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La lingua araba (الْعَرَبيّة, al-ʿarabiyya o semplicemente عَرَبيْ, ʿarabī) è una lingua semitica, del gruppo centrale. Comparve per la prima volta nell'Arabia nord-occidentale dell'Età del Ferro e adesso è la lingua franca del mondo arabo.[1]

Arabo
عربية (ʿArabiyya)
Parlato inAlgeria, Arabia Saudita, Bahrein, Ciad, Comore, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Eritrea, Gibuti, Giordania, Israele, Kuwait, Iraq, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Oman, Qatar, Siria, Somalia, Sudan, Tunisia, Palestina, Yemen dalla maggioranza, e in molti altri paesi, come lingua di minoranza.
RegioniVicino Oriente arabo, Nordafrica
Locutori
Totale274 milioni (Ethnologue, 2022)
Classifica5
Altre informazioni
ScritturaAlfabeto arabo
TipoVSO flessiva
Tassonomia
FilogenesiLingue afro-asiatiche
 Lingue semitiche
  Semitiche Centrali
   Semitiche Centrali Meridionali
Statuto ufficiale
Ufficiale in Algeria
 Arabia Saudita
 Bahrein
 Ciad
 Comore
 Gibuti
 Egitto
 Emirati Arabi Uniti
 Eritrea
 Giordania
 Iraq
 Kuwait
 Libano
 Libia
 Marocco
 Mauritania
 Oman
 Palestina
 Qatar
 Siria
 Somalia
 Sudan
 Tunisia
 Yemen
Una delle lingue nazionali di:
 Mali
 Niger
 Senegal
Regolato daNel Mondo arabo: Arabic Language International Council.
In  Algeria: Consiglio Supremo della lingua araba.
In  Arabia Saudita: Accademia della Lingua Araba.
In  Egitto: Accademia della Lingua Araba.
In  Giordania: Accademia giordana dell'arabo.
In  Israele: Accademia della Lingua Araba.
In  Iraq: Accademia delle Scienze.
In  Libia: Accademia della Lingua Araba.
In  Marocco: Accademia della Lingua Araba.
In  Siria: Accademia della Lingua Araba.
In  Somalia: Accademia della Lingua Araba.
In  Sudan: Accademia della Lingua Araba.
In  Tunisia: Beit Al-Hikma Foundation.
Codici di classificazione
ISO 639-1ar
ISO 639-2ara
ISO 639-3ara (EN)
Glottologarab1395 (EN)
Linguasphere12-AAC
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
يولد جميع الناس أحرارًا متساوين في الكرامة والحقوق. وقد وهبوا عقلاً وضميرًا وعليهم أن يعاملو بعضهم بعضًا بروح الإخاء.
Traslitterazione
Yūladu jamī‘u an-nāsi ʼaḥrāran mutasāwina fī al-karāmati wa-l-ḥuqūqi. Waqad wahabū ‘aqlan wa-ḍamīran wa-‘alayhim ʼan yu‘āmila ba‘ḍahum ba‘ḍan bi-rūḥi al-ʼiḫāʼi.

Traduzione
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e dovrebbero essere trattati in uno spirito di fratellanza.


     Lingua ufficiale

     Co-ufficiale parlato dalla maggioranza

     Co-ufficiale parlato da una minoranza

     Non ufficiale, con una minoranza di arabofoni

Al 2022, è parlata da 274 milioni di parlanti totali[2].

L'arabo classico è la lingua liturgica di 1,9 miliardi di musulmani, mentre l'arabo standard moderno è una delle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite.[3][4][5][6]


Storia


La scrittura dell'arabo classico si sviluppò dalla forma tardo-nabatea dell'aramaico. L'alfabeto aramaico dei nabatei, con la loro capitale Petra, è un precursore della scrittura araba. La scrittura dei graffiti arabi era soprattutto aramaica o nabatea. Secondo il Kitab al-Aghani (Il libro dei canti), tra i primissimi inventori della scrittura araba ci furono due cristiani di al-Hīra (Zayd ibn Bammad e suo figlio). A Zabad (a sud-ovest di Aleppo) sono state trovate delle iscrizioni cristiane in tre lingue (siriaco, greco e arabo), degli anni 512-513 d.C., finora le più antiche testimonianze scoperte della scrittura araba.

È evidente come i cristiani arabi abbiano giocato un ruolo nella storia della lingua araba nel VI secolo. I testi più antichi di un arabo «classico» risalgono al III secolo d.C. e presto si sviluppò una poesia araba in ambito semitico. La lingua e la scrittura araba furono ulteriormente sviluppate alla corte di al-Hīra, la città araba sulla riva occidentale dell'Eufrate del sud la cui sede vescovile è spesso citata, e che fu un grande centro cristiano ancora prima di Najrān nell'Arabia meridionale: qui si studiava l'arte dello scrivere, molto prima che fosse praticata in generale nel resto della penisola arabica. L'arabo fu infine fondamentale per il senso dell'unità e dell'identità degli arabi.

La lingua araba ha preso "in prestito" da altre lingue non solo le parole profane, come ad esempio il termine qaṣr (dal latino castra, «accampamento», «cittadella»), bensì anche parole che sono state molto rilevanti per il Corano e per altri usi della lingua: così la parola qalam (dal greco kalamos), che significa "calamo", attraverso il quale per i musulmani Dio ha insegnato agli uomini ciò che essi prima non sapevano. Dalle fonti semitico-ebraiche o cristiane derivano:

Il siriaco qeryqānā (= «lettura» nella liturgia) dimostra un legame con il nome al-Qurʾān (attraverso il verbo affine qara'a «leggere ad alta voce»). Ma ancora più importante: la parola che il Corano conosce "per il solo Dio" fu utilizzata in Arabia già prima di Muhammad per il massimo Dio («il Dio superiore»): Allāh (il padre di Muhammad si chiamava per esempio « servo di Allāh » = 'abd Allāh) risultò, se è di origine puramente araba, dalla contrazione al-Ilāh, cioè «il Dio». Secondo altri autori, però, esso potrebbe aver avuto anche un'origine non araba, bensì generalmente semitica (reminiscenze dell'ebraico Elohim e dell'antico siriaco alaha = «il Dio»). Ad ogni modo, ancor oggi gli ebrei, i cristiani e i musulmani, in arabo non conoscono alcun'altra parola per Dio che Allāh, e per questo Allāh va semplicemente tradotto con «Dio».

La lingua araba fa capo al ceppo semitico, alla cui radice gli studiosi hanno postulato un capostipite unico, definito protosemitico, che fu il probabile mezzo di espressione dei primi semiti nella stadio linguistico comune, cioè prima che il gruppo umano semitico si frammentasse geograficamente in vari gruppi migratori, diversificandosi culturalmente. Quando ciò avvenne, diversi millenni or sono, dal protosemitico derivarono lingue diverse, ciascuna delle quali assunse, con il tempo, peculiari caratteristiche morfologiche e lessicali; la tesi più accreditata comunque indicherebbe il serbatoio dei semiti nella penisola araba. Comunque la lingua araba venne diffusa tra il VII e il XII secolo, sull'onda delle conquiste islamiche, in tutto il Nordafrica, dove venne ad affiancarsi ai dialetti berberi, e in un'ampia fascia che copre tutto il Medio Oriente fino ai confini della Persia. Oggi è lingua ufficiale in tutti i ventidue paesi che aderiscono alla Lega araba; e una delle lingue ufficiali di tre organizzazioni internazionali: la Lega araba, l'Unione africana e l'ONU. Un grande numero di persone parla arabo come seconda lingua, lingua veicolare o lingua del culto. La tradizione islamica considera l'arabo lingua sacra in quanto impiegata nel proprio testo sacro, ovvero il Corano.

Di grammatica non semplice, l'arabo presenta, come le altre lingue semitiche, la flessione interna dei sostantivi e dei verbi. Soltanto lo scheletro consonantico delle parole rimane invariato, mentre infissi e vocali si combinano per ottenere le più sottili sfumature. Ricco di consonanti uvulari, spiranti e faringali ostiche agli europei, si è tuttavia dimostrato una lingua molto adatta alla poesia. Oggi l'arabo si presenta frazionato in un gran numero di dialetti, non sempre mutualmente comprensibili; mentre la lingua classica è da tutti conosciuta come la lingua dei media, delle pubblicazioni, dell'istruzione, della religione e dei rapporti internazionali del mondo arabo.


Letteratura


Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura araba e Poesia araba.

La letteratura araba prende l'avvio con le Muʿallaqāt, poesie di argomento lirico, erotico o guerresco, scritte nel VI secolo da un gruppo di poeti nell'ambiente dei beduini nomadi, tra cui spiccano ʿAntar e Imru l-Qays. A queste segue a ruota la compilazione del Qurʾān (Corano), per i musulmani parola divina trasmessa dall'arcangelo Gabriele al profeta Muḥammad (Maometto), con la quale si apre il capitolo dell'Islām. Queste prime composizioni rappresentarono l'inizio di quella che, nei secoli successivi, sarebbe diventata una letteratura d'importanza mondiale. Le opere di narrativa, storia, filosofia, teologia, poesia, sia originali sia di derivazione greca e persiana, che meriterebbero di essere menzionate, sono numerose. Ricordiamo ad esempio l'antologia ʾAlf layla wa layla (Le mille e una notte), tuttora apprezzata e continuamente tradotta e ristampata nel mondo. Da allora l'arabo ha continuato ad essere, per centinaia di milioni di persone, una valida lingua letteraria.


Introduzione all'alfabeto e pronuncia puntuale


Lo stesso argomento in dettaglio: Alfabeto arabo, Storia dell'alfabeto arabo, Calligrafia araba e ʿIlm al-ḥurūf.

Introduzione generica


L'alfabeto arabo, per darne una breve sintesi, consiste di 28 consonanti, più un grafema particolare (hamza) e alcuni simboli grafici particolari. Tre di queste consonanti hanno un valore semiconsonantico (o semivocalico, se si preferisce), servendo anche a indicare l'allungamento degli unici tre suoni vocalici esistenti nell'arabo standard (fuṣḥā):

In realtà nei vari dialetti (عامية ‘āmmiyya) i suoni vocalici "e" e "o" trovano piena accoglienza. Questo rende particolarmente ardua la soluzione della traslitterazione in alfabeto latino perché, se in arabo classico il nome "Muḥammad" prescriverebbe l'uso appunto delle vocali "u" e "a", nel parlato ciò non è detto che avvenga. Si avrà allora (in modo perfettamente legittimo) "Mohammed" o, addirittura (rispettando la realtà fonetica di certe aree arabofone) "M'hammed". Meno corretto – ma non in maniera dirimente – mescolare le cose e creare ad esempio "Muhammed" o "Mohammad". Spesso si preferisce, per uniformità, usare con coerenza il sistema "classico", comunemente chiamato "arabo letterario". Questo per evitare le varietà fonetiche che si presentano numerose, a seconda delle nazioni arabofone. La stessa cosa vale per l'articolo determinativo arabo "al-" che, con circa metà delle lettere dell'alfabeto, assimila la prima consonante che incontra mentre resta invariato con le restanti lettere. Le lettere che assimilano l'articolo sono dette lettere "solari" e sono le seguenti: ﺕ (tāʼ), ﺙ (ṯāʼ), ﺩ (dāl), ﺫ (ḏāl), ﺭ (rāʼ), ﺯ (zāy), ﺱ (sīn), ﺵ (šīn), ﺹ (ṣād), ﺽ (ḍād), ﻁ (ṭāʼ), ﻅ (ẓāʼ), ﻝ (lām) ﻥ (nūn); quelle che non lo assimilano sono chiamate lettere "lunari" e sono ﺍ (ʼalif), ﺏ (bāʼ), ﺝ (ǧīm), ﺡ (ḥāʾ), ﺥ (ḫāʾ), ﻉ (ʿayn), ﻍ (ġayn), ﻑ (fā), ﻕ (qāf), ﻙ (kāf), ﻡ (mīm), ﻩ (hāʼ), ﻭ (wāw), ﻱ (yāʼ).

Si avrà così "aš-šams" (il sole), "ar-raǧul" (l'uomo), "an-nūr" (la luce) ecc; mentre si avrà "al-qamar" (la luna), "al-kitāb" (il libro), "al-bint" (la ragazza), ecc.

Le vocali brevi (a, u, i) sono indicate da tre diversi segni posti sopra o sotto la consonante che precede immediatamente quella vocale, con un piccolo tratto obliquo soprastante la "a" (detto fatḥa), con uno identico ma sottostante la "i" (detto kasra) e con una sorta di piccolo nove, con coda più accentuata, soprastante la "u" (detto ḍamma). Tra i simboli particolari appartenenti alla scrittura araba troviamo:

La lingua araba si scrive da destra verso sinistra. Le 28 lettere che compongono l'alfabeto hanno 4 forme differenti a seconda che si trovino all'inizio di una parola, in mezzo, alla fine o isolate. Solo 6 lettere non legano a sinistra con le altre e perciò hanno solo la forma iniziale e finale. Esse sono:

Esistono altri "simboli" particolari che sono costituiti dall'unione di 2 lettere o caratteri:

Esistono vari sistemi di traslitterazione dall'arabo.


Basi di fonologia


La pronuncia dell'arabo si differenzia notevolmente tra i vari Paesi in cui è parlato e anche all'interno di essi. Esiste, però, una lingua araba moderna standard che comprende 33 fonemi: 5 vocalici e 28 consonantici.

  Labiali Interdentali Dentali / Alveolari Palatali Velari Uvulari Faringali Glottali
semplici enfatiche
Occlusive sorde     ت ط t̪ˁ   ك k ق q   ء ʔ
sonore ب b   د ض d̪ˁ ج d͡ʒ~ʒ~g1      
Fricative sorde ف f ث θ س s ص ش ʃ خ x~χ4 ح ħ ە h
sonore   ذ ð ز z ظ ðˁ~zˁ   غ ɣ~ʁ4 ع ʕ  
Nasali م m   ن n          
Vibranti     ر r            
Laterali     ل l2            
Approssimanti       ي j و w    

Quasi tutte le consonanti possono essere brevi o lunghe (geminate). La pronuncia enfatica si realizza avvicinando la parte posteriore della lingua alla faringe.

Nell'arabo standard i suoni [o], [e], [p], [v], [g] e [ʧ] compaiono solo in prestiti stranieri. Per rendere graficamente le consonanti [p], [v], [g] e [ʧ] si usano forme modificate di lettere di suono simile, in particolare quelle dell'alfabeto persiano, che possiede questi suoni, ma sono possibili delle varianti.

La pronuncia può subire il fenomeno della ’imāla ("inclinazione"), che provoca l'innalzamento della vocale /a/ verso il timbro /ɛ/~/e/~/i/.


Pronuncia puntuale, inclusi i diacritici (taškīl)


Nella tabella sottostante è spiegata in modo puntuale la pronuncia delle lettere base, lettere speciali e diacritici dell'alfabeto arabo, senza però approfondire le numerose regole di scrittura della hamza.

Lettera/

segno

Trascrizione

IPA

Spiegazione
َ /ɛ/~/æ/~/a/~/ɑ/ Chiamata fatḥa ("apertura", intendendo delle labbra), scrive la vocale breve "a". Questa vocale nel parlato può avvicinarsi alla /æ/ molto aperta dell'inglese. Dopo consonanti faringalizzate invece di scurisce in /ɑ/.
ًا -/an/ Chiamata fatḥatayn ("doppia fatḥa"), si trova solo in fine di parola ed è la combinazione di ’alif e fatḥatayn. Indica il caso accusativo unito al tanwīn.
ٰ /ɛ:/~/æː/~/ɑ:/ Chiamata ’alif ḫanǧariyya ("’alif pugnale"), è la "a" lunga di mare. È un diacritico che compare in alcune parole dall'ortografia arcaizzante ed equivale a una ’alif di allungamento della "a". L'aggiunta del diacritico non è obbligatoria.
ِ /i/ Chiamata kasra ("rottura", intendendo delle labbra), è la "i" breve di piccolo. Questo diacritico si scrive sotto la lettera. Se la consonante seguente è una yā’ indica la vocale lunga /i:/. Questo diacritico, se combinato con hamza su una ’alif iniziale, porta sotto la ’alif anche la hamza.
ٍ -/in/ Chiamata kasratayn ("doppia kasra"), si trova solo in finale di parola e indica il caso obliquo unito al tanwīn.
ُ /u/ Chiamata ḍamma ("riunione", intendendo delle labbra), è la "u" breve di più.
ٌ -/un/ Chiamata ḍammatayn ("doppia ḍamma"), si trova solo in finale di parola e indica il caso nominativo unito al tanwīn. Il diacritico deriva dalla stilizzazione di due وو compattate e fuse insieme.
ْ muta Detto sukūn ("pausa"), è un cerchiolino vuoto che indica l'assenza di vocalizzazione, ossia la consonante si pronuncia senza vocale di appoggio. Si scrive sopra la consonante, ma non è obbligatorio.
ّ consonante geminata Chiamata šadda o tašdīd, indica che la consonante si pronuncia lunga, come le consonanti doppie dell'italiano. In arabo, infatti, due consonanti uguali di seguito non sono intese come le consonanti doppie dell'italiano, ma sono separate da una vocale. La kasra, se combinata con questo diacritico, non si scrive sotto la consonante ma immediatamnente sotto la šadda, ossia sopra la consonante. Le altre due vocali brevi si scrivono invece sopra la šadda.
ء /ʔ/ Chiamata hamza, è il colpo di glottide ed equivale grossomodo a un colpetto di tosse. In principio di parola si pone sempre su una ’alif (ma non tutte le ’alif iniziali portano la hamza)[7], mentre in corpo e in fine di parola la sua ortografia è piuttosto complessa. In questi ultimi due casi può comparire anche su ’alif, su wāw o su yā’ che vengono quindi chiamate kursiyy al-hamza, "sedia della hamza".
vedi

spiegazione

Chiamata ’alif, ha vari utilizzi. In principio di parola è un sostegno vocalico e regge le tre vocali brevi ed eventualmente anche la hamza. In corpo di parola può indicare l'allungamento della vocale "a" (se segue una fatḥa) oppure può essere sostegno (kursiyy, "sedia") per la hamza.
/b/ Chiamata bāʾ, è come la "b" italiana.
/t/ Chiamata tāʾ, è come la "t" italiana.
/θ/ Chiamata ṯāʾ, è il "th" interdentale sordo dell'inglese thing.
/d͡ʒ/~/ʒ/~/g/ Chiamata ǧīm, è la "g" di giorno, consonante sonora. Spesso è realizzata come la "j" del francese jour. In Egitto è la "g" dura di gatto, ghiro.
/ħ/ Chiamata ḥāʾ, è un'aspirazione che si ottiene comprimendo la faringe con la radice della lingua.
/ʁ/~/x/ Chiamata ḫāʾ, è il ch aspirato del tedesco, o la j spagnola.
/d/ Chiamata dāl, è come la "d" italiana.
/ð/ Chiamata ḏāl, è il "th" interdentale sonoro dell'inglese that.
/r/~/rˁ/; -/ɾ/- Chiamata rāʾ, è come la "r" italiana. Nel Nordafrica può essere faringalizzata.
/z/ Chiamata zāy, è la "s" sonora di rosa.
/s/ Chiamata sīn, è la "s" sorda di sasso.
/ʃ/ Chiamata šīn, è la "sc" di scena.
/sˁ/ Chiamata ṣād, è una "s" di sasso, sorda e faringalizzata: mentre la si pronuncia la lingua è stirata all'indietro verso la gola.
/dˁ/ Chiamata ḍād, è una "d" faringalizzata: mentre la si pronuncia la lingua è stirata all'indietro verso la gola.
/tˁ/ Chiamata ṭāʾ, è una "t" faringalizzata: mentre la si pronuncia la lingua è stirata all'indietro verso la gola.
/ðˁ/~/zˁ/ Chiamata ẓāʾ, è come il th inglese interdentale e sonoro di that, ma in più faringalizzato. In arabo colloquiale o dialettale può mutare in una "s" sonora faringalizzata.
/ʕ/ Chiamata ʿayn, è la fricativa faringale sonora: si produce comprimendo la faringe con la radice della lingua, senza però occluderla. Notoriamente ostica per gli occidentali, può essere utile pensare di cantare il suono più basso che si riesce finché non si sente un movimento nella gola quasi strozzata, senza però esagerarlo: la sensazione nella gola deve essere di sollevamento e non di schiacciamento.
/ɣ/~/ʀ/ Chiamata ġayn, è come خ sonorizzata.
/f/ Chiamata fāʾ, è come la "f" italiana.
/q/ Chiamata qāf, è come la "c" di cane ma pronunciata più indietro, contro l'ugola.
/k/ Chiamata kāf, è come la "c" di cane, sempre dura anche davanti a /i/.
/l/; /lˁ/ Chiamata lām, è come la "l" italiana. Nella parola "Allah" è faringalizzata.
لاَ /la:/ Legatura di lām con ’alif. Come parola a sé, لاَ significa "no".
الأَ /al ʔa/ È l'articolo determinativo seguito da una parola che inizia con ’alif hamza con "a" breve.
الآ /al ʔa:/ È l'articolo determinativo seguito da una parola che inizia con ’alif madda. Attenzione all'allungamento vocalico, presente a priori nella ’alif madda.
الإِ /al ʔi/ È l'articolo determinativo seguito da una parola che inizia con ’alif hamza con "i" breve.
الأُ /al ʔu/ È l'articolo determinativo seguito da una parola che inizia con ’alif hamza con "u" breve.
/m/ Chiamata mīm, è una "m" di mano, consonante sonora. Davanti alla /f/, si assimila in un suono labiodentale, cioè pronunciato con gli incisivi dell'arcata superiore a contatto con il labbro inferiore, come nell'italiano anfora. Questa consonante in IPA si trascrive con /ɱ/. Se è vicina a una consonante faringalizzata, assimila la faringalizzazione.
/n/ Chiamata nūn, è una "n" di nave, consonante sonora. Di fronte al suono bilabiale /b/ si assimila in una /m/ (ma la grafia non cambia); davanti alla /k/, si assimila in /ŋ/, cioè una /n/ pronunciata con il dorso della lingua sul palato, come nell'italiano panca. Davanti al suono uvulare /q/ si assimila in una /ɴ/, cioè una /n/ pronunciata contro l'ugola.
/h/ Chiamata hāʾ, è una comune aspirazione sorda come nell'inglese "have", in questo caso non faringale ma glottidale.
ة -/a(t)/ Chiamata tāʾ marbūṭa ("tā’ legata", perché sembra che le estremità siano state legate), indica il suffisso del femminile, che si può trascrivere -a(t) oppure -ah. È sempre preceduta da una /a/, che già da sola indica il femminile. È muta e si pronuncia, come /t/, solo quando compaiono le vocali flessive; inoltre, nel parlato non sorvegliato, si pronuncia senza vocale flessiva quando la parola è la prima di uno stato costrutto.
-/u:/; /w/-; -/u̯/ Chiamata wāw, è la "u" semiconsonante di uomo. Se scritta dopo una consonante con il diacritico /u/ indica l'allungamento vocalico /u:/. Può essere sostegno (kursiyy, "sedia") per la hamza.
-/i:/; /j/-; -/i̯/ Chiamata yāʾ, è una "i" di iena, cioè la /j/ semiconsonantica. Se scritta dopo una consonante con il diacritico /i/ indica l'allungamento vocalico /i:/. Nella scrittura manuale spesso la forma finale perde i due punti, assumendo quindi lo stesso aspetto della ’alif maqṣūra; nei testi curati e seri i due punti non vengono mai omessi. Può essere sostegno (kursiyy, "sedia") per la hamza, e in questo caso perde sempre i due puntini.
ى /ɛ:/~/ɑ:/ Chiamata ’alif maqṣūra ("’alif accorciata"), è una /a:/ lunga, tenendo conto di tutte le varietà di pronuncia. Si trova alla fine delle parole indeclinabili.
ىً -/a(:)n/ Combinazione di ’alif maqṣūra con fatḥatayn.
ئ /a:ʔ/ Combinazione di ’alif maqṣūra con hamza.

Inoltre, il tanwīn o nunazione è l'aggiunta di una /n/ alla vocale flessiva in fondo alla parola e ha la funzione dell'articolo indeterminativo italiano: raǧul "uomo", raǧulun "un uomo". Ortograficamente non si scrive con la lettera nūn ma ponendo due volte la corrispondente vocale breve sull'ultima consonante della parola, ottenendo quindi fatḥatayn, kasratayn e ḍammatayn come indicate nella tabella; di queste, da notare l'ortografia della fatḥatayn che si appoggia sempre su una ’alif.


Esempi di parole contenenti la ḣamza all'interno e alla fine


Si offrono alcuni esempi di questa tipologia di parole, siccome la scrittura della hamza specialmente dentro la parola è soggetta a regole complesse. Degli esempi concreti danno una vaga idea di come funzioni, a meno che si impari la grafia a memoria caso per caso o si faccia una via di mezzo: سأل sa’ala (chiedere), الفأر al-fa’r (il topo), الفئران al-fi’rān (i topi), الرأس ar-ra’s (la testa), الرئيس ar-ra’īs (la testa/il capo), رؤساء ru’asā’ (teste/i boss), قرأ qara’a (leggere), الرأي ar-ra’y (l'opinione), المرأة al-mar’a (la donna), بدأ bada’a (iniziare), المبدأ al-mabda’ (il principio), المساء al-masā’ (la sera/le sere), القرآن al-Qur’ān (il Corano), ثأر ṯa’r (vendetta), المستأجر al-musta’ǧir (il prestatore), زأر za’ara (ruggire), الملجأ al-malǧa’ (il riparo), متأنق muta’anniq (elegante, abbastanza raro), بؤس bu’s (misera), مسؤول mas’ūl (responsabile), مائة mi’a (cento), هيئة hay’a (organizzazione), شيء šay’ (cosa), أصدقاء ’aṣdiqā’ (amici), لقاء liqā’ (incontro), جرؤ ǧaru’a (osare), نباء nabā’ (notizia), نبوءة nabū’a (profezia), ضوء ḍau’ (luce), جزء ǧuz’ (parte), لان li-’anna (perché), أسر ’asara (catturare), أمل ’amala (sperare), يأمل ya’mulu (lui spera), أخذ ’aḫaḏa (prendere), يأخذ ya’ḫuḏu (lui prende), أكل ’akala (mangiare), يأكل ya’kulu (lui mangia).

Nei dizionari e grammatiche sono reperibili molte altre parole simili, che permettono di capire come funziona la grafia della hamza in questi casi. Le eccezioni agli schemi sono sporadiche e possono essere trovate pure nella letteratura di grandi autori.


Varianti



L'arabo moderno standard


Lo stesso argomento in dettaglio: Fuṣḥā.

Nel mondo arabo si parlano molte varianti dialettali della lingua araba, spesso molto diverse tra loro. Tuttavia, esiste una forma di arabo ufficiale standard (fuṣḥā) unica per tutti che viene usata per la comunicazione scritta (soprattutto seria o destinata a persone istruite) e in situazioni formali preparate come lezioni universitarie, discorsi pubblici, programmi radiofonici e televisivi di tipo culturale, politico o religioso. Questa variante, in italiano, di solito si chiama "arabo moderno standard" o "lingua araba standard". Questo arabo moderno standard non è mai madrelingua di nessun arabofono e il suo apprendimento avviene nella scuola.


I dialetti


Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti arabi.

Per la comunicazione orale viene usato a livello pubblico l'arabo standard oppure, a livello privato, la lingua dialettale[8]. Alcuni di questi dialetti sono solo parzialmente comprensibili dagli arabi che vengono da paesi diversi; l’insieme di dialetti usati nella comunicazione quotidiana varia infatti non solo da un paese arabo all’altro ma anche da una regione all’altra all’interno dei singoli stati.

In particolare i dialetti del Maghreb sono considerati molto diversi dall'arabo standard, ma anche dai dialetti parlati nel Golfo Persico, soprattutto a causa delle forti influenze della lingua berbera e della lingua francese. Mentre le persone di buon livello culturale sono in genere capaci di esprimersi in arabo standard, la maggioranza degli arabi usa generalmente solo il proprio dialetto locale e ha una conoscenza principalmente passiva dell'arabo standard.

I dialetti egiziano e levantino sono probabilmente i più conosciuti e compresi nel mondo arabo, grazie alla grande popolarità della filmografia egiziana e siriana. La produzione scritta in lingua dialettale è tuttavia presente, ed è rappresentata da riviste e stampati di carattere leggero e di intrattenimento, in cui la spontaneità è più importante del contenuto, ma anche da testi letterari di autori che preferiscono esprimersi nella lingua dialettale invece che in arabo standard; lo stesso avviene anche per la radio e la televisione. Molto importante è anche la produzione musicale in lingua dialettale, in cui spiccano cantanti come l'egiziana Umm Kulthum e la libanese Fairuz.


Diglossia

Si verificherebbe negli arabi una comune diglossia, o addirittura pluriglossia, contando il fatto che ogni arabofono potrebbe potenzialmente parlare, oltre al suo dialetto nativo, anche la lingua standard, il dialetto della capitale e spesso persino una lingua europea, fatto questo comune soprattutto in nazioni come l'Algeria, dove a partire dal diciannovesimo secolo si è diffusa la lingua francese.

Ogni arabo ben istruito è capace di cambiare il registro della conversazione, potendo passare dal suo dialetto alla lingua standard (in realtà il cambio avviene soprattutto fra sfumature intermedie, raramente si tratta dell'uno o dell'altro estremo), adattando facilmente il proprio parlato all'interlocutore e al contesto più o meno formale.

Il fatto poi che media, giornali, documenti, cartelli stradali siano scritti in arabo standard e che in tutte le occasioni ufficiali, formali e durante le preghiere si parli nella medesima lingua, rende poi la conoscenza della fuṣḥā, e la conseguente diglossia, obbligatoria per chiunque intenda approcciarsi all'ambiente urbano.[9]


Grammatica


Lo stesso argomento in dettaglio: Grammatica araba.

La frase minima


Come in ogni lingua, la frase minima è formata dal soggetto (un nome o un pronome) e dal predicato (un verbo, eventualmente accompagnato da un aggettivo, un pronome o un nome, o anche un'intera frase). Le frasi si suddividono in verbali (quando contengono un verbo) e nominali (quando il verbo è assente)[10]. L'arabo non possiede il tempo presente del verbo essere, pertanto fa un largo uso di frasi nominali. Di conseguenza, frasi come "dove sei?", "chi è lui?" e "chi è lei?" si traducono rispettivamente "dove tu?" (أﻳﻥ أنت؟ ’ayna ’anta/’anti?), "chi lui?" (من هو؟ man huwa?) e "chi lei?" (من هي؟ man hiya?).

In arabo esiste un solo articolo, determinativo e invariabile (-ﺍﻟ al-), che si comporta come un prefisso, unendosi all'inizio della parola; "il libro" è, quindi, al-kitāb (ﺍﻟﻜﺘﺎﺏ). Le lettere dell'alfabeto a seconda del loro comportamento a contatto con l'articolo si dividono in solari e lunari. Le consonanti "lunari" (quelle labiali, velari e post-velari) prendono l'articolo così com'è, mentre quelle "solari" (tutte le altre) assimilano la lām dell'articolo alla prima lettera del sostantivo, che quindi si raddoppia (es. "il sole": *al-šams > aš-šams).[11]

Per esprimere l'indeterminazione, dal punto di vista grafico si raddoppiano le lettere ḍamma (ـُ /u/), fatḥa (ـَ /a/) e kasra (ـِ /i/) (la ـُ ḍamma al nominativo indeterminato non usa due segni identici, ma uno solo che deriva dall'unione dei due: ـٌ); la ḍamma raddoppiata si pronuncia [un], la fatḥa raddoppiata [an] e la kasra raddoppiata [in] (es. "una bella casa": baytun ǧamīlun; "la bella casa": al-baytu l-ǧamīlu). Il fenomeno del raddoppiamento grafico della vocale a fine parola si chiama "nunazione", perché dal punto di vista fonetico aggiunge una /n/, che in arabo è espressa dalla lettera nūn.

La ’alif dell'articolo è waṣla, ossia la sua vocale si elide a contatto con un'altra vocale: بابُ ٱلبيت *bābu al-bayt diventa quindi bābu l-bayt, oppure ancora في ٱلفندق *fī al-funduq diventa fī l-funduq.


Le declinazioni


Lo stesso argomento in dettaglio: ʾiʿrāb.

L'arabo è una lingua flessiva che possiede tre casi: il nominativo, la cui marca è la ḍamma (ـُ /u/); l'accusativo, la cui marca è la fatḥa (ـَ /a/); il caso obliquo, la cui marca è la kasra (ـِ /i/), che ha funzioni di genitivo e di prepositivo. Dal caso obliquo si costruisce il complemento di specificazione (es. "il libro del ragazzo", kitābu l-waladi), in cui il sostantivo dell'entità posseduta ("il libro") non prende mai l'articolo (pur essendo determinato) e il sostantivo dell'entità possedente ("del ragazzo") è al caso obliquo semplice e prende l'articolo. In una catena di complementi di specificazione (es. "il libro della figlia del maestro") prende l'articolo solo l'ultimo termine (kitābu binti l-muʿallimi).

L'aggettivo segue sempre il sostantivo e si declina in genere, numero e caso.

Nella lingua parlata e nei dialetti la declinazione non viene evidenziata.


Il verbo


Lo stesso argomento in dettaglio: Verbi arabi.

La radice dei verbi è formata da tre o, più raramente, quattro lettere.

Vi sono nove forme "aumentate", espresse con l'aggiunta di suffissi, che attribuiscono al verbo una sfumatura di significato (es. la seconda forma ha valore perlopiù causativo, la terza di reciprocità, la quinta di passività, etc.).

I verbi irregolari si formano quando nella radice compaiono le semivocali ﻭ e ﻱ, che creerebbero una cacofonia se precedute o seguite dalle desinenze. Un verbo irregolare si dice "assimilato" (1º gruppo dei verbi irregolari) se ha ﻭ o ﻱ all'inizio, "concavo" (2º gruppo dei verbi irregolari) se ha ﻭ o ﻱ al centro e "difettivo" (3º gruppo dei verbi irregolari) se ha ﻭ o ﻱ alla fine.

Il verbo arabo possiede solo due modi: perfettivo e imperfettivo.

  1. il perfettivo indica che l'azione si è svolta (passato); ha solo il modo indicativo.
  2. l'imperfettivo (o "non-passato") indica che l'azione si sta svolgendo (presente) o si svolgerà (futuro). Ha 4 modi finiti: indicativo, congiuntivo, imperativo e apocopato (o iussivo); e 3 modi non finiti: infinito sostantivato (maṣdar), participio attivo/presente sostantivato (ism al-fāʿil, lett. "nome del facente"), participio passivo/passato sostantivato (ism al-mafʿūl, lett. "nome del fatto"). L'arabo classico ha inoltre l'energico I e l'energico II, non utilizzati in arabo moderno standard.

La radice trilittera del verbo ﻓﻌﻝ (faʿala, "fare") è usata come modello per la coniugazione di tutti i verbi.

L'infinito sostantivato di ﻓﻌﻝ faʿala, فعل fiʿl ("il fare"), è un nome d'azione (nomen actionis) sostantivato e significa, quindi, "azione, opera".


Parole di origine araba in italiano


Nel corso del Medioevo entrarono nell'italiano numerose parole arabe, specie in settori in cui gli Arabi eccellevano: navigazione, commercio, matematica, astronomia, medicina.

Alcuni termini marittimi derivati dall'arabo sono "libeccio", "scirocco", "gomena", "cassero" (vocabolo che gli Arabi presero dai Bizantini e questi a loro volta dai Romani; cfr. latino "castrum"[12]). La parola di origine araba "ammiraglio" indicò dapprima "capo, comandante" e solo nel XII secolo in Sicilia e nel XIII altrove si fissò nel significato di "capo delle forze di mare". L'espressione araba dār aṣ-ṣinā‘a ("casa del mestiere", poi "luogo di costruzioni navali") trova accoglimento in Italia sotto diverse forme: arzanà (da cui arsenale) a Venezia, darsena a Genova, tersanaia a Pisa, terzenale ad Ancona, terzanà a Palermo.

Alcuni termini commerciali derivati dall'arabo sono "magazzino", "fondaco", "dogana", "gabella", "tariffa", "fardello", "tara", "zecca", "carato", "risma", "sensale". Attraverso gli scambi commerciali sono giunti i termini "zucchero", "zafferano", "caffè", "azzurro", "lapislazzuli", "limone", "albicocco", "carciofo", "zibibbo", "melanzana", "tamarindo"[13][14], "ribes".

Sono di origine araba i termini matematici "algebra", "algoritmo" e "cifra" (derivante dalla parola araba indicante lo zero, novità essenziale nel sistema di numerazione europeo) e i termini astronomici "Aldebaran", "almagesto", "almanacco" (< al-manāḫ, "tavole astronomiche"[15]), "zenit", "nadir", "Vega".

Nella medicina entrò il vocabolo arabo "sciroppo". La medicina araba influenzò molto la scuola medica salernitana; proprio da Salerno deve essersi divulgato il termine medico "taccuino" (< taqwīm, "corretta disposizione").

Altri termini arabi sono "zara", garbo (< qālib, modello)[16],"azzardo"[17], "califfo", "sultano", "alcova", "alcool" (< al-kuḥl, "polvere finissima per tingere le sopracciglia"[18]), "alchimia" (< ṣan’a) al-kīmiyā’, "(arte della) pietra filosofale"), "caraffa", "tazza" (< ṭasa), racchetta (< rāḥet, rāḥa, "mano"), "ragazzo" (< raqqāṣ, "fattorino, corriere"[19]), "materasso" (< matrah, "cosa gettata"), "bizzeffe" (< bizzāf, "molto"), ricamo (< raqama, "punteggiare", "cifrare", "marchiare" ma anche "scrivere"), "gazzarra" (< algazara, "mormorio"), tafferuglio (< taffaruǧ, "baldoria"), "salamelecco" (< salām ‘alaikum, "pace a te/voi"), "alambicco" (< al-anbīq, "coppa", "vaso") e "assassino" (termine che in origine designava i Nizariti, setta degli Ismailiti radunata attorno al Vecchio della Montagna[20]).

Nei termini arabi in "al-" ("alambicco", "algebra" ecc.) o in "a + consonante geminata" ("ammiraglio", "assassino", "azzardo" ecc.) si riscontra un fenomeno frequente in spagnolo, in cui gli arabismi presentano spesso forme in cui compare l'articolo arabo al- ("alcázar", "fortezza, palazzo, reggia"; "alcachofa", "carciofo"; "algodón", "cotone"; "azúcar", "zucchero"; "alhóndiga", "fondaco"), poiché molti di questi termini giunsero in Italia attraverso traduzioni dallo spagnolo.


Premi Nobel per la letteratura di lingua araba


Naǧīb Maḥfūẓ, premio Nobel per la letteratura nel 1988.
Naǧīb Maḥfūẓ, premio Nobel per la letteratura nel 1988.

Bibliografia



Dizionari



Dialetti arabi moderni


Grammatiche



Testi di riferimento e grammatiche didattiche


Corsi di lingua

(ed. orig. Manuel d'arabe moderne, 2 voll., Parigi, L'Asiathèque - Maison des langues du monde, 1993-2008)
(ed. orig. Teach Yourself Complete Arabic, Londra, Hodder Education, 2010)

Dialetti arabi moderni



Dialettologia


Egiziano


Libico


Marocchino


Levantino


Alfabeto arabo



Sociolinguistica


(ed. orig. Le sabre et la virgule, L'archipel, 2007)

Linguistica



Influenza dell'arabo sull'italiano


(ed. orig.: Babel. Around the World in 20 Languages, London, Profile Books, 2018)

Note


  1. Al-Jallad. The earliest stages of Arabic and its linguistic classification (Routledge Handbook of Arabic Linguistics, forthcoming), su academia.edu.
  2. (EN) What are the top 200 most spoken languages?, su Ethnologue, 3 ottobre 2018. URL consultato il 27 maggio 2022.
  3. Christianity 2015: Religious Diversity and Personal Contact (PDF), su gordonconwell.edu. URL consultato il 10 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2017).
  4. The Future of the Global Muslim Population, su pewforum.org.
  5. "Table: Muslim Population by Country | Pew Research Center's Religion & Public Life Project", su pewforum.org.
  6. Official Languages, su un.org.
  7. Alcune parole, come ad esempio l'articolo, portano infatti la ’alif waṣla, ossia la ’alif elidibile.
  8. L'uso della parola dialetto in riferimento alle varietà della lingua araba può essere causa di incomprensione a causa del suo significato nell'italiano attuale. I dialetti arabi non sono infatti lingue regionali e minoritarie come avviene in Italia, ma vere e proprie lingue nazionali, seppur con le loro varianti all'interno dello stesso paese, e madrelingue vernacolari della popolazione.
  9. Durand 2018
  10. L'italiano non prevede un uso sistematico della frase nominale, ma spesso se ne trovano nelle risposte in cui il verbo è sottinteso: "dove è Marco?" → "In giardino". Il latino, in modo simile all'arabo, tende a sottintendere il verbo essere quando è copula: nomen omen "il nome [è] presagio".
  11. L'opposizione fra solari e lunari viene dal fatto che le parole che significano sole (šams, aš-šams) e luna (qamar, al-qamar), due entità tradizionalmente opposte che fanno causalmente parte una di un gruppo e l'altra dell'altro, sono state scelte come rappresentanti delle due categorie.
  12. càssero, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  13. tamarindo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  14. Bruno Migliorini, Ignazio Baldelli, Breve Storia della lingua italiana, ed. Sansoni, 1984, pag. 79-81.
  15. almanacco, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  16. garbo, in Treccani.it – Sinonimi e contrari, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  17. azzardo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  18. alcol, in Treccani.it – Sinonimi e contrari, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  19. ragazzo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  20. Manlio Cortelazzo, Paolo Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, ed. Zanichelli
  21. Si tratta del primo volume (Parte I - Lettura e scrittura, Parte II - Morfologia e nozioni di sintassi) della grammatica di Laura Veccia Vaglieri, ma aggiornato e adattato da Maria Avino. Il volume è stato inoltre diviso fisicamente in due parti, teoria ed esercizi, mentre l'originale si presentava in un volume unico. Il secondo volume dell'opera (Parte III - Complemento della morfologia e sintassi) resta per ora invariato.

Voci correlate


Dialetti arabi

Dialetti neolatini influenzati dall'arabo

Varie


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[de] Arabische Sprache

Die arabische Sprache (kurz Arabisch; Eigenbezeichnung اَللُّغَةُ اَلْعَرَبِيَّة, DMG al-luġatu l-ʿarabiyya ‚die arabische Sprache‘, kurz العربية, DMG al-ʿarabiyya ‚das Arabische‘, Aussprache?/i) ist die am weitesten verbreitete Sprache des semitischen Zweigs der afroasiatischen Sprachfamilie und in ihrer Hochsprachform الفصحى / al-Fuṣḥā eine der sechs Amtssprachen der Vereinten Nationen. Schätzungsweise wird Arabisch von 313 Millionen Menschen als Muttersprache und von weiteren 424 Millionen als Zweit- oder Fremdsprache gesprochen.[2][3] Auch durch seine Rolle als Sakralsprache entwickelte sich das Arabische zur Weltsprache.[4] Die moderne arabische Standardsprache beruht auf dem klassischen Arabischen, der Sprache des Korans und der Dichtung, und unterscheidet sich stark von den gesprochenen Varianten des Arabischen.

[en] Arabic

Arabic (اَلْعَرَبِيَّةُ, al-ʿarabiyyah [al ʕaraˈbijːa] (listen); عَرَبِيّ, ʿarabīy [ˈʕarabiː] (listen) or [ʕaraˈbij]) is a Semitic language spoken primarily across the Arab world.[5] Having emerged in the 1st century, it is named after the Arab people; the term "Arab" was initially used to describe those living in the Arabian Peninsula, as perceived by geographers from ancient Greece.[6]

[es] Idioma árabe

El árabe, también llamado arábigo,[8] arabía,[9] o algarabía[10] (en árabe, العربية‎ al-ʻarabīyah o عربي/عربى ʻarabī, pronunciación: [alʕaraˈbijja] o [ˈʕarabiː]), es una macrolengua de la familia semítica, como el arameo, el hebreo, el acadio, el maltés y similares. Es el quinto idioma más hablado en el mundo (número de hablantes nativos) y es oficial en veinte países y cooficial en al menos otros seis, y una de las seis lenguas oficiales de la Organización de Naciones Unidas. El árabe clásico es también la lengua litúrgica del islam.

[fr] Arabe

L’arabe (en arabe : العربية, al-ʿarabīyah[4] /alʕaraˈbijja/.mw-parser-output .prononciation>a{background:url("//upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/8a/Loudspeaker.svg/11px-Loudspeaker.svg.png")center left no-repeat;padding-left:15px;font-size:smaller}Écouter) est une langue afro-asiatique de la famille des langues sémitiques. Avec un nombre de locuteurs estimé entre 315 421 300[1] et 375 millions de personnes[2], au sein du monde arabe et de la diaspora arabe, l'arabe est de loin la langue sémitique la plus parlée, bien avant l'amharique (seconde langue sémitique la plus parlée).
- [it] Lingua araba

[ru] Арабский язык

Ара́бский язы́к (اللغة العربية‎ [ʔal̪l̪uɣat̪u‿l̪ʕarabijja] слушать) — язык семитской семьи афразийской макросемьи языков. Число говорящих на арабском языке и его разновидностях составляет около 310 миллионов[1] (родной язык), и ещё около 270 миллионов человек использует арабский в качестве второго языка[1]. Классический арабский — язык Корана — ограниченно используется в религиозных целях приверженцами ислама по всему миру (общая численность — 1,57 млрд человек[3]).



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