La lingua picena meridionale[2], o semplicemente lingua picena[3], era parlata nel I millennio a.C. nell'area abitata dall'antico popolo italico dei Piceni, corrispondente agli odierni territori delle Marche e dell'Abruzzo settentrionale. È una lingua italicaosco-umbra, appartenente al gruppo dei dialetti sabellici[4].
È attestata da iscrizioni ritrovate nell'area che comprende: a nord la provincia di Pesaro[5], a sud quella dell'Aquila, ad ovest quella di Rieti e ad est la costa adriatica[6].
La lingua picena meridionale è detta anche Sudpiceno[7], Protosabellico[8] o Medio-adriatico[9][10].
Le espressioni "Piceno meridionale" e "Sudpiceno" sono nate per distinguere questa lingua da quella "picena settentrionale" o di Novilara, di natura oscura e di cui è dubbio l'effettivo uso nel territorio piceno settentrionale. Il ritrovamento di un'iscrizione in Sudpiceno nel pesarese, nel 2016, ha aumentato l'incertezza in merito. Ciò che è sicuro è che non esiste alcuna correlazione tra le due lingue.
La datazione delle ventisette iscrizioni picene ne ha individuato la diffusione in un periodo compreso fra la fine del VII secolo a.C. e l'inizio del III secolo a.C. L'alfabeto piceno, decifrato solo negli anni ottanta del Novecento, comprende in particolare l'uso di sette vocali (trascritte a, e, í, i, o, ú, u)[11]. Nel corso del periodo che va dal III al I secolo a.C. la lingua picena cessò gradualmente di essere usata, come testimonia il fatto che alle iscrizioni che usano l'alfabeto piceno succedono documenti scritti in alfabeto latino, sia pure in un dialetto detto sabellico[12][13].
Caratteristiche e interpretazione della scrittura
Stele integra di Penna Sant'Andrea (TE5)Stele di Servigliano (AP5)Stele di Mogliano (MC2)Iscrizione (sul pilastrino di sinistra) della statua del Guerriero di Capestrano (AQ2)Stele frammentaria di Penna Sant'Andrea - parte superiore (TE6)Stele frammentaria di Penna Sant'Andrea - parte inferiore (TE7)Stele di Servigliano - paese vecchio (AP6)
Lettere e simboli
L'alfabeto della lingua picena è composto da ventiquattro lettere; l'uso di sette vocali rivela una accuratezza nella trascrizione del sistema vocalico maggiore di quella delle altre lingue italiche[14]. Le venticinque lettere comprendono:
Il segno di separazione tra due parole è costituito da tre punti sovrapposti[16][12]:
Dall'impossibilità di leggere le iscrizioni alla loro traduzione
La relativa scarsità delle testimonianze e la difficoltà della loro interpretazione aveva a lungo oscurato non soltanto l'appartenenza del piceno meridionale al ceppo osco-umbro, ma perfino la sua indoeuropeità, tanto che il noto glottologo Francesco Ribezzo considerava tale lingua piuttosto vicina all'etrusco.
Negli anni ottanta del Novecento si sono compiuti cinque passi fondamentali che hanno condotto alla possibilità di leggere le iscrizioni[17][18][19]:
i due punti sovrapposti , precedentemente considerati come segno di punteggiatura apparentemente ridondante, sono ora considerati il grafema che rappresenta il suono /f/;
il punto al centro , anch'esso già considerato come segno di punteggiatura ridondante, è ora considerato il grafema che rappresenta il suono /o/;
il segno precedentemente interpretato come grafia alternativa di "S" è ora considerato il grafema che rappresenta il suono /v/;
il segno precedentemente incompreso, è ora considerato come corrispondente alla lettera "Q" (suono /k/ davanti a /w/)
il segno precedentemente incompreso, è ora considerato il grafema che rappresenta il suono /g/ (suono duro).
Si è così appurato che una caratteristica dell'alfabeto piceno è quella di usare dei punti al posto dei segni che in altri alfabeti sono tratti o circoli[20]:
la “O” diviene un punto al centro ;
la "F", che in alfabeti coevi ha spesso forma a "8", è resa con due punti sovrapposti ;
la variante della "T" è realizzata con un punto al posto del tratto orizzontale ;
la variante della "Q" presenta un punto al centro al posto della linea verticale ;
la variante della "A" presenta un punto al posto del tratto orizzontale .
Il dibattito sul valore fonetico del segno e del segno è comunque ancora aperto e non mancano opinioni discordanti[21].
Le nuove interpretazioni delle lettere elencate sopra hanno portato a un deciso miglioramento della comprensione della lingua picena e, nel 1985, a una prima traduzione dei vari testi[17]. Insieme a ciò, l'emergere di ulteriori testimonianze e il fiorire di nuovi studi permettono oggi di inserire la lingua in questione in sicuro ambito italico e quindi indoeuropeo, all'interno di un contesto locale comunque complesso e caratterizzato da un continuum linguistico.
Andamento
La scrittura, in quasi tutte le iscrizioni ha un andamento bustrofedico, ossia non ha una direzione fissa, ma procede in un senso fino al margine scrittorio e prosegue a ritroso nel senso opposto, secondo un procedimento "a nastro", senza andare a capo; l'andamento ricorda quindi quello dei solchi tracciati dall'aratro in un campo. Nella riga di ritorno si nota il rovesciamento delle lettere.
Fanno eccezioni due iscrizioni che comunque si differenziano anche per altre caratteristiche: si tratta dell'iscrizione del guerriero di Capestrano, l'unica posta su una scultura, il cui testo è su una riga unica, e quella del cippo di Cures, l'unica paleo-sabellica sinora nota sul versante tirrenico, in cui si adotta l'uso di andare a capo. L'iscrizione dell'elmo di Campovalano non si può considerare bustrofedica a causa della sua brevità. La scrittura bustrofedica è tipica anche di altre lingue antiche.
Relazione con la lingua di Novilara
Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua di Novilara.
Nella necropoli di Novilara, che sotto tutti gli altri aspetti ha restituito reperti tipicamente piceni, è attestata la cosiddetta lingua picena settentrionale o di Novilara, caratterizzata da un alfabeto diverso da quello sudpiceno e in genere dagli altri alfabeti italici.
Questa lingua ha un corpus di quattro iscrizioni, di cui solo due (o forse una sola) di accertata origine archeologica; pur essendo leggibile, è ritenuta di natura oscura e dunque intraducibile; ciò che è sicuro è che essa non è correlata in alcun modo con la lingua picena meridionale[22].
Nel 2021 è stato edito uno studio che, se confermato, chiarirebbe tanti dubbi: in esso si afferma che sarebbe stato un antiquario fanese ottocentesco ad aver realizzato le iscrizioni di Novilara dubbie, come sembra appurato dal ritrovamento a Poggio Cinolfo, nel terreno di una casa di sua proprietà, di due false stele. Le stele di Poggio Ridolfo sono state ritrovate nel 1989, considerate dapprima come testimonianze autentiche di scrittura in lingua osca[23] e poi, riesaminate nuovamente negli anni Duemila, ritenute delle contraffazioni[24].
Classificazione
Il Piceno appare come un dialetto particolarmente prossimo all'Umbro. Il nesso dialettale sarebbe però da rapportare a una fase arcaica dell'umbro, detta "umbro antico" o, perfino, "osco-umbro" non differenziato.
Le iscrizioni picene risultano in effetti estese su un'area maggiore rispetto a quella che appare storicamente occupata dai Piceni (attuali Marche e provincia abruzzese di Teramo), "sconfinando" verso sud in territorio vestino, peligno e marrucino, e sono ritenute spesso cronologicamente anteriori (ante V secolo a.C.) a quelle in tali altre varietà. Il quadro linguistico del medio versante adriatico risulta pertanto confuso, e ancora oggetto di ricerca[10].
Corpus delle testimonianze
Il corpus delle iscrizioni del Sudpiceno è finora costituito da ventisette iscrizioni su pietra o bronzo che vanno dal VI secolo a.C. fino al IV secolo a.C. La datazione è stata stimata in base alle caratteristiche delle lettere e, quando è stato possibile, al contesto archeologico[25][26].
La maggior parte delle iscrizioni sono incise su stele o su cippi di arenaria o calcare. Altre, invece, si trovano su statue o oggetti bronzei. Spesso sono relative a contesti funerari. In alcuni casi le iscrizioni sono frammentarie[25].
A volte i testi ricorrono alla deissi: il pronome "io" si riferisce talvolta al monumento (secondo lo schema dell'oggetto parlante[27]), altre volte invece si riferisce all'autore del testo. Il pronome "tu", similmente, a volte si riferisce al lettore e altre volte al destinatario dell'iscrizione[12]. In alcuni testi si nota anche una ricerca di ritmicità, ottenuta attraverso l'allitterazione di suoni o attraverso la ripetizione degli stessi suoni all'inizio di due o più parole. In questi casi è lecito pensare che la sintassi e la struttura del testo siano influenzate da questo intento, con ripercussioni sulla distribuzione naturale delle parole nel discorso[12].
L'elenco completo è il seguente, in cui ogni iscrizione è preceduta dalla sigla con la quale è nota in letteratura, formata dalla provincia di ritrovamento e da un numero progressivo[25][28]. Come si può notare, le collezioni più ricche di iscrizioni sudpicene sono conservate nel Museo archeologico nazionale delle Marche e nel Museo archeologico nazionale d'Abruzzo.
A Mondolfo, diversi decenni or sono, una stele picena era stata rinvenuta casualmente durante lo scasso di una vigna e poi, non riconosciuta come tale, utilizzata come sedile[5].
Dal 1982 al 2014 il presidente dell'Archeoclub di Mondolfo, Roberto Bernacchia, ne aveva ripetutamente e inutilmente segnalato la presenza agli enti proposti, fino a che, in seguito a sopralluoghi, nel 2016 finalmente il reperto è stato preso in custodia dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Ancona e infine esposto nel museo civico di Mondolfo.[5]
La stele, ancora indecifrata, riveste una notevole importanza, perché sfata il pregiudizio che sostiene l'impossibilità di trovare stele picene a nord dell'Esino e getta nuova luce sulla lingua parlata dai Piceni delle attuali Marche settentrionali[5].
Stele di Loro Piceno
Stele di Loro Piceno (MC1)
Nella tabella sottostante, a titolo di esempio, si riportano il testo e le varie ipotesi di traduzione della stele di Loro Piceno (MC1), ritrovata nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre erano in corso i lavori di demolizione di un piccolo edificio lungo la circonvallazione[48].
Per quanto riguarda il significato, ci sono due termini oggetto di fitto dibattito: apaes e púpúnis, ricorrenti anche in altre epigrafi (con varie desinenze). Secondo alcuni studiosi i termini sembrano individuare ruoli pubblici, ma non è facile da individuare e comprendere quali di preciso, riferendosi ad una realtà che non conosciamo da questo punto di vista[20]; c'è anche chi sostiene l'ipotesi che púpúnis sia un termine etnico che indica il nome del popolo piceno[8]. Secondo altri, invece, Apaes è un nome proprio di persona[49][21] e puupuunis si riferisce al tumulo[49]; secondo altri ancora, Apaes è un nome proprio di persona e puupuunis è un aggettivo traducibile come "eccellente", "illustre"[21].
Il testo inizia sul lato destro della stele, in basso, e procede verso l'alto.
Apaes riposa qui. Un uomo eccellente e di rilievo giace nel sepolcro.
Stele di Bellante (TE2)
Stele di Bellante
L'iscrizione di Bellante (TE2) fu rinvenuta nel 1867 (o 1869) nell'alveo di un torrente, in una località all'epoca denominata "Castel S. Andrea".
L'iscrizione contorna una figura umana centrale, con le braccia poste in modo analogo a quelle del Guerriero di Capestrano. Nel 2019 ne è stata realizzata una copia conforme da porre nel paese di ritrovamento[45].
Il testo della stele è riportato nella tabella seguente, con traslitterazione e una proposta di traduzione.
Il testo inizia a fianco della gamba dell'immagine scolpita, in basso a sinistra, e procede verso l'alto.
Ordinando le parole, la traduzione proposta è dunque:
"Per via, vedete l'immagine (maschera, simulacro) di Titos Alios, sepolto in questo sepolcro"
L'"immagine" a cui si farebbe riferimento nell'iscrizione è la figura a rilievo del defunto scolpita sulla stele; si veda la foto qui pubblicata.
Secondo il filologo classico Calvert Watkins, il testo della stele di Bellante sarebbe uno dei primi esempi di poesia italica; l'affermazione è basata sul fatto che nel testo esistono tre allitterazioni: viam - videtas, tetis - tokam, vepses - vepeten.[52]
Alfabeto
Si presenta nella tabella seguente l'alfabeto piceno. Dato che alcune lettere sono interpretate diversamente dai vari autori citati in bibliografia, si segue l'interpretazione più comune[53][54].
suono indicato con la trascrizione fonetica dell'alfabeto fonetico internazionale
elenco delle lettere dell'alfabeto sud-piceno (ed eventuale grafia alternativa)
lettera utilizzata nelle trascrizioni (e indicazioni di pronuncia)
[a]
oppure
A
[b]
B
[k]
K (C dura)
[d]
D
[e]
E (E aperta)
[ɸ] - [f]
F
[g]
G (G dura)
[h]
H (H aspirata - non esiste in italiano)
[i] - [j]
I
[ɛ]
oppure
Í (E chiusa)
[l]
L
[m]
M
[n]
N
[ɔ]
O (O aperta)
[p]
P
[k] davanti a [w]
oppure
Q
[r]
R
[s]
S
[t]
oppure oppure
T
[u] - [w]
U
[o]
Ú (O chiusa)
[v]
V
[ts] o [dz]
Z
suono non ancora decifrato, forse [ś]
?
(non è un suono, ma il segno grafico per staccare una parola dall'altra)
(spazio tra due parole)
Bibliografia e sitografia
Cippo di Falerone (AP4)Un'antica riproduzione della stele di Crecchio (CH1)
Giacomo Devoto, Gli antichi Italici, 2ªed., Firenze, Vallecchi, 1951.
Vittore Pisani, Le lingue dell'Italia antica oltre il latino, Torino, Rosenberg & Sellier, 1964, ISBN978-88-7011-024-1.
Mario Lopes Pegna, Popoli e lingue dell'Italia antica, Libreria editrice L. Del Re, 1967
Alessandro Morandi, Iscrizioni Medioadriatiche, in Popoli e civiltà dell'Italia antica edito dall'Ente per la diffusione e l'educazione storica, 1973
Luisa Franchi Dell'Orto, Valerio Cianfarani, Adriano La Regina, Culture adriatiche antiche di Abruzzo e di Molise, 2 vol, De Luca, Roma 1978
Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, vol. 5, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985, ISBN 9788822233318
(ES) Francisco Villar, Los Indoeuropeos y los origines de Europa: lenguaje e historia, Madrid, Gredos, 1991, ISBN84-249-1471-6.
Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in Piceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999, ISBN88-8016-332-9. (Catalogo della mostra itinerante)
Traduzione italiana: Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, Bologna, Il Mulino, 1997, ISBN88-15-05708-0.
Alberto Calvelli, I Piceni, su Lingua e Scrittura, antiqui.it, Antiqui.;
Pompilio Bonvicini, Iscrizioni picene, Andrea Livi Editore, 2001;
(DE) Helmut Rix, Sabellische Texte: die Texte des Oskischen, Umbrischen und Südpikenischen, Heidelberg 2002, ISBN 978-3825308537;
(EN) Rex E. Wallace, The Sabellic languages of ancient Italy, in Languages of the World: Materials 371, Lincom, Munich, 2007;
(FR) Vincent Martzloff, Questions d’exégèse picénienne, in: Autour de Michel Lejeune. Actes des journées d'études organisées à l'Université Lumière, 2009. pp. 359–378. (Collection de la Maison de l'Orient méditerranéen ancien. Série philologique, 43);
Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
Francisco Villar, Gli indoeuropei e le origini dell'Europa: lingua e storia, il Mulino, Bologna, 2008, (p. 474) ISBN 978-88-15-12706-8.
Mario Lopes Pegna, Popoli e lingue dell'Italia antica, Libreria editrice L. Del Re, 1967 ( p. 170)
Paola Cotticelli, Introduzione allo studio del linguaggio, Università degli studi di Verona, 2011-2012; Studi e testi - edizione 16, Deputazione di storia patria per le Marche, Guiffrè, 1996 (p.34)
Nell'Enciclopedia Treccani la lingua picena è classificata come "umbro-sabellica", del gruppo "osco-umbro". Si vedano le voci: Sabelli e Piceni, di Giulia Rocco. Dalle stesse voci il termine "Sabelli" è riferito ai popoli italici legati a Sabini e Sanniti.
Più dettagliatamente i limiti sono Mondolfo (PU), Sulmona (AQ), Fara Sabina (RI). Si veda: Valentina Belfiore, Quaderni del polo museale d'Abruzzo, Museo di Villa Frigeri.
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, Firenze 1985 e in altre opere della stessa autrice;
(DE) H. Rix Sabellische Texte: die Texte des Oskischen, Umbrischen und Südpikenischen, Heidelberg 2002.
Adriano La Regina, Il guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleo sabelliche, in Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini, ed. L. Franchi dell'Orto, Roma 2010
A. Morandi, Le iscrizioni medio-adriatiche, Firenze 1974.
Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, pp. 484-485.
Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, vol. 5, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985, ISBN 9788822233318
Questo segno compare solo due volte, nella stele integra di Penna Sant'Andrea I (TE1). Secondo Anna Marinetti si tratta di un suono aspirato o, in alternativa, un suono sibilante e lo traslittera come <ś>. Adriano La Regina (Il guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleo sabelliche, in Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini, a cura di L. Franchi, edizioni dell'Orto, Roma, 2010), considerando le posizioni in cui compare il grafema, ha proposto un valore aspirato e lo ha traslitterato come <h>.
Fanno eccezione; l'iscrizione sul Guerriero di Capistrano, l'iscrizione sulla pisside di Campovalano, in cui si usa la scriptio continua, e la stele di Falerone, in cui come separatori tra parole sono usati i tratti verticali.
La prima traduzione delle iscrizioni piceni è presente nel testo di Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, vol. 5, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985, ISBN 9788822233318.
Alberto Calvelli, I Piceni, su Lingua e Scrittura, antiqui.it, Antiqui.
Nell'elenco seguente, con il termine "suono" si intende "fonema".
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in Piceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999, ISBN 88-8016-332-9
Adolfo Zavaroni, Le iscrizioni sudpicene contenenti /Ł-/ iniziale, in La Parola del Passato, Casa editrice Leo S. Olschki, 2003) pp. 420-433
Pierpaolo Di Carlo, L'enigma nord-piceno - saggio sulle stele di Novilara e sul loro contesto culturale, in Quaderni del dipartimento di linguistica, studi 7, Università degli Studi di Firenze, Unipress, 2006 ISBN 978-8880982340;
(EN) Valentina Belfiore; Stefano Lugli; Alessandro Naso, Novilara Stelae a stylistic, epigraphical, and technological study in a middle Adriatic epigraphical and sculptural context, in Bonn Verlag Dr. Rudolf Habelt GmbH, 2021. ISBN 9783774943100; 3774943109
Alberto Calvelli, I Piceni, su Lingua e Scrittura, antiqui.it, Antiqui.;
Pompilio Bonvicini, Iscrizioni picene, Andrea Livi Editore, 2001; Giovanni Colonna, Piceni popolo d'Europa, De Luca, 1999 (capitolo sulla lingua);
Secondo una recente pubblicazione, il numero delle iscrizioni sarebbe più alto, dopo i ritrovamenti di Norcia, Todi, Sulmona e Amiternum. Si veda: Lucia Arbace, Valentina Belfiore (a cura di), Il Museo archeologico nazionale d'Abruzzo Villa Frigerj a Chieti, serie Quaderni del Polo museale dell'Abruzzo, vol. 2 (p. 34 e fig. 29). ISBN 9788897131199
Come nell'iscrizione della statua di Capestrano e nella pisside di Campovalano.
Il numero delle parole leggibili, perché intere o perché agevolmente ricostruibili, è tratto da: Raoul Zamponi, South Picene, Routledge, 2021 (tavola 1.1 - South Picene inscriptions). Le date mancanti nei testi già citati, sono tratte da: Anna Dionisio, Alfabeti e lingue dell'Italia medioadriatica, Acaemia.edu
Una delle prime iscrizioni rinvenute, fu trovata nel 1847 demolendo un muro di pietra. Il proprietario la pose a sostegno dell'argine di un torrente ed è andata perduta alla fine dell'800. Fortunatamente il testo si è conservato grazie ad un calco eseguito con la carta.
Una copia moderna è stata posta nel paese di ritrovamento. Rinvenuta in località Montecalvo nel 1890, Si veda La stele di Castignano.
La stele fu ritrovata a Colle Ete, nei dintorni di Belmonte, nei terreni di proprietà del colono Lorenzo Vallesi, ed già in suo possesso nel 1886. Nel 1901 il monumento fu acquistato dal Ministero dell’Istruzione Pubblica– Direzione Antichità e Belle Arti. Pesa circa tre quintali e misura 2.12 x 0.75. Nel museo civico di Belmonte Piceno è esposto il calco storico della stele. Si tratta di quello realizzato per il Museo Archeologico Nazionale delle Marche e là esposto sino ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che colpirono il museo; l'allestimento era quello progettato dal primo soprintendente per le Marche e gli Abruzzi, Innocenzo Dall'Osso, instancabile archeologo e responsabile di un corposo arricchimento delle collezioni del museo archeologico di Ancona. Per i reperti importanti della civiltà picena esposti in altri musei, aveva fatto realizzare dei calchi. Si veda:
Innocenzo Dall'Osso, Guida illustrata del Museo Nazionale di Ancona con estesi ragguagli sugli scavi dell’ultimo decennio preceduta da uno studio sintetico sull'origine dei Piceni, stabilimento tipografico cooperativo, Ancona, 1915, ristampa anastatica 2006, Urbino;
In diverse fonti il luogo di ritrovamento è indicato con la grafia "Casteldieri"
La statua è stata ritrovata nel 1934, e su essa è presente una delle più antiche iscrizioni picene, insieme a quella delle pisside di Campovalano. L'iscrizione del Guerriero di Capestrano non presenta segni di interpunzione.
I due elmi con iscrizioni rinvenuti a Bologna e a Canosa di Puglia sono utili per lo studio della lingua, ma non per determinare l'area geografica in cui questa lingua si era diffusa, essendo oggetti mobili di cui è assai arduo identificare l'origine.
Anna Marinetti, L'iscrizione sudpicena sull'elmo da Bologna: una nuova proposta, in Rivista di epigrafia italica (pp. 384-391).
Ritrovata nel 1855.
Ritrovata nel 1943
Trovata sul Colle di Santa Caterina, nel 1955, dai fratelli Ermanno ed Enzo Astolfi.
Gabriella Giacomelli, Una nuova iscrizione picena, in Studi etruschi. Nell'articolo della Giacomelli si cita anche un'iscrizione picena non citata da altri: Si tratta di una pietra lunga forse 90 cm. e alta 40, posta a guisa di architrave sulla porta laterale di una chiesetta rustica. La località, a circa 14km a ovest di Ascoli Piceno e a un’altezza di forse 800 metri, è designata col vocabolo Scalelle, dovuto, sembra, al caratteristico terrazzamento naturale dei pendii che la circondano. È una zona brulla e assolata, completamente deserta, dominata dalla grandiosa visione del Monte Vettore
Alcuni pensano che si tratti di un'iscrizione in alfabeto piceno, ma in lingua gallica (dei Senoni che si stanziarono nelle Marche nel IV sec. a.C.). Si veda:
Raoul Zamponi, South Picene, Routledge, 2021 (p. 104);
Enrico Benelli, L’iscrizione di Fiordimonte: un documento epigrafico senone?, in E. Percossi Serenelli (a cura di), Pievebovigliana fra Preistoria e Medioevo, Loreto 2002, Comune di Pievebovigliana, pp. 69-73;
Come è tipico della formazione geologica "a colombacci", che deve il suo nome alla presenza di sottili strati calcarei di colore bianco ("colombacci") intercalati all'arenaria.
Il cippo di Cures è l'unica testimonianza scritta picena insieme al Guerriero di Capestrano a non presentare l'andamento bustrofedico dell'iscrizione, ma linee di testo separate da “a capo”. Museo di Fara in Sabina
Il cippo di Sant'Omero fu rinvenuto nel 1843 da Giovanni Spinozzi, a circa un chilometro ad est della masseria Branella, nei pressi di una tomba in un colle sovrastante la valle. È stato esposto al museo civico di Teramo almeno dal 1961, ma dai primi anni ottanta del Novecento è stato dato per disperso. Si veda: Raoul Zamponi, South Picene, Routledge, 2021 (tavola 1.1 - South Picene inscriptions). Nel 2021, dopo circa quarant'anni, è stato ritrovato tra altri reperti dimenticati di proprietà comunale. Si veda: Paola di Felice: il ritrovamento dei reperti... è una sconfitta (Comunicato stampa della direttrice del museo di Teramo).
Paola Di Felice (a cura di), La Stele di Bellante, Ricerche&Redazioni, 2021. ISBN 978-88-85431-44-7
Una delle più antiche iscrizioni picene, insieme a quella del Guerriero di Capestrano; le due parole, unite in scriptio continua, sono interpretabili come iscrizione di possesso
Le stele di Penna Sant'Andrea sono state ritrovate nel 1974 durante gli scavi della necropoli italica di Monte Giove,
Giovanni Cicconi, Notizie storiche di Loro Piceno, A. Giuffrè, 1958;
Le differenze nell'interpretazione principali sono:
segno interpretato da Anna Marinetti come [ś] e da Adriano La Regina come [h];
segno interpretato da Anna Marinetti come [h] e da Adriano La Regina come [ô]. Si veda:
Anna Marinetti, Le iscrizioni sudpicene. I: Testi, collana Lingue e iscrizioni dell'Italia antica, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1985;
Adriano La Regina, Il guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleo sabelliche, in Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini, ed. L. Franchi dell'Orto, Roma 2010
(IT) Laura Montagnaro, Sudpiceno, su mnamon.sns.it, Scuola Normale Superiore - Laboratorio di Storia, Archeologia, Epigrafia, Tradizione dell'antico, 2008-2017.
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