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I Dialetti umbri[1] sono un continuum linguistico di dialetti diffusi principalmente nella regione amministrativa italiana dell'Umbria ma anche in alcune zone del Lazio e delle Marche. Questi sono appartenenti in maggioranza al gruppo dialettale mediano italiano. In alcune zone dell'Umbria sono parlati anche dialetti di influenza toscana per ragioni di prossimità. Nelle zone settentrionali dell'Altotevere Umbro al confine con la provincia di Pesaro-Urbino sono presenti influenze romagnole. In quest'area secondo alcuni studiosi c'è ancora il mediano umbro di base, mentre secondo altri si hanno già dialetti a sé stanti con forte influenza toscana e romagnola.[2][3]

Disambiguazione – Se stai cercando l'antica lingua indoeuropea, vedi Lingua umbra.
Dialetti Umbri
Parlato in Italia
Regioni Umbria
Lazio (Provincia di Viterbo, Provincia di Rieti)
 Marche (i comuni di Cantiano, Frontone, Pergola, Serra Sant'Abbondio in Provincia di Pesaro-Urbino)
Locutori
Totale~900.000
ClassificaNon tra i primi 100
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-centrali
    Dialetti umbri
Statuto ufficiale
Regolato danessuna regolazione ufficiale
Linguaggi e dialetti d'Italia
Linguaggi e dialetti d'Italia

Divisioni e gruppi


Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti italiani mediani.

II dialetti umbri possono essere approssimativamente raggruppati nelle seguenti aree:

Ci sono poi delle zone intermedie interne al sistema mediano:


Fonetica


Scritta pubblicitaria in uno dei dialetti dell'Umbria sud-orientale
Scritta pubblicitaria in uno dei dialetti dell'Umbria sud-orientale

Fra le caratteristiche fonetiche che contraddistinguono i dialetti umbri vi è, per quanto riguarda il perugino, l'orvietano, il tudertino e l'assisiate, l'utilizzo della -e finale nei plurali maschili, caratteristica che comunque risulta assai regredita se non in alcuni casi addirittura scomparsa.

Per quanto riguarda invece i dialetti dell'area sud-orientale (Foligno, Spoleto, Terni, ecc.), essi si contraddistinguono per l'impiego della -u finale nel maschile singolare.

Caratteristica del perugino è la "D" retroflessa e la caduta delle vocali non accentate come, ad esempio, in dimm'lo (dimmelo) e ch'fè (che fai).

Nei comuni dell'Alto Tevere Umbro sono presenti almeno due sottovarietà dialettali principali che presentano differenze fonetiche considerevoli rispetto altri dialetti umbri:

- il tifernate, parlato a Città di Castello ed altri comuni limitrofi (Monte Santa Maria Tiberina e Citerna), caratterizzato dall'isocronismo sillabico, in cui le vocali in sillaba complicata, cioè terminante per consonante, vengono pronunciate tutte aperte (strèt-to, quès-to, ròt-to, còr-so), mentre quelle in sillaba libera, cioè terminante per vocale, vengono pronunciate tutte chiuse (bé-ne, sé-dia, có-sa, stó-ria). È un fenomeno peculiare, costituente un unicum in tutta l'Italia centro-settentrionale, mentre non è dimostrabile la correlazione con fenomeni più o meno analoghi propri dell'area meridionale adriatica (tra Pescara in Abruzzo e Ostuni in Puglia). Altre caratteristiche sono tipicamente galloitaliche, quali il frequente scempiamento delle doppie ("castelano" per "castellano"), nonché la "s" cosiddetta "salata", ossia pronunciata in modo cacuminale (simile alla "š" o "sc" ma meno retratta), e la "z" con una componente affricata molto lenita e dentalizzata, fenomeni che portano gli altotiberini ad essere scambiati per romagnoli.

- una seconda sottovarietà parlata ad Umbertide, Montone, Pietralunga e Lisciano Niccone: essa si presenta foneticamente più prossima al perugino, in quanto le vocali vengono pronunciate in modo simile al capoluogo, con gli unici influssi galloitalici limitati all'apertura delle "e" toniche ("", "perchè"). Altri influssi galloitalici sono rinvenibili nella pronuncia della "s" e della "z", ed in parte nella cadenza, che risulta una via di mezzo tra quella tifernate e quella perugina.

Entrambe le parlate sono inoltre caratterizzate dalla lenizione della t e della c: ad esempio podé (verbo potere) e aguto (acuto); altra caratteristica comune a tutta l'area nord-occidentale è la palatalizzazione di a tonica in sillaba aperta che porta, con sfumature territoriali, ad una pronuncia che va dalla a turbata alla e aperta (cäne/chène per cane, cäsa/chèsa per casa): si tratta di un fenomeno ormai in regresso, ma che comunque presenta un'estensione notevole, giungendo fino a Perugia ed Arezzo.


Esempi


Per quanto riguarda la zona dell'alto orvietano noto è l'utilizzo della -e finale nei plurali maschili, caratteristica che comunque risulta assai regredita se non in alcuni casi addirittura scomparsa, tranne a Fabro e a Monteleone d'Orvieto, dove viene tuttora utilizzato.

L'esempio più utilizzato è il plurale di Camion: le Camie.

Diversamente, nel termine "cane" essa non subisce alcuna modifica se non nell'articolo iniziale: le cane.


Note


  1. Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
  2. Copia archiviata (PDF), su lettere.uniroma1.it. URL consultato il 3 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 7 maggio 2016).
  3. Archiviato il 7 novembre 2005 in Internet Archive.
  4. Carlo Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine: introduzione alla filologia romanza, R. Patròn, 1962. URL consultato il 25 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 26 febbraio 2018).
  5. La variazione diatopica, su maldura.unipd.it (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2012).
  6. Bernardino unknown library, Saggio sui dialetti gallo-italici, Milano, Bernardoni, 1853. URL consultato il 2 febbraio 2022.

Bibliografia



Voci correlate



Altri progetti



Collegamenti esterni


Controllo di autoritàThesaurus BNCF 3616 · LCCN (EN) sh2001007065 · BNF (FR) cb11978584g (data) · J9U (EN, HE) 987007544519405171
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