La lingua tracica, detta anche lingua tracia[1], trace o tracio[2], è una lingua indoeuropea estinta, un tempo parlata dagli antichi Traci, nell'area balcanica corrispondente grosso modo all'attuale Bulgaria e zone limitrofe (sud-est della Serbia, Repubblica di Macedonia orientale, Grecia nord-orientale, Turchia europea e parte di quella asiatica corrispondente all'antica Bitinia). Non sviluppò mai una propria scrittura ma si servì dell'alfabeto greco e, più tardi, di quello latino. La lingua trace nel V secolo era stata parzialmente latinizzata per cui la si può classificare come un "embrione" tra le prime lingue romanze balcaniche. Scomparve completamente agli inizi dell'VIII secolo con le invasioni degli Slavi (i quali, secondo lo storico Francis Conte, «sommersero la civiltà urbana dei Traci romanizzati con il loro numero, approfittando della scarsa protezione offerta dalle guarnigioni bizantine, al tempo impegnate nelle vittoriose campagne d'Occidente ordinate da Giustiniano nel 527-565»[3]).
![]() |
Questa voce o sezione sull'argomento linguistica è priva o carente di note e riferimenti bibliografici puntuali.
|
Tracico † | |
---|---|
Parlato in | Tracia |
Periodo | estinta dall'VIII secolo d.C. |
Locutori | |
Classifica | estinta |
Tassonomia | |
Filogenesi | Lingue indoeuropee Lingua tracica |
Codici di classificazione | |
ISO 639-3 | txh (EN)
|
Glottolog | thra1250 (EN)
|
Manuale |
Del trace si conosce poco perché le iscrizioni trovate sono poche e brevi ma su un certo numero di caratteristiche c'è accordo. Inoltre alcuni termini traci si trovano citati in antichi testi Thracian language - 3, le cosiddette glosse, in tutto una quarantina:
Alcune di queste glosse hanno una chiara etimologia indoeuropea:
In aggiunta ci sono molte parole (certe o probabili) che sono state ricavate da antroponimi, toponimi, idronimi, oronimi e altri elementi lessicali trovati nelle fonti classiche e bizantine (si veda anche la Lista di antiche città tracie):
Un'altra fonte per il vocabolario trace sono le parole di terminologia sconosciuta o incerta trovate in bulgaro, rumeno e macedone. Anche l'albanese è stato considerato una fonte perché considerato talvolta come discendente del daco o del trace, oppure dell'illirico con influssi daco-traci.
Sono stati proposti anche vocaboli traci a partire dal lessico greco antico. Elementi lessicali greci come "Dioniso" potrebbero derivare dal trace, come anche parole oscure come balios ("maculato, illuminato a chiazze"; < PIE *bhel-, "splendere"; Pokorny cita anche l'Illirico come possibile fonte), bounos, "colle, poggio", ecc.
Infine, un certo numero di probabili termini traci si trovano nelle iscrizioni (molte delle quali redatte in alfabeto greco su edifici, monete e altri manufatti).
Le seguenti sono le iscrizioni più lunghe conservate. I restanti sono per lo più singole parole o nomi su vasi e altri manufatti.
Sono state trovate solo quattro iscrizioni traci di qualsiasi lunghezza. Il primo è un anello d'oro trovato nel 1912 nel villaggio di Ezerovo (provincia di Plovdiv di Bulgaria); l'anello è stato datato al V secolo a.C.[4] Sull'anello si trova un'iscrizione scritta in caratteri greci e composta da 8 righe, l'ottava delle quali si trova sul bordo, il bordo, del disco rotante ; si legge senza spazi tra: ΡΟΛΙΣΤΕΝΕΑΣΝ / ΕΡΕΝΕΑΤΙΛ / ΤΕΑΝΗΣΚΟΑ / ΡΑΖΕΑΔΟΜ / ΕΑΝΤΙΛΕΖΥ / ΠΤΑΜΙΗΕ / ΡΑΖ // ΗΛΤΑ
come Dimitar Dechev (germanizzato come D. Detschew) separa le parole così[5][6] ΡΟΛΙΣΤΕΝΕΑΣ ΝΕΡΕΝΕΑ ΤΙΛΤΕΑΝ ΗΣΚΟ ΑΡΑΖΕΑ ΔΟΜΕΑΝ ΤΙΛΕΖΥΠΤΑ ΜΙΗ ΕΡΑ ΖΗΛΤΑ cioè. Rolisteneas Nerenea tiltean ēsko Arazea domean Tilezypta miē era zēlta proponendo la seguente traduzione:
Una seconda iscrizione, finora indecifrata, è stata rinvenuta nel 1965 nei pressi del villaggio di Kyolmen, Comune di Varbitsa, risalente al VI secolo a.C. Scritta in una variante dell'alfabeto greco, è forse un'iscrizione stele tombale simile a quelle frigie; La trascrizione di Peter A. Dimitrov è:[7]
cioè.
Una terza iscrizione è ancora su un anello, trovato a Duvanlii, Comune di Kaloyanovo, accanto alla mano sinistra di uno scheletro. Risale al V secolo a.C. L'anello ha l'immagine di un cavaliere con l'iscrizione che circonda l'immagine. È solo parzialmente leggibile (16 su 21 iniziali):
cioè.
Il significato dell'iscrizione è "Cavaliere Eusie proteggi!"
Se questa lettura è corretta, la parola tracia mezenai potrebbe essere affine all'illirico menzanas (come in "Giove/Giove Menzanas" 'Giove dei puledri' o 'Giove su un cavallo');[10] all'albanese mëz 'puledro'; al rumeno mînz 'puledro'; al latino mannus 'piccolo cavallo, pony';[11][12] al gallico manduos 'pony' (come nel nome della tribù Viromandui[13] 'uomini che possiedono pony').[N 1]
Nella lingua trace ci sono abbastanza esempi con caratteristiche satem da includere questa lingua nel gruppo satem delle lingue indoeuropee. Il trace è spesso considerato come appartenente allo stesso ramo linguistico del daco (considerato un dialetto settentrionale del trace), sebbene alcuni tracologi (linguisti specializzati nello studio del trace) pensino che il daco appartenga a un ramo diverso. Alcuni studiosi vedono una relazione fra il trace e la lingua macedone antica, o il frigio.
I vecchi modelli spesso collegavano il trace con l'illirico ma studi recenti non hanno confermato questa relazione. Sono state proposti collegamenti fra il trace e varie lingue indoeuropee tuttora vive, ma sono connessioni difficili da provare, a causa dello scarso materiale linguistico trace sopravvissuto. In particolare si è posta l'attenzione su somiglianze fra il trace e le lingue armena, albanese, balto-slave e greca antica.
I tracologi hanno suggerito che il trace e l'albanese siano lingue sorelle, e ci sono alcuni termini collegati fra trace e albanese, ma questo potrebbe indicare solo una interazione tra i gruppi e non un'affinità tra le due lingue (v. Hemp et al.). Ci sono stati significativi cambiamenti nell'albanese dai tempi del trace, e un collegamento col trace è difficile da dimostrare. Tuttavia, la possibile relazione fra trace e albanese è ancora oggi presa in considerazione.
C'è un ristretto numero di forti correlazioni fra trace e albanese: l'iscrizione trace mezenai sull'anello d'oro di Duvanli è stata unanimemente collegata all'albanese mëz (=puledro), come anche al rumeno mânz (=puledro), e c'è accordo sul fatto che il trace mezenai significhi 'cavaliere'; il trace manteia (=mora) si pensa sia collegato all'albanese man (=mora di gelso). Potrebbe essere connesso anche allo slavo mantiya (=mantello). Sorin Paliga, un linguista dell'accademia di Bucarest, recentemente ha collegato il rumeno buza (=labbro) e l'albanese buzë (=labbro) ai nomi personali traci Buzas, Buzo, Buzes. Questa parola esiste anche in bulgaro nel quale ha il significato di 'guancia', e in macedone con il significato di 'labbro').
Nel 1960 Vladimir Georgiev pubblicò il suo articolo La genesi dei popoli balcanici nel quale proponeva che daco e trace appartenessero a due rami indoeuropei diversi. Nel 1975 Ivan Duridanov pubblica il suo saggio Ezikăt na trakite ('La lingua dei Traci') nel quale un certo numero di parole traci (certe o presunte) vengono fatte corrispondere a veri o presunti termini balto-slavi correlati.
Usando come base il saggio di Duridanov, negli anni ottanta e novanta il linguista Harvey E. Mayer sostenne che il trace fosse una lingua baltoide meridionale.
Il linguista Mario Alinei recentemente (2003) ha pubblicato un articolo che sostiene che il trace sia più vicino al gruppo slavo che a quello baltico.
Non c'è accordo su quanto e se il trace sia vicino al gruppo balto-slavo. Molti tracologi pongono il trace in un proprio ramo linguistico satem, che potrebbe aver condiviso un numero di punti in comune con il gruppo balto-slavo, l'albanese e il frigio.
Sebbene sembrino esserci davvero molte correlazioni fra il gruppo balto-slavo e il trace, non ci sono state finora prove conclusive a sostegno di una stretta correlazione fra il trace e il balto-slavo, e le più lunghe iscrizione traci conosciute non sono per niente vicine alle lingue baltiche, slave o di qualsiasi altra lingua conosciuta, e infatti non sono state decifrate a parte forse qualche parola.
Recentemente Sorin Olteanu, un tracologo rumeno, ha avanzato l'ipotesi che il trace (come anche il daco) sia stata una lingua centum nel suo primo periodo, e che poi abbia sviluppato caratteri satem con il passare del tempo . Uno degli argomenti a sostegno di questa idea è che ci sono molte parentele fra il trace e il greco antico. Ci sono anche parole di sostrato nel rumeno che sono citate come prove della relazione genetica del trace con il greco antico e la Lingua macedone antica (l'estinta lingua o dialetto greco dell'antica Macedonia).
Il greco stesso potrebbe essere raggruppato con il frigio e l'armeno, in passato entrambi raggruppati con il trace.
La lingua dei Traci aveva superato indenne l'influenza culturale greca e quella politica macedone, ma si continuò ad usare anche durante l'era romana. Nei primi anni dell'era volgare (fra il 15 e il 20), Ovidio in esilio a Tomis (l'odierna Costanza) scrive in una delle lettere dal Ponto (4, 19-20) di aver composto delle poesie in getico sermone, cioè nella lingua dei Traci. Sembra che nel VI secolo la tribù dei Bessi parli ancora il trace in base a due notizie che li riguardano: infatti il monaco Teodosio scrive che i Bessi cristiani pregano nella loro lingua, mentre Giordane dice che essi chiamano Hister (Istro) il Danubio. Che si tratti del trace anziché di un latino volgare locale lo si può desumere da certi indizi nella toponomastica locale che inducono a pensare che la trasmissione dei toponimi avvenne direttamente dai parlanti del trace a quelli slavi, senza mediazione di un'altra lingua (ad esempio il nome trace della città di Pulpudeva diventò lo slavo Plavdiv e poi Plovdiv, il fiume Jatrus diventò lo Jantra, il Rodope rimase inalterato nel passaggio dal trace allo slavo). Non sappiamo però né quale fosse la proporzione tra parlanti traci e latini nella regione, né quando esattamente si sia estinto il trace. Quello che è certo è che la slavizzazione della regione (iniziata nel 581) portò alla totale scomparsa del trace (l'ultima menzione di un nome trace è del cronista bizantino Teofane e risale al 710).
Le vocali sono quattro e brevi: "a", "e", "i", "u". Nella /a/ del trace si sono unite le /a/ e la /o/ indoeuropee, probabilmente perché aveva una pronuncia particolare, intermedia tra la /a/ e la /o/. Se ne hanno degli indizi nelle trascrizioni alternate (greche e latine) di alcuni nomi, come Mētokos e Mētakos oppure Porólissos e Pralisenses.
Il trace è una lingua satem, nella quale le velari si palatalizzano e le labio-velari diventano velari delabializzate: *k > /s/ e *kw > /k/. Le occlusive sonore aspirate diventano sonore. Georgiev e Duridanov avevano proposto una rotazione consonantica nel trace in base alla quale le sonore sarebbero diventate sorde e le sorde sarebbero diventate sonore aspirate, ma il materiale raccolto da Mircea-Mihai Radulescu pare abbia smentito questa teoria.
Le sonanti vocalizzano con timbri anteriori oppure posteriori:
![]() |