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Il dialetto marateota[1] è il dialetto parlato a Maratea, comune della provincia di Potenza. Appartiene alla famiglia dei dialetti lucani ed in particolare all'area Lausberg. In particolare i vocalismi rendono questo dialetto quasi uno spartiacque tra lingua napoletana e lingua siciliana.[senza fonte] Il vocabolario si basa principalmente sul latino, ma ci sono forti influenze di greco antico, di osco e di spagnolo.

Dialetto marateota
’u Maratiòtu
Parlato inItalia (Maratea)
Locutori
Totale5.000 (circa)
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Dialetti italo-meridionali
    Lucani
     Marateota
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Tutti l'esseri umàni nascinu libberi e uguali pi' dignità e dirritti. Loro sù dutati 'i raggiune e cùscienza e s'à na cumpurtà tra loro com'a 'na fratìa.

Storia


Maratea fu fondata da popolazioni che parlavano osco, per poi passare sotto la dominazione greca. Alla fine dell'Impero Romano il latino perse il suo prestigio come lingua di stato. In seguito alle varie invasioni e conquiste del mezzogiorno d'Italia da parte di bizantini, longobardi, francesi e spagnoli, la città di Maratea fu fortemente soggetta (in quanto scalo marittimo e presidio militare) a tutte le influenze linguistiche che queste dominazioni generavano.


Esempio linguistico


(Dialetto di Maratea)

«- Caru zu Sceppu miu, no la vidu ì chissa aità. La fatica m'ha cunsumatu. Accudisci lu locu, penza pi l’animali, lu patrune ha esigiuta l'annata, come è ghiuta juta. Mo tu vidisti l'anno passato che annata!
- Ha, l'annu passatu, e chi ne pàrrasa a fà.
[...]
- Minumale cha viniviti Duminicu da lu Brasiliu e purtaiti la privvidenzia di Dio ca se no adduvi jasi a mitti capu?»

(IT)

«- Caro zio Beppe, io non la sento questa età. La fatica mi ha consumata. Cura il podere, accudisci gli animali, il padrone ha esatto l'annata, com'è andata è andata. Tu vedesti, l'anno scorso, che annata [è stata]!
- Ah, l'anno scorso, e che parliamo a fare...
[...]
-Menomale che tornò Domenico dal Brasile e che portò la provvidenza di Dio sennò dove dovevo andare a battere la testa?»

(Tarantini, pag. 78)

Caratteristiche



Grammatica


Per quanto riguarda la grammatica, dal latino provengono la maggior parte dei vocaboli, come crài dal latino "cras"(domani), ìlice dal latino "ilex, -ĭcis"(leccio) e Mìssa ("Santa Messa"). Altri vocaboli provengono dal greco antico, come catòio dal greco κατάγαιος[katagaios] ("locale seminterrato"), caracòio (chiocciola) e grissòmmolo dal greco μῆλον [melon] frutto + χρυσοῦς [crysus] d'oro, dorato (albicocca); anche il nome della città stessa proviene dal greco[2].

Dall'osco e dalle lingue mediterranee provengono le parole càla ("spiaggia") e timpa ("promontorio"); mentre la parola fùnnicu ("deposito, ripostiglio") proviene dall'arabo[3].

L'uso, con alcuni verbi transitivi, del complemento di termine al posto del complemento oggetto, deriva dall'influenza della lingua spagnola.[3] Ad esempio, per la frase italiana "Chi devo chiamare?", in dialetto di Maratea si dirà A cu àggi'a chiamà? ("A chi devo chiamare?").

Per quanto riguarda i diminutivi si procede, rispetto all'italiano, sostituendo il gruppo "dd" al gruppo "ll": porceddu ("porcellino"), aineddu ("agnellino"), gattaredda ("gatterella").

Notevoli sono le affinità con i dialetti dei centri limitrofi, ma molti sono anche i "contatti" col siciliano e col sardo (soprattutto per quanto riguarda il vocalismo).[4] Il fatto poi che quasi tutti i vocaboli maschili terminino per u, unita al modo di procedere dei diminuitivi, dà al suono del dialetto di Maratea dei punti di contatto con quello sardo. Altra influenza greca è il facile passaggio dalla lettera b alla lettera v, come nelle parole vilància ("bilancia") e vasilicòio ("basilico").[senza fonte]


Vocalismi


Nel dialetto marateota vige il vocalismo alla greca o vocalismo siciliano,[5] convergente sulle vocali estreme, che non ammette distinzioni tra le vocali aperte e quelle chiuse: si ha una convergenza della ī lunga, della ĭ breve e della ē lunga del latino in «i», mentre la ū lunga, la ŭ breve e la ō lunga del latino divengono una «u». La maggior parte delle parole, infatti, ha desinenza "u" o "i", come quaccunu = "qualcuno", focu = "fuoco", scinnemu = "scendiamo", medicinali = "medicinale", anticamenti = "anticamente", cchì = "che".[6]


Fenomeni linguistici


Sono presenti i fenomeni di aferesi, come in 'nzàlata ("insalata") e di geminazione consonantica.[senza fonte]


Proverbi e canzoni



I Dittéri


I dittéri del dialetto marateota sono dei proverbi della cultura paesana, che racchiudono la saggezza popolare e contadina. Solitamente si dividono per tema.

Dittéri meteorologici:

Febbraio corto e amaro.

Cielo a pecorelle, acqua a catinelle.

L'aria chiara non teme i tuoni.

Dittéri moraleggianti:

L'erba che non vuoi ti nasce nell'orto.

Al cavallo maledetto gli luccica il pelo.

Se [la pecora] è di buona razza torna all'ovile.

Il cane morde il pezzente.

Soldi fanno soldi e pidocchi fanno pidocchi.

Nessuno ti dice «lavati la faccia che sei meglio di me».

La gente senza figli [non va bene] né per amore né per consigli.

Sentenze:

A chi sputa in cielo gli torna in faccia.

Mali e beni vengono in fila.

Brutta nottata, figlia femmina.

Chi vuol apparire bella deve soffrire guai e pene.

La gente con il vino ne porta dietro cento.


Canzoni


Diverse canzoncine, spesso accompagnate dal suono del cupi-cupi, si sono tramandate da generazione in generazione.

La più celebre è la canzone del capodanno, che recita:[7]

Cupi Cupi cu lu bon'annu
quannu è crai è capu d'annu
è ‘na festa principali
e nui vinimu ‘cà a cantà.
Cantamu cu alligrizzi
‘cu piaceri e cuntentizzi
a lu capu di la casa
nui li damu ‘nu bellu vasu;
lu vasu a soricillu
e l'adoramu comu a figliu
lu fligliu e li violi
bbona notti a loru signuri.

(Cupi Cupi con il buon anno / domani è Capodanno / è una festa principale / e noi veniamo qui a cantare. / Cantiamo con allegria / con piacere e contentezza / al padrone di casa / gli diamo un bel bacio / un bacio [pure] al topolino / gli vogliamo bene come al figlio / al figlio e alla viola / buona notte a lor signori.)


Note


  1. Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
  2. Giacomo Racioppi, Storia dei Popoli della Lucania e della Basilicata, Loescher, 1889.
  3. Letizia Labanchi in Conoscere Maratea di J. Cernicchiaro, Sapri 1979.
  4. Luciano Romito, Vincenzo Galatà, Rosita Lio, Francesca Stillo, La metafonia nei dialetti dell'area Lausberg: un'introspezione sulla natura della sillaba
  5. Giacomo University of California Libraries e Gabriella Giacomelli, I dialetti delle regioni d'Italia, Firenze : Sansoni, 1972. URL consultato il 10 marzo 2022.
  6. Vocabolario dialettale di Gallicchio, Vocabolario dialettale di Gallicchio, I dialetti della Basilicata, su dizionariogallic.altervista.org. URL consultato il 10 marzo 2022.
  7. Arcangelo Badolati, Il Mig delle bugie: segreti di Stato e verità nascoste, Pellegrini Editore, 2004, ISBN 978-88-8101-269-5. URL consultato il 10 marzo 2022.

Bibliografia



Voci correlate


Portale Basilicata
Portale Linguistica



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