I dialetti campani sono parlati in quasi tutta la Campania, nel Lazio meridionale, nella bassa valle del Volturno in Molise, negli alti monti della Daunia in Puglia e nell'estremità occidentale della Basilicata (ad eccezione di qualche isola linguistica arbëreshë o francoprovenzale lungo il confine campano-pugliese).
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Giovan Battista Pellegrini, La Carta dei Dialetti d'Italia, Pacini editore, 1977.
Manuale
Se ne distinguono cinque tipi fondamentali: il dialetto laziale meridionale, il dialetto beneventano, il dialetto napoletano (dalla cui forma antica ha tratto origine la lingua napoletana), il dialetto irpino (di cui l'arianese costituisce una forma particolare) e il dialetto cilentano (di cui il cilentano meridionale costituisce una forma peculiare). Tuttavia, se si tiene conto delle dimensioni di variazione idiomatica, non bisogna concepire tali dialetti come delle varietà linguistiche unitarie e univocamente circoscritte a singole aree geografiche, ma piuttosto come un continuum di varietà, il cui contatto reciproco (nonché il contatto con gli altri gruppi dialettali italoromanzi) è determinato da diversi fattori geografici e socio-economici; tale fenomeno è definito variazione diatopica dagli studiosi della geografia linguistica.
Diffusione
Diffusione in Campania
Nell'ambito della regione Campania i dialettologi enumerano quattro idiomi fondamentali[1]:
napoletano, parlato nella città di Napoli (già capitale del Regno dal XIII al XIX secolo) e in numerosi territori circostanti, anche al di fuori della città metropolitana; presenta molte varietà, ampiamente diffuse nei distretti vulcanici e nelle aree di pianura, così come nella fascia costiera e nelle prospicienti isole dell'arcipelago;
beneventano, parlato a Benevento (città appartenuta per lunghi secoli allo Stato della Chiesa) e in parte della relativa provincia; è relativamente uniforme. Secondo una minoranza di linguisti (tra cui il Pellegrini) costituirebbe una semplice varietà del dialetto irpino;
irpino, parlato nella regione storica dell'Irpinia, ossia nelle aree interne e montuose dell'Appennino campano; è alquanto eterogeneo. L'arianese ne costituisce una peculiare forma di transizione verso i dialetti pugliesi, anch'essi peraltro appartenenti al dominio alto-meridionale;
cilentano, diffuso nel Cilento e nel Vallo di Diano, ai margini dell'Appennino lucano. È pure piuttosto eterogeneo; il cilentano meridionale ne costituisce una peculiare forma di transizione verso il gruppo dei dialetti meridionali estremi.
Diffusione fuori regione
I dialetti del Lazio meridionale sono generalmente inclusi nel gruppo dei dialetti campani (salvo distinguo da fare località per località[3]) poiché il Lazio meridionale in epoca post-unitaria faceva parte della provincia di Terra di Lavoro (e ancor prima del regno delle due Sicilie): ad esempio è il caso di Cassino, Formia, Fondi, Gaeta, Itri, Minturno[4] oltreché delle isole Pontine.[5] In effetti si tratta di dialetti molto prossimi agli altri dialetti campani, anche se non manca qualche influsso abruzzese e delle parlate laziali centro-settentrionali (nello specifico delle aree centro-settentrionali delle province di Frosinone e Latina).
Tra i dialetti campani sono inoltre incluse:
talune parlate locali nell'estremità sud-occidentale del Molise (valle del Volturno, già parte dell'antica Terra di Lavoro, al confine con l'odierna Campania);
alcune parlate dei comuni pugliesi interni dei monti della Daunia (settore sud-occidentale della provincia di Foggia), appartenuti fino alla prima metà del Novecento alla provincia di Avellino (già Principato Ulteriore);
talune parlate dei comuni lucani occidentali che in tempi più o meno lontani hanno fatto parte del Principato Citeriore (corrispondente all'attuale provincia di Salerno).
Sono infine presenti talune isole linguistiche in cui vengono parlati dialetti campani, attestate da studi empirici:[6]
Per avere un riferimento sulla complessità e la frammentazione linguistica dell'area: G. Di Massa, I dialetti della Ciociaria attraverso la poesia, Tecnostampa, Frosinone 1990; F. Avolio Il confine meridionale dello Stato Pontificio e lo spazio linguistico Campano, "Contributi di filologia dell'Italia mediana VI" 1992; A. Schanzer, Per la conoscenza dei dialetti del Lazio sud-orientale: lo scadimento vocalico alla finale (primi risultati) , "Contributi di filologia dell'Italia mediana III" 1989.
Il circondario di Minturno, nel territorio della provincia di Latina, presenta marcate affinità linguistiche con i dialetti italiani mediani, come l'assenza dello scevà e la metafonia sabina propria dei dialetti laziali centro-settentrionali, nonché l'articolo determinativo singolare maschile di area mediana gliù e i troncamenti verbali, come sto a fa' per sto a fare (cfr. B. Fedele, Minturno: storia e folklore, CAM, Napoli 1958, p. XIII). In particolare, per gli adiacenti tenimenti di Castelforte e Santi Cosma e Damiano, che presentano anch'essi alcuni caratteri mediani, cfr. R. Di Bello, Suio, borgo medioevale: glió paese meio, Kennedy, Castelforte 2004; A. Di Tano, Il nostro linguaggio dialettale, Edizioni Emmegi, Castelforte 2007.
Ampiamente studiato in Fonologia del dialetto di Sora di Clemente Merlo, fra i primi testi di linguistica e fonologia in Italia
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