Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1 Tütti i ómmi nàscian in libertè sun pàigi in dignitè e driti. Sun dutè de raxun e de cusciensa e han da fò l'ün con l’otru in piña fraternitè.
Distribuzione geografica del Tabarchino in Sardegna
Manuale
Era parlata in Spagna sull'isola di Nueva Tabarca a una ventina di chilometri da Alicante e, originariamente, a Tabarca, nell'odierna Tunisia, da cui prende nome.
È parlato, secondo stime recenti (2007), dall'87% degli abitanti di Carloforte, dal 68% degli abitanti di Calasetta, dal 72% dei bambini di Carloforte e dal 62% dei bambini di Calasetta in età scolare. Gruppi di emigrati che mantengono un uso familiare del tabarchino sono residenti in Sardegna a Carbonia, Iglesias, Cagliari (circa 5.000 persone) e a Genova.
Storia del ligure dalla Tunisia a Carloforte e Calasetta
Alcuni pescatori di corallo provenienti dalla Liguria e in particolare dalla cittadina di Pegli, a ovest di Genova, ora quartiere del capoluogo, attorno al 1540 andarono a colonizzare Tabarca, isola assegnata dall'imperatore spagnolo Carlo V alla famiglia Lomellini, nell'odierna Tunisia ma vicina al confine con l'Algeria; qui la comunità prosperò fino ai primi anni del XVIII secolo, sviluppando anche un intenso commercio con le popolazioni del retroterra, sfruttando la propria caratteristica di unica enclave europea sulla costa maghrebina. Mutate le condizioni politiche in seguito all'accresciuta ingerenza della Francia e all'esigenza della nuova dinastia tunisina degli Husainidi di rafforzare il proprio controllo sul territorio, nel 1738 una parte della popolazione preferì trasferirsi in Sardegna, sull'isola di San Pietro; nel 1741 Tabarca fu occupata dal bey di Tunisi, e gli abitanti rimasti divennero schiavi, ma Carlo Emanuele III di Savoia, Re di Sardegna, riscattò una parte di questa popolazione, portandola ad accrescere nel 1745 la comunità di Carloforte. Altri Tabarchini rimasero schiavi e furono ceduti al bey di Algeri, che a sua volta nel 1769 li affidò dietro pagamento di un riscatto al re di Spagna, Carlo III, il quale fece da loro popolare l'isola di Nueva Tabarca vicino ad Alicante. Una parte dei Tabarchini rimasti a Tunisi in condizione di libertà si trasferirono nel 1770, su invito del maggiorente carlofortino Giovanni Porcile sull'isola di Sant'Antioco, dove fondarono Calasetta. Gli ultimi Tabarchini rimasti in Tunisia, prevalentemente nei porti di Tunisi, Biserta e Sfax, costituirono un millet, minoranza etnico-linguistica e religiosa riconosciuta dal bey di Tunisi, e come tale godettero di una certa tutela: molti di loro fecero parte dell'amministrazione della Reggenza soprattutto sotto il regno di Ahmed I, figlio a sua volta di una schiava tabarchina, svolgendo un ruolo attivo nella politica e nell'economia del paese, spesso a diretto contatto con imprenditori liguri quali Giuseppe Raffo e Raffaele Rubattino. L'uso del tabarchino in Tunisia è attestato fino ai primi del Novecento quando, con l'instaurazione del protettorato francese, la maggior parte dei Tabarchini optò per la naturalizzazione. I loro discendenti vivono oggi prevalentemente in Francia.
Riconoscimento legislativo
Né il tabarchino né i dialetti liguri in genere sono riconosciuti dallo stato italiano come lingue, né quindi i relativi parlanti come minoranza linguistica. Il riconoscimento giuridico deriva dal quarto comma del secondo articolo della Legge Regionale dell'11 settembre 1997 della Regione Autonoma della Sardegna sulla Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna[2] che riconosce al tabarchino la stessa valenza alle altre lingue diffuse sull'isola, quale "patrimonio culturale" linguistico della regione Sardegna, con queste parole:
«La medesima valenza attribuita alla cultura ed alla lingua sarda è riconosciuta con riferimento al territorio interessato, alla cultura ed alla lingua catalana di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese.»
Il mancato riconoscimento del tabarchino come lingua minoritaria ha suscitato proteste e dibattito da parte di alcuni linguisti ed è uno degli argomenti sui quali questi linguisti basano la loro critica alla legislazione italiana in materia, considerata lesiva nei confronti di questo gruppo le cui caratteristiche di impianto, di autocoscienza linguistica, di fedeltà all'uso della parlata corrisponderebbero alla qualifica di "minoranza linguistica storica" prevista dalla legge. Diverse proposte legislative sono state finora proposte per ottenerne il riconoscimento.
Secondo Daniele Bonamore il ligure di Pegli è un dialetto che non è ammesso a tutela perché "l'idioma ligure non è ammesso a tutela"[3]. La legislazione sarda riserva al dialetto tabarchino esclusivamente una valorizzazione culturale. La L.r. della regione Sardegna, 15 ottobre 1997.n.26, è intitolata “promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna" e cita solo in un piccolo recesso, il n. 4 dell'art. 2, il dialetto tabarchino, senza più nominarlo in tutto il testo di legge.[4] Nella L.r. della regione Sardegna 3 luglio 2018 n. 22 all'art.2 punto 2 lettera b)[5] manca il vocabolo "tutela" presente invece nella lettera a), riservando solo una promozione e valorizzazione culturale al tabarchino che viene elencato nella lettera b) assieme ai dialetti sassarese e gallurese; in nessun articolo della legge sopra citata la parola tabarchino è preceduta dall'appellativo "lingua" né viene riconosciuto alla comunità parlante il tabarchino lo status giuridico di minoranza linguistica, avendo riservato il legislatore regionale la tutela linguistica alle sole comunità etnico-linguistiche parlanti la lingua sarda e la lingua catalana di Alghero.
Caratteristiche
Il tabarchino è prossimo, ma non identico, al genovese (ligure) moderno in virtù dei continui rapporti economici e culturali intrattenuti dalla popolazione con l'antica madrepatria, sia al tempo del soggiorno tunisino che dopo la fondazione delle comunità in Sardegna, a causa del relativo isolamento ne è invece sostanzialmente più conservatore per diverse forme letterarie e grammaticali.
Curiosa è la ovvia perdita, in terra tunisina, di pochi vocaboli legati al clima di origine: per il ghiaccio, il gelo e la neve, (riacquistati poi dall'italiano, con la colonizzazione sarda), e la conservazione invece di diversi vocaboli propri, desueti o modificati negli ultimi secoli a Genova.
Qui in particolare il tabarchino di Calasetta è rimasto meno esposto all'influsso del genovese standard, per una situazione culturale di maggiore conservazione, malgrado una più forte apertura lessicale verso il retroterra sardo. Entrambi i dialetti hanno un limitato numero di prestiti di derivazione araba e dei francesismi.
Oggi il tabarchino dispone di una grafia normalizzata che agevola il larghissimo uso che se ne fa non solo nella pratica quotidiana, ma anche nell'insegnamento scolastico, per il quale sono stati redatti dal corpo insegnante adeguati sussidi didattici. La notevole vitalità dell'uso anche presso le più giovani generazioni fa del tabarchino un caso unico nel contesto delle minoranze linguistiche presenti in Italia[6], e il tabarchino risulta la varietà tradizionale maggiormente diffusa in Sardegna nell'ambito territoriale di sua storica pertinenza.
Grammatica
Articolo
articoli determinativi maschile singolare: u / l'
articoli determinativi femminile singolare: a / l'
pronomi personali (forme riflessive): lé, lù/liotri/liotre/luiotri/luiotre
pronomi personali (forme atone soggettive): ti, u/u l', a/a l'
pronomi personali (forme atone oblique): me, te, au (Carloforte)/ô (Calasetta)/û, â/l'(complemento oggetto)/ghe (complemento di termine), ve, ai (Carloforte)/ê (Calasetta)/î/l'(complemento oggetto)/ghe (complemento di termine)
Forme poco usate come pronomi personali di forma riflessiva sono nuì e vuì a Carloforte, i pronomi personali atoni soggettivi vanno messi sempre prima del verbo.
Aggettivi possessivi
mé, tó, só, nóstru/nóstri, nóstra/nóstre, vóstru/vóstri, vóstra/vóstre, só
Inoltre di origine italiana sertu/certu davanti al nome o all'articolo indeterminativo, come pronome è usato poco, come pronome plurale sempre di origine italiana serti, più usato di de quélli.
Aggettivi e pronomi indefiniti collettivi
pronome singolare maschile: ün pe l'otru (chiunque)
pronome singolare femminile: ünna pe l'otra (chiunque)
pronome plurale maschile e femminile: chi sun sun (chiunque)
aggettivo singolare maschile e femminile: ógni (ogni)
pronome singolare maschile: ognidün (ognuno)
pronome singolare femminile: ognidünna (ognuna)
pronome e aggettivo singolare maschile: tüttu (tutto)
pronome e aggettivo singolare femminile: tütta (tutta)
pronome e aggettivo plurale maschile: tütti (tutti)
pronome e aggettivo plurale femminile: tütte (tutte)
Preposizioni
de, à, da, (in, inte), cun, in sce, pe, tra, fra
Verbi
Essere
Infinito
Ésse
Indicativo
Presente:
Mi sun
Ti t'é
Le u l'è
Niòtri sémmu
Viòtri sài
Liòtri sun/en
Imperfetto:
Mi éa
Ti t'éi
Lé u l'éa
Niòtri ému
Viòtri éi
Liòtri éan
Futuro semplice:
Mi saió
Ti ti saiè
Lé u saiò
Niòtri saiému
Viòtri saiài
Liòtri saiàn
Passato Prossimo:
Mi sun stètu
Ti t'é stètu
Lè u l'è stètu
Niòtri sémmu stèti
Viòtri sài stèti
Liòtri sun / En stèti
Trapassato prossimo:
Mi éa stètu
Ti t'éi stètu
Lé u l'éa stètu
Niòtri ému stèti
Viòtri éi stèti
Liòtri éan stèti
Genere
Sono maschili tutti i nomi terminanti in -u, come figgiu (figlio), erbu (albero), libbru (libro), cuogiu (coraggio);
sono maschili tutti i nomi terminanti in -ù, come pastú (pastore), razù (rasoio), sù (sole);
sono maschili tutti i nomi terminanti in -àu, come pescàu (pescatore), chignàu (cognato);
sono quasi tutti maschili tutti i nomi terminanti in -i, come bríndizi (brindisi), lápizi (matita);
sono quasi tutti maschili tutti i nomi terminanti in -ì, come barì (barile), fì (filo);
sono maschili i nomi terminanti in -ò, come gatò (croccante), partò (soprabito)
sono femminili i nomi terminanti in -a, come figgia (figlia), ua (ora), röa (ruota), paggia (paglia), scöa (scuola), sa (sale);
sono femminili i nomi terminanti in -é, come cuizité (curiosità), libertè (libertà), mué (madre), sité (città);
sono femminili i nomi terminanti in -ü, come sc-ciavitǖ (schiavitù), virtǖ (virtù), zuentǖ (gioventù);
sono però maschili e non femminili borba (zio), pappa (papà), bóia (boia), café (caffè), pué (padre);
possono essere sia maschile che femminile i nomi terminanti in -e, come u dente (dente), u lete (latte), u munte (monte), u punte (ponte), a gente (gente), a lǖxe (luce), a ture (torre);
possono essere sia maschile che femminile i nomi terminanti in -è, come u barbé (barbiere), u bulanxè (fornaio), a mugè (moglie);
possono essere sia maschile che femminile i pochi nomi terminanti in -à, come u cascá (cuscus), u bacá (stoccafisso), a cá (casa);
possono essere sia maschile che femminile i nomi terminanti in -ài, come u piaxái (piacere), u despiaxái (dispiacere), a sái (sete).
La tutela legislativa della minoranza linguistica
Il tabarchino in quanto minoranza linguistica, così come le altre alloglossie gallo-italiche della Sicilia e della Basilicata, non gode di tutela da parte dello Stato Italiano.[7][8] A partire dalla XIV legislatura,[9] è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge che prevede una "modifica dell'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482" affinché vengano incluse anche queste minoranze linguistiche nella legge di tutela.[10] Allo stato attuale, il tabarchino gode solamente di tutela a livello regionale.[11]
Ràixe (Spazi digitali per la cultura tabarchina) è l'archivio digitale e installazione museale per la cultura tabarchina sito a Calasetta.[12] All'interno della struttura si racconta la storia della comunità tabarchina e dei viaggi da essa compiuti dal 1538 da Genova Pegli verso Tabarka per poi fondare Carloforte nel 1738, Nuova Tabarca nell'aprile del 1770 e, infine, Calasetta nel settembre del 1770.[13] L'archivio è stato realizzato a seguito dell'avvio del relativo progetto Ràixe nel 2018. Lo scopo dell'iniziativa è quello di riscoprire e valorizzare il patrimonio intangibile della cultura tabarchina tramite la creazione di una rete tra le cinque comunità, la salvaguardia delle antiche radici comuni, il confronto delle tradizioni etnografiche ed antropologiche e la creazione di nuovi canali per la promozione territoriale per favorire lo sviluppo economico e sociale. I documenti digitali in esso raccolti sono frutto del coinvolgimento della popolazione locale e delle comunità tabarchine che hanno contribuito con la condivisione di ricordi, saperi e abilità.[14]
Note
Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
http://www.regione.sardegna.it/j/v/86?v=9&c=72&file=1997026 - "Art.2 Oggetto - l. Ai sensi della presente legge la Regione assume come beni fondamentali da valorizzare la lingua sarda - riconoscendole pari dignità rispetto alla lingua italiana - la storia, le tradizioni di vita e di lavoro, la produzione letteraria scritta e orale, l'espressione artistica e musicale, la ricerca tecnica e scientifica, il patrimonio culturale del popolo sardo nella sua specificità e originalità , nei suoi aspetti materiali e spirituali."
Daniele Bonamore “Lingue minoritarie lingue nazionali lingue ufficiali nella legge 482/1999” Franco Angeli editore Milano 2008 – pag. 75 e 80
Daniele Bonamore “Lingue minoritarie lingue nazionali lingue ufficiali nella legge 482/1999” Franco Angeli editore Milano 2008 – pag. 74
<L.r. Regione Sardegna nr.22/2018, art. 2 punto 2 lettera a) e b): “La presente legge disciplina le competenze della Regione in materia di politica linguistica. In particolare, essa contiene:
a) le misure di tutela, promozione e valorizzazione della lingua sarda e del catalano di Alghero;
b) le misure di promozione e valorizzazione del sassarese, gallurese e tabarchino”
«La popolazione dei centri di dialetto gallo-italico della Sicilia si calcola in circa 60.000 abitanti, ma non esistono statistiche sulla vitalità delle singole parlate rispetto al contesto generale dei dialetti siciliani. Per quanto riguarda le iniziative istituzionali di tutela, malgrado le ricorrenti iniziative di amministratori e rappresentanti locali, né la legislazione isolana né quella nazionale (legge 482/1999) hanno mai preso in considerazione forme concrete di valorizzazione della specificità delle parlate altoitaliane della Sicilia, che pure rientrano a pieno titolo, come il tabarchino della Sardegna, nella categoria delle isole linguistiche e delle alloglossie». Fiorenzo Toso, Gallo-italica, comunità, Enciclopedia dell'Italiano (2010), Treccani
Archiviato il 2 dicembre 2013 in Internet Archive.«Nel caso del tabarchino le contraddizioni e i paradossi della 482 appaiono con tutta evidenza se si considera che questa varietà, che la legislazione nazionale ignora completamente, è correttamente riconosciuta come lingua minoritaria in base alla legislazione regionale sarda (L.R. 26/1997), fatto che costituisce di per sé non soltanto un assurdo giuridico, ma anche una grave discriminazione nei confronti dei due comuni che, unici in tutta la Sardegna, non sono in linea di principio ammessi a fruire dei benefici della 482 poiché vi si parla, a differenza di quelli sardofoni e di quello catalanofono, una lingua esclusa dall'elencazione presente nell'art. 2 della legge», Fiorenzo Toso, Alcuni episodi di applicazione delle norme di tutela delle minoranze linguistiche in Italia, 2008, p. 77.
Vallebona, Giuseppe (1987). Dizionario tabarkino-italiano, Compagnia dei Librai, Genova
Fiorenzo Toso, Contatto linguistico e percezione. Per una valutazione delle voci d'origine sarda in tabarchino, “Linguistica”, 40 (2000), 2, pp.291–326
Fiorenzo Toso, Specificità linguistica e percezione dell'altro nella società tabarchina contemporanea, in Cini, Monica e Regis, Riccardo (cur.), “Che cosa ne pensa oggi Chiafredo Roux? Percorsi della dialettologia percezionale all'alba del nuovo millennio (Bardonecchia 25-27 maggio 2000)”, Alessandria, Edizioni dell'Orso 2002, pp.395–407
Insularità linguistica e culturale. Il caso dei Tabarchini di Sardegna. Documenti del Convegno internazionale di studi (Calasetta, 23-24 settembre 2000) presentazione di Tullio DE MAURO, a cura di Vincenzo Orioles e Fiorenzo Toso, Recco, Le Mani (Udine, Centro Internazionale sul Plurilinguismo) 2001, pp.132
Fiorenzo Toso, Isole tabarchine. Gente, vicende e luoghi di un'avventura genovese nel Mediterraneo, Recco, Le Mani 2002, pp.256;
Fiorenzo Toso, I Tabarchini della Sardegna. Aspetti linguistici ed etnografici di una comunità ligure d'oltremare, Recco, Le Mani 2003, pp.336
Fiorenzo Toso, Un caso irrisolto di tutela: le comunità tabarchine della Sardegna, in Orioles, Vincenzo (cur.), “Atti del Convegno di Studi La legislazione nazionale sulle minoranze linguistiche. Problemi, applicazioni, prospettive (Udine, 30 novembre – 1º dicembre 2001)”, Udine, Forum 2003, pp.267–276
Fiorenzo Toso, Le comunità tabarchine dell'arcipelago sulcitano. Sistema cognominale e dinamiche demografiche, “Rivista italiana di onomastica”, 9 (2003), 1, pp.23–42
Fiorenzo Toso, Il tabarchino. Strutture, evoluzione storica, aspetti sociolinguistici, in Il bilinguismo tra conservazione e minaccia. Esempi e presupposti per interventi di politica linguistica e di educazione bilingue, a cura di Augusto Carli, Milano, Franco Angeli 2004, pp.21–232
Fiorenzo Toso, Dizionario Etimologico Storico Tabarchino. Volume I, a-cüzò, Recco, Le Mani (Udine, Centro Internazionale sul Plurilinguismo) 2004, pp.577
Fiorenzo Toso, Grammatica del tabarchino. Presentazione di Nicolo Capriata, Recco, Le Mani 2005, pp.254; Le eteroglossie interne. Aspetti e problemi a cura di Vincenzo Orioles e Fiorenzo Toso. Numero tematico di “Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata”, n.s. 34 (2005), 3, pp. 206
Fiorenzo Toso, Formazione di repertori lessicali in contesti di eteroglossia contigua. Raccolta, inventariazione e presentazione dei materiali per il Dizionario Etimologico Storico Tabarchino, in Bruni, Francesco e Marcato, Carla “Lessicografia dialettale. Ricordando Paolo Zolli. Atti del convegno di studi (Venezia, 9-11 dicembre 2004)”, Roma-Padova, Ed. Antenore 2006, vol. II, pp. 447–470
Fiorenzo Toso, Il ruolo delle comunità tabarchine in Sardegna fra Settecento e Novecento, in Lussana, Fiamma e Pissarello, Giulia (cur.), Isola/Mondo. La Sardegna fra arcaismi e modernità (1718-1918). Atti del convegno (Sassari, 22-24 novembre 2006), Roma, Aracne 2007, pp. 17–24
Fiorenzo Toso, Linguistica di aree laterali ed estreme. Contatto, interferenza, colonie linguistiche e “isole” culturali nel Mediterraneo occidentale, Recco, Le Mani (Udine, Centro Internazionale sul Plurilinguismo) 2008, pp. 333
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