare e della seconda plurale. Prendendo in considerazione le parlate lucane, quindi al di sopra del massiccio del Pollino, la II singolare è rappresentata da vari suoni, che vanno da -si (tu màngisi a Lauria) o -se (la "e" è debolissima e sta per schwa, a Tursi, Nova Siri, Rotonda, Noepoli o Agromonte). La III singolare è rappresentata dalle desinenze -ti (iddu dìciti a Maratea), -te (la "e" è un suono indistinto e debolissimo, nella pronuncia dìcit' o pàsset', a Lauria o Tursi), e ancora -de in altri comuni, sempre con la e debolissima (gioca a fare male = iocade a fà male, come a Noepoli). Qualora invece il verbo sia seguito da una consonante, di solito la "T" cade e produce un raddoppiamento della consonante: a Lauria "Lui mangia a casa = Iddu mangìte a'casa", ma "Lui mangia solo pasta = Iddu mangi ssulu ppasta", con la caduta della t e il raddoppiamento della "S". La II plurale invece presenta desinenze quali -si o -zi, per esempio "come dite voi" sarà a Maratea "comu dicèsi vui" o a Lauria fra gli anziani si sente ancora "comu dicìsi vui".

Per quanto riguarda i tempi dei verbi, il passato remoto è il più interessante da analizzare, in quanto a Lauria, nel potentino meridionale, presenta tipologie quali "iu mangiai, tu mangiasti, iddu mangiai, nui mangèmmu, vui mangiàstivi, iddi mangèru". Si nota l'uguaglianza della I e III pers. sing. con le desinenze "AI" : per distinguere prima e terza persona singolare si usa talvolta la dentale T alla III sing., così che "Io incontrai Marco= Iu 'ncuntrai a Marcu" ma "Lui incontrò Marco= Iddu 'ncuntraite a Marcu". Il passato remoto è un tempo che oggi viene sempre meno usato dai giovani, sostituito dal passato prossimo, ma parlando con i propri genitori e soprattutto con gli anziani e la gente delle contrade di campagna, è facile notare come venga tuttora usato il passato remoto per riferirsi ad eventi successi anche il giorno prima, fino alla sera prima, simile all'uso della Sicilia e della Calabria meridionale, per poi essere sostituito dal passato prossimo per gli eventi del giorno. Questo è un aspetto estremamente conservativo e caratteristico di queste parlate, caratterizzate da una notevole arcaicità. Fin dal II secolo a.C. questa zona era attraversata da una rete viaria romana, la Capua - Rhegium, che aveva funzione militare e di collegamento con la Sicilia, ma era una scomoda, lenta e pericolosa alternativa ai collegamenti via mare. Si inoltrava nelle montagne della Lucania Meridionale e sboccava in Calabria attraverso il valico di Campotenese: nel tratto lucano-calabro la strada non era in buone condizioni ed era diventata rifugio di ladri e briganti. Anche il re Federico II si recava molto raramente in queste terre, e sempre con parecchi sudditi al seguito, data la pericolosità del tragitto. La situazione delle vie di comunicazione e dei collegamenti in Basilicata, quale si presentò agli occhi della commissione Zanardelli nel 1902, spesso viene proiettata su gran parte della storia regionale nei due millenni. Un isolamento che all'alba del XX secolo appariva terrificante, tanto da far rilevare che “... la popolazione... non ha in molti luoghi i mezzi civili di muoversi, per le sue condizioni di viabilità... Sono ventuno i comuni senza alcuna strada rotabile, la maggior parte nel circondario di Lagonegro... e loro servono di strada i letti dei torrenti...”. Questo era lo stato viario e dei collegamenti nel 1902 e lo stesso primo ministro Zanardelli notava come la Basilicata fosse sconosciuta in gran parte agli stessi suoi abitanti, rendendoli quasi stranieri gli uni agli altri. In un simile scenario la conservazione linguistica trovava il suo humus ideale. Non a caso i centri del lagonegrese, grazie ad un singolare isolamento, dispongono di forme dialettali più arcaiche e meglio conservate (c'è da dire però che Lagonegro è l'unico di questi comuni che linguisticamente si differenzia da quelli circostanti). A Lauria "Sei andato poi ieri sera a mangiare la pizza?" diventa Pu jsti di sìra a ti mangià a pizza?, ma "Sei andato stamattina a messa?" = Hai iutu stumatinu a'missa?, oppure "Avantieri abbiamo avuto tutti e due la febbre alta" = Di'terza gàppimu tutt' e'ddui a freve gàvuta, "Stamattina mi ha detto Maria che ieri a messa non l'avete salutata, come mai? non l'avete riconosciuta?" = Stumatìnu m'è dittu Maria ca dìiri a'missa nunn'a salutàstivi mica, come'nnè? Nunn'a canuscìstivi mica?, "Siete andati poi ieri sera a Maratea?" = Iìstivi pu di sìra a Maratìa?, "È successo tutto in un attimo" (riferendosi anche a un fatto accaduto il giorno prima) = Fùi tutt'a na vota; altre volte c'è un'alternanza fra passato remoto e prossimo all'interno delle stesse frasi "Ieri pomeriggio sono uscito a fare servizi e ho visto Anna, così gli ho potuto dire quel fatto" = Diìri ssìvi a fà sirvizi e viddi a Anna, accussì l'aggiu pututu dici quiddu fattu oppure "Maria ha già avuto la varicella, l'hai sentita ieri quando ce l'ha detto?" = Marià già add'avuta a varicella, a' sindisti diìri come dissi?. Quest'uso del passato remoto ormai si sente sempre meno fra i giovani, sostituito dalle forme del passato prossimo, quindi per la frase "Ieri Mario ha avuto la febbre" un anziano dirà Dijìri Mariu gàppi a freve ma un ragazzo Dijìri Mariu add'avutu (oppure at'avutu) a freve, così come "Li hai fatti poi ieri gli gnocchi?" = Li facisti pu dijìri li rasckatiddi? dirà un anziano, ma in bocca a un giovane suonerà come Hai fatti pu diììri li rasckatiddi? . Lauria non è tuttavia l'unico comune in cui quest'uso del passato remoto come passato prossimo è diffuso, è infatti un aspetto rintracciabile anche in altri paesi dell'Area Lausberg in provincia di Potenza come Maratea, Trecchina, Nemoli ("ieri ho detto" nemolese ieri dicèi oppure "ieri ha fatto" ieri facétte) e spostandosi più a est in molti comuni lucani del Parco del Pollino. Inoltre è possibile trovarlo anche nel piccolo borgo medievale di Rivello, paese della Lucania sudoccidentale il cui linguaggio non fa parte dei dialetti dell'Area Lausberg. Nel dialetto di Rivello sono presenti infatti elementi "napoletani" (ad esempio il gruppo -ll viene conservato: Rivello = Riviélle' in dialetto rivellese, mentre il vicino dialetto lauriota ha Rividdu; lei = ella in rivellese,mentre il lauriota ha idda) e "lucani" in generale ( -gl diventa -ggh, ad es. in cogliere = cògghie), ma il passato remoto si ritrova intatto nella sua funzione originaria, come nella lingua siciliana: " Ieri sono andato a casa sua" = Aièri annèi a casa soa, che corrisponde al laurioto Diìri jvi a'casa soia, oppure "Lunedì ho promesso il voto al mio amico e lui mi ha detto grazie" = Lunedì promendèi lo voto all'amiche mìe e ille me dicétte grazie, che corrisponde al lauriota Lunnidìa prummìsi u voto a l'amicu meio, e'iddu mi disse grazzie

Un'altra caratteristica di questi dialetti della Lucania meridionale è l'inserzione di una "D" eufonica, che può essere notata anche in altre espressioni quali "se poi accade che" che in dialetto lauriota si dice "Si d'è ca pu", cioè "se è che poi....", oppure "doppe i de iddru" a Castelluccio, che significa "dopo di lui".

Per quanto riguarda il condizionale la forma maggiormente diffusa in Lucania meridionale è quella in -era: S'avera fame, mangéra cioè "se avessi fame mangerei", ma sono presenti anche alternanze con -isse: Si furrèrimu cchiù bbicini, ngì vinìssimu sira e matinu = "se fossimo più vicini, ci verremo sera e mattino (al santuario)" cita un famoso canto religioso di Lauria. In alcuni paesi si trova anche la forma in -ìa, per esempio a Nemoli "vorrei" sarà vurrìa, "avrebbe" sarà averrìa. Il condizionale del verbo essere invece presenta varie forme, da furrera a sarrìa fino a sarèra e fussi, che stanno tutti per "io sarei" o "io sarei".


Grammatica


Dal punto di vista grammaticale, nelle parlate lucane, possiamo analizzare vari fenomeni:

.


Magna Grecia


Il territorio della Basilicata meridionale è stato parte integrante della Magna Grecia, era greca la lingua, la cultura, la religione, e solo successivamente giunse la cultura di Roma. A Latronico e nella sua frazione Agromonte per esempio, in provincia di Potenza, si trovano molti vocaboli dialettali di etimologia greca, come cruòpu (letame) dal greco "kopros"(κόπρος), catuòiu (cantina) dal greco "katagaios"(κατάγαιος) , iazzu (luogo dove riposa il gregge), valànu (colui che spinge i buoi), spinnu (forte voglia di qualcosa da mangiare), apulu o ampulu (molle, soffice), ciaràulu (chi ha la bocca aperta e parla troppo), iersu (terra incolta), mporchia (buca, anello), camàscia (stanchezza), stuppièddu (contenitore in legno), chiatru (gelo), milogna (tasso), càmpa (bruco), sarma (carico del mulo), abbientu (persona che riposa temporaneamente), zìmmaru (caprone), gnanà (salire), sc'cherda (scheggia).


Filastrocche lauriote


Ecco una serie di antiche filastrocche in dialetto lauriota

CICIRINEDDA

Cicirinedda tinia nu cani

muzzicava li cristiani

muzzicava le femmine belle

viva lu cani di Cicirinnedda

GILUSIA

Hai iut'a sirinata

e nun m'hai dittu nindi;

u seppi da li'ggenti

cu ccu ballasti tu

hiu ngi tengu gilusia

e a notti nun ngi dormu;

lu dicu a mamma mia

ca nun ti vogliu cchiu

tu mamma vangi parla

ca hiu mi ngi mbrogliu

nu ricciulinu vogliu

e nun m'adda di ca no

si mi dice ca nun vogliu

hiu mi ngi pigliu pena

l'amure è na catena

ca nun si scatina cchiù.

SAN PASCALE BAILONNE

San Pascale Bailonne

prutitture di li donne

mannammillu nu maritu

bellu, russu e colurito,

cam'a tti, tale e quale

o beatu San Pascale.

SANTA LUCIA

Santa Lucia ìa pi'mmari

nu'bbivìa e nun mangiava

la mbruntai Giasù'Mmaria

"cchì tu gài Lucia mia?"

"Cchì bbogliu avìni hiu

aggiu na figùria a l'òcchi

pu dulori mi sentu morta"

"Và Lucia nel mio orto

ng'è nu pedi di finocchio

cu li mani lu chiantai

cu li pidi u scarpisai

cu la bocca l'ho benedetto

và Lucia adduve t'ho detto"


Antichi proverbi



"Dittati" (Lucania meridionale)


I seguenti proverbi sono usati nell'area abitativa di Lauria e nei comuni limitrofi del versante lucano dell'area Lausberg


Calabria settentrionale


I seguenti proverbi sono molto comuni nei comuni dell'Alto Ionio Cosentino, anche se trovano riscontro con molte altre versioni simili di altri comuni calabresi e lucani. Quelli che seguono sono alcuni proverbi appartenenti alle radici culturali del dialetto di Albidona:


Note


  1. Luciano Romito: La metafonia nei dialetti dell'area Lausberg: un'introspezione sulla natura della sillaba, su researchgate.net.
  2. G.B. Pellegrini, Carta dei dialetti d'Italia, Pisa, Pacini, 1977
  3. G.B. Pellegrini, Osservazioni di sociolinguistica italiana, "Italia dialettale" XLV, pp. 1-36, Roma, 1982
  4. Michele A. Cortelazzo e Alberto M. Mioni, L'Italiano Regionale, a cura della Società di Linguistica Italiana, Bulzoni Roma, 1984, pag. 25-26
  5. Luciano Romito, pagg. 539-541.

Bibliografia



Voci correlate


Portale Basilicata
Portale Calabria
Portale Linguistica



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