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Il piemontese (nome nativo piemontèis, [pjemʊŋˈtɛi̯z]) è una lingua romanza[3][4][1] appartenente al gruppo delle lingue gallo-italiche parlate nell'Italia settentrionale.

Piemontese
Piemontèis
Parlato in Italia
Argentina
Regioni Piemonte, eccetto comuni walser di Valsesia e Ossola, Novarese orientale, Novese, Ovadese, Tortonese e Verbano-Cusio-Ossola (nelle aree arpitane e occitane e nell'Alta Val Tanaro, il piemontese è parlato accanto rispettivamente a francoprovenzale, occitano e ligure)
Liguria (alta Val Bormida in provincia di Savona)
Lombardia (Lomellina occidentale)
Valle d'Aosta (bassa valle)
Locutori
Totale700 000[1] - 2 000 000[2]
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue italiche
  Lingue romanze
   Lingue italo-occidentali
    Lingue gallo-iberiche
     Lingue galloromanze
      Lingue gallo-italiche
       Piemontese
Codici di classificazione
ISO 639-2roa
ISO 639-3pms (EN)
Glottologpiem1238 (EN)
Linguasphere51-AAA-of
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Tùit j'uman a nasso lìber e uguaj për dignità e drit. A l'han na rason e na cossiensa e a l'han da comportesse j'un con j'àitr con ëspìrit ëd fradlansa.
Distribuzione della lingua piemontese in Europa:

     Aree dov'è parlato il piemontese (inclusi i comuni in cui la presenza di occitano e arpitano è attestata solamente de iure)

     Aree dove il piemontese coesiste con altre lingue (occitano, arpitano ed alemanno) e aree di transizione linguistica (con il ligure e il lombardo)

Ël drapò, bandiera ufficiale della Regione Piemonte
"Ël drapò", bandiera ufficiale della Regione Piemonte

Il piemontese è una lingua che possiede caratteristiche lessicali, fonetiche e morfo-sintattiche peculiari, che lo distinguono con una certa intensità all'interno del continuum, e lo differenziano nettamente dall'italiano[5] e dal francese, lingue a cui è sovente associato per via della storia linguistica e della posizione geo-storica del Piemonte. È anche lingua di raccordo tra il lombardo e l'occitano.

Nella regione Piemonte sono utilizzate storicamente ben otto lingue, di cui quella che prende il nome di "piemontese" è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa. La lingua piemontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina.[6] Dal punto di vista genealogico, il piemontese deriva dalla lingua latina innestata sul leponzio e l'antico ligure dopo l'occupazione romana del Piemonte, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali.

Come lingua scritta il piemontese si usa fin dal XII secolo (Sermoni subalpini), ma una vera koinè per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento, epoca che vide la nascita di una letteratura a carattere nazionale che toccò poco per volta tutti i generi: dalla lirica al romanzo, alla tragedia e all'epica.[7] La grafia piemontese si basa sulla tradizione del Settecento; tuttavia dal Novecento gode di una normazione più precisa e completa che ha dato un non piccolo contributo alla stabilità e all'unità della lingua, contribuendo inoltre a codificare anche alcune varietà orali che avevano avuto tradizioni letterarie scarse o assenti.

Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il piemontese è materia di ricerca del Centro Studi Piemontesi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo nel 1969, che conduce ricerche sulla lingua, la letteratura e le sue varietà, e organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.


Caratteristiche



Fonetica



Morfologia e sintassi



Sostantivi e aggettivi


Pronomi personali


Pronomi ed avverbi interrogativi


Verbi


Preposizioni


Diffusione e limiti geografici


In Piemonte si parlano 6 tipi linguistici differenti. Di conseguenza, l'area in cui si parla la lingua piemontese, pur essendo piuttosto vasta, non coincide con l'intera superficie della regione Piemonte.[8] Tutta la provincia del VCO, amministrativamente piemontese, è infatti di parlata lombarda, eccetto Formazza e Macugnaga, che sono colonie di lingua walser, come anche Alagna e Rimella in Valsesia.

La Provincia di Novara è invece interessata dal confine tra il piemontese e il lombardo. L'ultima fascia di comuni che porta in modo variabile i tratti piemontesi è quella compresa tra il corso della Sesia e dell'Agogna, che sono gli ultimi classificabili come effettivi piemontesi prima di cedere il passo ad un dialetto di transizione per poi cederlo al lombardo.

Questi comuni sono gli ultimi che praticano l'enclisi dei pronomi con i participi passati, la vocalizzazione della "L" (come càud vs. cald dal latino CALIDU), la sesta persona indicativa in -o (lor i canto vs. lor i càntan), i dittongamenti piemontesi (candèila, sèira e non "candèla, sèra" o candira, sira, tipici lombardi) mentre immediatamente a est compaiono con forza tratti lombardi come la conservazione delle occlusive intervocaliche che in piemontese cadono (dismentigà vs. dësmentié), gli infinitivi terminanti per consonante (vess, scriv), il tipo pronominale luu/lee al posto di cëll/cëlla oltre ad usi lessicali tipicamente lombardi (mett e non più il piemontese buté, trà e non più il piemontese campé, botelia e non più il piemontese bota).

Lingue autoctone della provincia di Alessandria      ceppo piemontese      ceppo ligure      tortonese
Lingue autoctone della provincia di Alessandria

     ceppo piemontese

     ceppo ligure

     tortonese

Di contro al valsesiano e al novarese occidentale, che sono i dialetti più lombardi del piemontese (conservano infatti alcune occlusive intervocaliche, il pronome dativo-locativo ghë anziché il tipo lenito piemontese jë/ië, usano frequentemente la negazione lombarda mia, e possiedono ovvie vicinanze nel lessico), alcuni tratti piemontesi si rinvengono nel Cusio e nella città di Novara, residui tuttavia in un tipo di parlate già lombardo (tra questi, la vocalizzazione della L, diffusa in Cusio e nell'Alto-Novarese, la quarta persona terminante per -oma, il plurale femminile terminante per vocale, i dimostrativi del tipo col, cost che iniziano per ['kʊ-], localmente anche l'esito palatizzato in "-é" del latino -ARE, invece dell'"-à" che è dominante nel tipo lombardo, e i giorni della settimana piemontesi non terminanti per "dì").

Verso sud, il Po segna il confine tra piemontese e lombardo. Si trovano tratti piemontesi anche nella Lomellina occidentale, in particolare per la coniugazione verbale a Candia e Breme, ma subito a est i tratti lombardi sono in tutto dominanti, a parte la caduta di alcune occlusive intervocaliche che compare ancora. Si ha di fatto un dialetto piemontese che conserva alcune occlusive (il valsesiano) e un dialetto lombardo che le fa cadere alla piemontese (il lomellino occidentale). In ogni caso coincidono con questo tratto del Po da Casale a Valenza le isoglosse della vocalizzazione di L, della negazione post-verbale nen(t) ( in Lomellina) e dell'uso del verbo travajà contro il lombardo lavorà. Si noti che in questa zona su entrambe le sponde, sia quella lomellina che quella monferrina, l'infinitivo derivato da -ARE non è palatizzato alla piemontese.

In provincia di Alessandria sono presenti forti interferenze fra tre ceppi: piemontese, ligure ed emiliano. Il limite del piemontese è posto all'incirca lungo il corso della Scrivia e quello dell'Orba, lungo i quali s'interrompono in modo abbastanza improvviso i tratti che caratterizzano il monferrino come piemontese: rispetto al tortonese l'assenza della coniugazione in consonante (scrivi vs. scriv), il plurale femminile vocalico e non adesinenziale (ël dòni vs. i donn), la seconda persona singolare vocalica e non adesinenziale (ti it canti vs. ti it cant), e rispetto alle varietà di tipo ligure la concomitanza di vocali finali al maschile (es.: binel/binej vs. binello/binelli) e il trattamento ligure dei nessi consonantici latini PL-, BL- e FL- (pian, bianch e fior vs. cian, gianco e sciô). Esistono dialetti liguri con vocali finali ma con un trattamento più gallo-italico di tali nessi.[9] Ne risulta che nelle città di Novi Ligure e Ovada, oltre alle valli Scrivia, Borbera e alte valli del Curone e del Grue, si parla ligure (sono passate ad Alessandria solo dal Decreto Rattazzi del 1859).

Descrizione del Piemonte e della Liguria occidentale, secondo la Legge 482/99 e Chambra d'Oc, confrontata con la descrizione del medesimo settore secondo gli studi linguistici totali o parziali effettuati nella zona dagli anni '70 del XX secolo a oggi.
Descrizione del Piemonte e della Liguria occidentale, secondo la Legge 482/99 e Chambra d'Oc, confrontata con la descrizione del medesimo settore secondo gli studi linguistici totali o parziali effettuati nella zona dagli anni '70 del XX secolo a oggi.

Per un breve tratto da Molare a Pareto il confine linguistico segue quello amministrativo, mentre più a ovest si apre un'ampia zona di transizione compresa nella provincia di Savona costituita dall'alta Val Bormida. Il dialetto locale tratta i tre nessi latini PL, BL, FL, alla ligure (cian, gianch, sciô), e possiede una fonetica ligure arcaica e fortemente rotacizzata[10], ma frammista a forti caratteri piemontesi, che si ritrovano nella perdita delle vocali finali, nella coniugazione dei verbi (es. 1ª persona plurale: i mangioma, e 3ª plurale: i vordo), nella morfo-sintassi e nel lessico: trattamento dei nessi latini -CT alla maniera monferrina (es. facc, dicc, nœcc ), negazione post-verbale nàint, prima coniugazione in "-é", lessico come buté, travajé. Questa zona è stata per molto tempo nell’orbita del Monferrato e dell’alessandrino, e questo legame non è venuto meno fino ai primi anni del '800, quando ancora faceva parte della provincia di Alessandria.

Più ad ovest, in l'Alta Val Tanaro da Pievetta di Priola a monte, si incontra un altro dialetto di transizione, ma che in questo caso è nettamente ligure per via della combinazione tipicamente ligure dei nessi e delle vocali finali al maschile[11], mentre sono monregalesi arcaiche Viola e Pamparato (CN), e sono piemontesi alto-langaroli Bagnasco, Massimino (SV) e i paesi dell'alta Langa, dove si possono ancora incontrare due tratti recessivi di transizione: la palatizzazione ligure di PL in C dolce e i fonemi [ʃ], e la conservazione delle consonati [ts] e [dz] che il piemontese standard ha perso.[12]

A ovest il dominio linguistico piemontese si arresta prima del crinale alpino e del confine con la Francia: nelle valli cuneesi occidentali, nelle valli saluzzesi e nelle valli valdesi della provincia di Torino si parlano varietà di provenzale cisalpino, che presentano gradualmente alcuni tratti tipici transalpini (per questo è di recente uso il termine di valli occitane). A Coazze, nei dintorni di Susa, nelle tre Valli di Lanzo, in alta valle Orco e in Val Soana si parlano varietà collegate in modo più o meno stretto con i parlari arpitani della Valle d'Aosta e della Savoia.

Il carattere delle parlate alpigiane, sebbene sia già accomunabile ai tipi transalpini, presenta vari elementi endemici di transizione con il piemontese, per esempio il pronome mi al posto dell'occitano ieu, oppure la comparsa molto graduale di plurali sigmatici (la fnetrelo pl. la fnetrela e non subito las fnetrelas) e di nessi consonantici (nelle valli valdesi compare la forma ['kjaw] per il latino CLAVE, che è intermedia tra il nesso conservato occitano ['klaw] e il nesso palatizzato piemontese ['tʃaw] ciav). Inoltre nel corso del Novecento le trasformazioni che hanno interessato la società di montagna hanno giocato a sfavore dei patois locali, tanto che il piemontese di koinè per un breve periodo alla fine del Novecento è stato la lingua più parlata fino alla cresta alpina, finché non è stato l'italiano a sovrapporsi e indebolire entrambe.

Per i movimenti socio-economici passati, è comune incontrare il piemontese di koinè anche nei principali centri del fondovalle valdostano fino ad Aosta.[13][14]


Varietà e koinè


varietà geografiche del piemontese
varietà geografiche del piemontese

Suddivisione


L'area linguistica di tipo piemontese presenta alcune variazioni su temi fonetici, morfo-sintattici e lessicali, dovute ad asincronie più o meno vistose, od originati dal contatto che solo alcuni dialetti hanno avuto con le lingue adiacenti. I tratti che solo alcuni dialetti condividono con il lombardo si irraggiano dalla Lombardia alla Dora Baltea (nel quadrante nord-est) e dalla provincia di Pavia al Monferrato (nel quadrante sud-est). I tratti coerenti con il franco-provenzale sono molto scarsi e recessivi, e si concentrano in Val di Susa e Canavese. I tratti di contatto con l'occitano coinvolgono la pianura occidentale, compresa la città di Torino. L'ampia regione collinare del basso Piemonte presenta l'articolo o, i rotacismi in [ɹ] evanescente, forti velarizzazioni della [a] e altri tratti coerenti con il ligure di natura quasi esclusivamente fonetica.

Sono state proposte varie suddivisioni, in particolare quella di Biondelli 1853 appare superata in molti punti. Biondelli divideva in "pedemontano", "valdese", "alpigiano", "canavesano" e "monferrino". Modernamente i gruppi "alpigiano" e "valdese" sono attribuiti alle lingue transalpine tout-court, mentre il canavesano, nell'accezione moderna, non comprende più il vercellese ed il biellese, come sosteneva Biondelli. Il raggruppamento dialettale più condiviso è tripartito in:

Le definizioni classiche per i due settori del piemontese sono Alto-Piemontese (per quello occidentale) e Basso-Piemontese (per quello orientale) in riferimento al corso del fiume Po[16]. La koinè, essendo fondamentalmente una lingua comune e letteraria è considerata spesso al di sopra di questi gruppi, sebbene sia a base torinese e quindi occidentale/alto-piemontese.


Tratti differenti


Il piemontese orientale è una varietà foneticamente più evoluta dell'occidentale.

L'evoluzione fonetica più vistosa è la palatalizzazione di [-jt] e [t] a [t͡ɕ], e di [-jd] a [d͡ʑ]. Per esempio làit, tùit occidentali diventano lacc, tucc orientale, frèid occidentale diventa fregg o frecc orientale, lét occidentale diventa lecc orientale. In linea di massima si tratta di un automatismo, ma presenta alcune eccezioni o differenze ulteriori, per esempio neuit diventa regolarmente neucc nel quadrante sud-est, ma nócc nel quadrante nord-est, per influenza lombarda. Un'altra influenza lombarda si ritrova quando l'occidentale veuid in oriente diventa veuj. Altre parole usate anche in Piemonte orientale ma di derivazione occidentale non presentano il fenomeno, quindi deuit rimane uguale sia ad est sia ad ovest.

Un'altra differenza a questo riguardo riguarda alcune parole di uso comune: il nesso latino CL [kl] in corpo di parola è passato a [gl], poi a [ʎ] e infine a [j], come avvenuto in Francia e nella penisola iberica. Questo non è avvenuto in oriente dove si è seguita l’evoluzione cisalpina, in modo che si è evoluto in [c] o [ɟ], e successivamente in [t͡ɕ] o [d͡ʑ ]. Si hanno così euj, vej e parèj (/øj/, /ʋɛj/, /paɾɛj/) nell’ovest; eucc, vegg e parègg (/øtɕ/, /ʋɛtɕ/, /paˈɾɛtɕ/) nell’est.

In gran parte del piemontese orientale le -e a fine di parola pronunciate ad ovest diventano -i: sia le <-e> degli infinitivi di seconda coniugazione (essi, scrivi e non esse, scrive, ciò vale per ampie zone dell'area Cuneese), sia le <-e> dei plurali femminili (dòni o fomni e non dòne o fomne), sia le <-e> delle seconde e quinte persone verbali. Questo tratto basso-piemontese è tuttavia precoce, tanto che già a Torino è presente per gli infinitivi e le seconde persone verbali, ma non per i plurali femminili. Si può osservare la forte evoluzione fonetica anche da tratti più circoscritti, per esempio in Monferrato le lenizioni vocaliche sono più stringenti (dman e non doman, cla e non cola come nel saluzzese), e nel Monferrato ma anche nelle Langhe la pronuncia della [y] si è tanto ristretta da ruotare in una [i]. Questa rotazione si è prestata ad ulteriori variazioni, come nell'alto monferrino (buta>bita>béita ['byta]>['bita]>['bejta]).

Una variazione morfologica che divide nettamente est ed ovest è la coniugazione indicativa imperfetta dei verbi irregolari. In occidente è in uso la gamma di desinenze <-(as)ìa> o <-(is)ìa>, mentre in oriente è utilizzata la stessa gamma <-ava>/<-iva> dei verbi regolari. Per i verbi "fare, dare, stare, andare, dire, avere, sapere" l'imperfetto occidentale è fasìa, dasìa, stasìa, andasìa, disìa, avìa, savìa mentre l'imperfetto orientale è fava, dava, stava, andava, diva, ava, sava. Esiste una forma di raccordo fra le due nel fossanese, dove si usa "fasiva, disiva" ecc.

Comuni a tutto il piemontese orientali sono anche alcune differenze sul lessico, per esempio è in uso il tipo pianze invece di pioré, il tipo spussé invece di fiairé, il tipo dòna invece di fomna, il tipo fradel invece di frel, "seure " per seur. Un’altra differenza che distingue il piemontese orientale, e una parte dell’occidentale (fossanese e saviglianese) dal piemontese di koinè risiede nell'uso di una forma più simile a quella toscana della prima persona singolare dei verbi avere e sapere, i l'heu e seu in luogo di l'hai e sai. Esiste poi una fascia molto vicina al confine linguistico che non fa uso della negazione pa. Talvolta alla scomparsa di pa corrisponde l'uso del mia lombardo come negazione secondaria.

L'oriente, essendo più frammentato dell'occidente, contiene altri tratti diffusi però solo in zone circoscritte e non comuni a tutta l'area.

Il canavesano è un dialetto gallo-italico che si confronta con il dialetto piemontese occidentale, in quanto concorda con esso sui temi fonetici contrapposti al piemontese orientale. Concorda con il resto del piemontese sulla maggior parte del lessico, e ha sempre avuto un rapporto socio-linguistico con il torinese paragonabile a quello dei patoé delle vallate. I parlanti di canavesano praticano storicamente la diglossia tra piemontese di koiné e canavesano.

Presenta alcuni esiti fonetici concordi con il franco-provenzale, come per esempio l'esito ['wɛ] laddove il piemontese ha ['ɔj] (doèra e non dòira) e l'esito ['ɛ] laddove il piemontese ha ['aj] (per esempio fêt e non fàit, uêre e non vàire). Il canavesano adotta il carattere speciale <ê> per marcare proprio questa modifica del dittongo ài in e aperta. Tale grafema è necessario nello scritto per distinguere le coppie minime omofone che si vengono a creare in canavesano, come lét (letto) e lêt (latte).

Altra differenza dal piemontese è la conservazione delle R finali che il resto del piemontese ha perso (ciocher e non cioché, avèir e non avèj).

Tuttavia la variazione più improvvisa del canavesano risiede nell'infinitivo di prima coniugazione -ar, che diverge sia dal dialetto valdostano confinante, sia dal torinese e dal biellese, che presentano tutti l'infinitivo <-é>. Il dialetto a cui si raccorda questa caratteristica è il trinese, parlato al di là della Dora Baltea in una porzione della Provincia di Vercelli corrispondente in massima parte con i circondari del Principato di Lucedio, che fa da ponte tra l'<-ar> canavesano e l'<-à> basso monferrino, che a sua volta è in continuità all'<-à> lomellino e quindi lombardo. Sono invece coerenti con il dialetto valdostano la quarta e sesta persona di tutti i verbi, che terminano in <-en> (atono), invece che <-oma> e <-o> (per esempio nijêtr e cànten invece di nojàitr i contoma, nijêtr e fen invece di nojàitr i foma).


Koinè


La koinè piemontese (dal greco "lingua comune"), basata su una gamma di tratti torinesi, si è affermata con una certa stabilità tra il Settecento e la metà del Novecento, come codice regionale di prestigio. Questo processo di koinizzazione non è l'unico che si è verificato tra le lingue d'Italia non ufficiali, ma quello piemontese ha dimostrato un certo vigore a cui hanno contribuito l'alta omogeneità del dialetto della pianura occidentale ed il crescente ruolo strategico, politico e commerciale di Torino. La koinè parlata in ogni caso è un fatto distinto dal "piemontese letterario". Quest'ultimo è infatti un registro illustre utilizzato nella produzione scritta. La koinè parlata che ha avuto realmente presa sulla regione era caratterizzata come una varietà media di torinese "piccolo borghese", scevra di peculiarità lessicali e in fase di italianizzazione da alcuni decenni.

Il dialetto occidentale, con il triplice ruolo di lingua illustre, lingua comune e dialetto numericamente maggioritario, ha avuto una influenza variabile sui principali centri industriali, commerciali, amministrativi e culturali - dove si parlano varietà piemontesi differenti da quella di Torino - e i cui abitanti assumono caratteri torinesi che poi estendono al circondario. È così che le proprietà dei dialetti locali che non coincidono con i tratti di koinè vengono giudicate come rurali o arcaiche dai parlanti di dette comunità, che tendereanno a ridurle fino alla loro recessione[17].

Ciò è stato riscontrato a vario grado a Vercelli, Biella ed Asti, mentre Ivrea, Pinerolo, Lanzo e Susa (provincia di Torino) risultano ormai compatti con il torinese. Vi è poi una vasta zona di pianura, che comprende tre delle "sette sorelle" della Provincia di Cuneo (ovverosia Saluzzo, Cuneo e Savigliano) in cui si parla un dialetto (noto perlopiù come "alto-piemontese") che non si discosta molto dal torinese, fatta eccezione per alcune caratteristiche fonetiche e morfologiche, coincidenti in larga parte con le sue fasi più antiche[18][19].


Storia


Fra le lingue neolatine il piemontese, nella sua storia, è una delle lingue che si sono maggiormente complicate. Verso la fine del XVII secolo il passato remoto e il trapassato remoto erano già completamente estinti[20], successivamente è caduto l'articolo prima dell'aggettivo possessivo[21] e si sono sviluppate forme più semplici con indicativo e condizionale in alternativa all'uso del congiuntivo, soprattutto dei suoi tempi composti.[22]. Successivamente, con la massiccia penetrazione dell'italiano, il lessico italiano ha influenzato quello più proprio piemontese e così parole come per esempio ancreus, pertus, parpajon/parpajòla, frel, seure, barba, magna e adret sono state rispettivamente sostituite da profond[23], beucc, farfala, fratel, sorela, zìo, zìa e àbil.

Nel secolo XVIII venne stampata la prima grammatica della lingua piemontese (in piemontese: gramàtica piemontèisa) ad opera del medico Maurizio Pipino presso le Stamperie Reali (1783); però era incompleta. L'unica versione di una certa completezza è quella di Arturo Aly Belfàdel, pubblicata a Noale nel 1933. La Gramàtica Piemontèisa di Camillo Brero è scritta interamente in piemontese ed è ancora oggi un riferimento per la lingua letteraria.

Oggi sono disponibili diverse risorse sulla rete: un dizionario consultabile online[24] e alcune grammatiche, fra cui spicca una trilingue (in piemontese, italiano e inglese)[25]. Sulla rete la lingua piemontese si è ritagliata piccoli spazi in cui viene usata soprattutto per iscritto, contribuendo quindi a un avvicinamento di alcune persone a scrivere nella corretta grafia della koinè. Fra i pochi alfabetizzati si verifica inoltre un processo denominato dai linguisti Ausbauisation, o più semplicemente purismo, per cui si tende all'uso di parole autoctone o di derivazione francese, evitando l'uso di italianismi. Alcuni esempi possono essere malfé e belfé al posto di difìcil e fàcil, oppure belavans invece di purtròp o ancora nopà al posto di anvece. Un grande lavoro di ricerca e di riabilitazione del lessico più proprio del piemontese è partito con l'opera dei Brandé e prosegue tuttora. Un altro fenomeno a cui si assiste soprattutto nella Wikipedia piemontese, è quello della codifica di nuove parole per definire oggetti di recente invenzione. Per esempio per parlare di uno schermo piatto si è adottata la parola ecran o per definire il mouse si usa la parola rat, che vuol dire per l'appunto topo.[26] Un ulteriore fenomeno è quello sempre più marcato di includere le varianti in un'unica Dachsprache (dal tedesco "lingua-tetto") invece di tenerle divise. La lingua tetto accetta tutte le parole a prescindere dalla loro precisa provenienza geografica all'interno del territorio in cui si parla piemontese. All'interno della lingua tetto non sarà più tipicamente astigiano parlare di un ragazzo con la parola fanciòt, ma l'obiettivo sarà quello di rendere utilizzata e compresa la parola fanciòt da tutti gli alfabetizzati di ogni provenienza.[27]


Grafia e fonologia


L'attuale grafia del piemontese è stata introdotta negli anni trenta dallo scrittore e letterato subalpino Pinin Pacòt. Esistevano altri tipi di grafie, ancora oggi saltuariamente usate. L'alfabeto piemontese è costituito da 25 lettere, 4 in più rispetto a quello italiano (ë, j, n- e ò) con cui condivide la maggior parte delle caratteristiche; vi sono 8 vocali (a, e, è, ë, i, ò, o e u), le restanti lettere sono tutte consonanti; esiste anche il gruppo vocalico eu che è sempre tonico e si pronuncia con suono unico, esattamente secondo la pronuncia francese (es.: reusa, "rosa" in italiano; oppure cheur, "cuore"; oppure feu, "fuoco"; oppure cheuse, "cuocere"). La sua trascrizione fonetica è /ø/.

La pronuncia di ogni lettera è uguale a quella italiana con le seguenti eccezioni:

Esistono anche gruppi di lettere con specifiche caratteristiche di pronuncia:

e dittonghi:


Ortografia speciale per le varietà non di koiné[30]



Accentazione


Si segna l'accento tonico sulle sdrucciole (stiribàcola), sulle tronche uscenti in vocale (parlé, pagà, cafè), sulle piane uscenti in consonante (quàder, nùmer), sul dittongo ei quando e rappresenta /ɛ/ (piemontèis, mèis), sul gruppo ua quando la u vale /y/ (batùa), e su gruppi di i più vocale alla fine di una parola (finìa, podrìo, ferìe). L'accento si segna anche in pochi altri casi isolati dove non occorrerebbe per regola o per indicare eccezioni (tèra, amèra dove la e di sillaba aperta dovrebbe essere chiusa ma è aperta) e può facoltativamente segnarsi sulla e delle finali -et, -el per indicarne il grado di apertura (bochèt, lét). L'accento serve inoltre a distinguere alcune coppie di omografi ( = verbo, sa = "questa", = avverbio, la = articolo).


Grammatica


Il problema maggiore quando è stata scritta la prima grammatica piemontese era quello di giungere alla fissazione di una grafia chiara, semplice e rispondente sia alla storia sia alla struttura fonetica e morfologica della lingua e delle sue varietà.

La maggiore differenza tra l'italiano e il piemontese consiste nel fatto che il latino ha avuto nel Piemonte alterazioni ben maggiori che in Toscana: le parole piemontesi sono più brevi (es.: in piemontese si dice fnoj, maslé, plé, tajé che corrispondono all'italiano finocchio, macellaio, pelare, tagliare pur derivano tutte dal latino fenuculum, macellarius, pilare, taliare). I nessi latini -cl- e -gl- hanno dato luogo a /t͡ʃ/ e /d͡ʒ/ palatali: CLAMARE > ciamé ("chiamare"); GLANDA(M) > gianda ("ghianda"). Il nesso -ct- è passato a -it- (es.: LACTEM > làit) come in francese e portoghese, mentre in italiano si evolse in -tt- (es.: "latte"). Il piemontese ha nove suoni vocalici (/a/, /e/, /ɛ/, /ə/, /i/, /ɔ/, /ø/, /u/, /y/) di cui tre non trovano corrispondenza nei sette italiani. In seguito alla caduta delle vocali di fine parola, non esiste distinzione tra il singolare e il plurale dei nomi maschili, eccetto per quelli terminanti in -l. Inoltre, alcune parole che in italiano sono maschili, hanno invece ritenuto il genere femminile in piemontese: la fior ("il fiore"), la sal ("il sale"), la mel ("il miele"), la ram ("il rame"), et al.; esistono anche alcuni sostantivi che possono essere sia maschili che femminili, sono principalmente fenomeni atmosferici o entità astratte: la/ël càud ("il caldo"), la/ël frèid ("il freddo"), la/ël bin ("il bene"), la/ël mal ("il male"): a fa na granda càud ("fa un gran caldo"), a'm veul tanta bin ("Mi ama tanto, mi vuole tanto bene").


Articolo


Di solito posto davanti ad un sostantivo, talvolta aiuta a definirlo per caso o genere; può essere determinativo o indeterminativo, maschile o femminile, singolare o plurale.

TipoGenereNumeroArticoloEsempi
DeterminativiMaschileSingolareël ('l)
lë (l')
ël can; ciamé'l can
lë scolé; l'aso
Pluraleij ('j)
jë (j')
ij can; ciamé'j can
jë scolé; j'aso
FemminileSingolarela
(l')
la stòria
l'ongia
Pluralele
(j')
le stòrie
j'onge
IndeterminativiMaschileSingolareun ('n)
në (n')
un can; ciamé'n can
në scolé; n'aso
Pluraleëd ('d)
dë (d')
ëd can; ciamé'd can
dë scolé; d'aso
FemminileSingolarena
na (n')
na stòria; n'ongia
Pluraleëd ('d)
dë (d')
dë stòrie; d'onge

Verbi


In grassetto sono le forme regolari della norma letteraria, comuni a gran parte del dominio linguistico piemontese. Le altre sono forme locali, riportate con coerenza ortografica rispetto alla norma letteraria. La pluralità di forme (in generale sempre molto simili tra loro) è dovuta al fatto che alcune parlate piemontesi siano rimaste a uno stato più arcaico (come il canavesano) ed altre siano evolute più in fretta della lingua letteraria o abbiano subito influenze lombarde o liguri.

Verbi ausiliari

Verbo esse ("essere")

mi i son
ti it ses / ti it sèi
chiel/chila (cel/cëlla, lu/le) a l'é / o l'é
noi/nojàutri/nojàitr i soma / a soma / i sen
voi/vojàutri/vojàitr i seve / i sèi / sevi
lor/loràutri/loràitr a son / i én

Verbo avèj ("avere")

mi i l'hai / mi i l'heu / mi i l'ho / mi i j'ho
ti it l'has /ti it hèi
chiel/chila (cel/cëlla, lu/le) a l'ha
noi/nojàutri/nojàitr i l'oma /a l'oma / a l'en
voi/vojàutri/vojàitr i l'eve / i l'èi / levi
lor/loràutri/loràitr a l'han

Verbi regolari

Prima coniugazione: Verbo canté ("cantare")

mi i cant / canto
ti it cante / cantes
chiel/chila (cel/cëlla, lu/le) a canta
noi/nojàutri/nojàitr i cantoma / i canten
voi/vojàutri/vojàitr i cante/ canti
lor/loràutri/loràitr a canto / i canto

Seconda coniugazione: Verbo lese ("leggere")

mi i les / leso
Ti it lese / leses
chiel/chila (cel/cëlla, lu/le) a les
noi/nojàutri/nojàitr i lesoma / I lesen
voi/vojàutri/vojàitr i lese/ lesi
lor/loràutri/loràitr a leso / i leso

Terza coniugazione: Verbo fornir ("finire")

mi i fornisso / forniss
ti it fornisse / fornisses
chiel/chila (cel/cëlla, lu/le) a forniss
noi/nojàutri/nojàitr i finioma
voi/vojàutri/vojàitr i fornìsse/ fornisse
lor/loràutri/loràitr a fornisso / i fornisso

Letteratura


La prima testimonianza della formazione del volgare piemontese è ritrovata nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Vercelli ed è un mosaico del pavimento risalente al 1040. La seconda in ordine di tempo è l'iscrizione simile del 1106 nella Chiesa di Sant'Evasio a Casale Monferrato. La prima testimonianza consistente sono i "Sermon Supalpengh" (Sermoni subalpini) in lenga d'oé del 1150, conservati nella Biblioteca Nazionale di Torino, sono ventidue sermoni completi come commento alla liturgia scritti appositamente per la formazione dei cavalieri templari nelle 26 roccaforti piemontesi. Nel XII e XIII secolo presso le corti dei Marchesi di Saluzzo, Monferrato e Savoia, come presso le corti francesi, vengono accolte schiere di cantastorie chiamati "trovatori" che cantavano sui temi dell'amore cortese. L'unico cantastorie piemontese di cui ci sono arrivate delle opere è Nicoletto da Torino (Nicolet ëd Turin). Nei secoli successivi il piemontese inizia ad affermarsi come lingua amministrativa al posto del latino usato fino ad ora. Oltre alla letteratura religiosa quindi, vengono scritti in piemontese anche documenti ufficiali come atti notarili, carte commerciali, statuti di corporazioni e confraternite e brani storici, alcuni sono arrivati fino a oggi. Si sviluppa anche il teatro piemontese, principalmente con argomento religioso.

Con il diffondersi della cultura umanista, anche il piemontese vanta un autore importante, Giovan Giorgio Alione (Giangiòrs Alion d'Ast, 1460-1529), che in piemontese scrive la sua "Opera Iocunda", una raccolta di dieci divertenti farse. A partire dal XVII secolo il passato remoto e il trapassato remoto si estinguono definitivamente, così come nel corso della sua evoluzione il piemontese ha semplificato la gran parte dei verbi irregolari latini, infatti oggi fra tutte e tre le coniugazioni dei verbi del piemontese ci sono appena diciotto verbi irregolari più i loro composti. Dal XVII secolo la letteratura piemontese diventa più consistente perché è l'espressione di una nazione. La letteratura religiosa del Seicento è rappresentata dalle opere "ël Gelind" e "La Nativtà". In questo periodo nasce un tipico genere poetico piemontese, il "tòni". I tòni del periodo più importanti sono "La canson ëd Madòna Luchin-a", "La canson dij dësbaucià", "La canson ëd la baleuria" e "La canson dël tramué 'd Sant Michel". Della fine del 600 è la commedia "ël Cont Piolèt" del marchese Carlo Giuseppe Giovan Battista Tana (Carl Giambatist Tan-a d'Entraive) e da questa importante opera si afferma il teatro in piemontese.

Nel Settecento il piemontese era prima lingua per tutte le classi sociali, tanto da venire utilizzato come lingua di corte, di predicazione liturgica e d'insegnamento didattico.[32] Mentre nelle corti settecentesche d'Europa - addirittura a San Pietroburgo - si parla francese, a Torino no: questo in conseguenza del sentimento antifrancese dei piemontesi dovuto alle vicissitudini politiche. Il medico Maurizio Pipino (Maurissi Pipin) nel 1783 teorizza la lingua piemontese e ne scrive una grammatica, pronta per l'uso scolastico.
La letteratura viene anche usata per incentivare il sentimento nazionale: vengono quindi scritti componimenti poetici su argomenti di guerra per esaltare le gesta dell'esercito piemontese che resisteva alle pressioni dei francesi, per esempio il famoso "L'arpa dëscordà" (L'arpa discordata) sull'assedio di Torino del 1706. Trattano altri temi più divertenti Ignazio Isler (Ignassi Isler) nel suo "Cansoniè", raccolta di 54 tòni e Vittorio Amedeo Borrelli (Vitòrio Amedé Borej) nei suoi sonetti e tòni. Giuseppe Ignazio Antonio Avventura (Gep Antònio Ignassi Ventura) scrive composizioni di critica alla società contenenti idee rivoluzionarie, così come Edoardo Ignazio Calvo (Edoard Calv). Quest'ultimo è un personaggio molto singolare: medico, introduce il vaccino a Torino e in Piemonte. La sua polemica antifrancese viene espressa solo in piemontese e assume toni a volte satirici a volte drammatici e l'amore per la sua terra occupata da Napoleone lo ascrive al romanticismo. Il celebre Vittorio Alfieri (Vitòrio Alfer), letterato viaggiatore, ha scritto solo due sonetti in piemontese come difesa da un attacco personale che gli era stato rivolto, preoccupandosi tuttavia di attenuare gli influssi piemontesi e francesi nelle sue opere in lingua italiana.

Nella prima metà dell'Ottocento nel Parnas Piemonteis, raccolta letteraria pubblicata annualmente, vengono raccolte tutte le nuove proposte letterarie e la piccola patria piemontese si stringe attorno alle sue favole e alle sue fiabe tradizionali di Giuseppe Arnaud (Gep Arnaud): i valori proverbiali della società produttiva vengono sintetizzati in racconti brevi e con fini morali, e sono spesso antiche tradizioni orali che solo ora vengono trascritte in lingua letteraria. Questo genere rientra sempre nel romanticismo e può essere paragonato per tipologia e grazia, ma non per dimensione e successo, al ruolo che i fratelli Grimm hanno avuto nella Germania di quel periodo. Nella seconda metà dell'Ottocento il piemontese diventa l'unica lingua possibile per i realisti subalpini: le storie di tutte le classi sociali (baròt, bajet, travet e sgnor, contadini, soldati, impiegati e aristocratici) vengono ritratte in commedie, sonetti e prose (anche romanzi), di cui la più celebre e di successo è stata Le miserie 'd monsù Travet, sulla vita di uno scapestrato impiegato di Torino che per sfuggire a vessazioni e pregiudizi della borghesia preferisce l'indipendenza del fare il libero professionista di classe bassa, il fornaio. Contemporaneamente la poesia d'amore in piemontese sviscera i sentimenti più profondi di molti autori e la semplicità dell'amore adolescenziale.

Ma già a fine ottocento inizia a emergere un fattore che via via si ingigantirà sempre di più. Autori come Arrigo Frusta si rivendicano: non si sentono più al sicuro come piemontesi in Piemonte, sentono l'arrivo dell'italiano e Torino declassata a provincia di confine come minacce alla loro identità. Ancora sentono la forte necessità di preparare la lingua a resistere alla minaccia: L'Aso e Ij Brandè sono riviste e giornali pubblicati per anni interamente in piemontese. Giuseppe Pacotto (Pinin Pacòt) porta avanti nella prima metà del Novecento intensi studi filologici e si codifica con maggiore precisione grafia e grammatica. Questa corrente, che si può definire "della decadenza" dura ancora oggi e raccoglie tutta la produzione più elevata in lingua piemontese. Il filone si è adattato e potenziato con i riferimenti ai fatti che hanno deteriorato l'identità piemontese come l'unità d'Italia, il fascismo e la massiccia immigrazione interna nel periodo del miracolo economico. Antonio Bodrero (Tòni Baudrìe) ed altri hanno riscoperto e usato nei loro componimenti parole difficili, ripulendo la lingua dall'influenza italiana per rivendicarne l'originalità. Parallelamente sono andate avanti le pubblicazioni e le rappresentazioni di commedie in lingua, nei teatri e nelle televisioni locali, e anche le raccolte di racconti, proverbi e saggi letterari. La musica è per lo più goliardica e folcloristica e non ha più spessore letterario, come invece potevano avere i testi di Gipo Farassino. Il genere del romanzo è rimasto disperso per gran parte del Novecento, con rare traduzioni di classici stranieri. Nella seconda metà degli anni 2000 Luigi Dario Felician (Luis Dario Felissian) ha pubblicato in lingua piemontese il romanzo scandalo Turin Ligera e la raccolta di racconti surreali Pa gnente ëd dròlo, nèh!, editi dalla casa editrice online Lulu.com.


Riconoscimenti ufficiali


Il piemontese deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato».[33] È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 (rapporto 4745 del Consiglio d'Europa) ed è inoltre censito dall'UNESCO, nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela.[34] Va tuttavia segnalato che il riconoscimento dello status di minoranza linguistica non spetta né al Consiglio d'Europa, né al Parlamento europeo, essendo questo riconoscimento di esclusiva spettanza degli Stati firmatari dei singoli trattati europei. Lo stesso dicasi per l'UNESCO, che con il suo atlante delle lingue in pericolo non conferisce alcun riconoscimento di minoranza linguistica, ma si limita a segnalare gli idiomi che ritiene in pericolo di scomparsa.

Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piemonte, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche[35], ha ufficialmente riconosciuto il piemontese quale lingua regionale del Piemonte[36]. Nel 2015 il Consiglio regionale del Piemonte ha inoltre attivato la versione in piemontese del proprio sito ufficiale[37]. La legge regionale n. 11/2009 di valorizzazione del patrimonio linguistico del Piemonte è stata aggiornata nel 2016[38] a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 170/2010 che ne aveva fortemente compromesso l'efficacia (dichiarava infatti incostituzionale il diritto arrogatosi dalla Regione Piemonte di «identificare e tutelare in maniera autonoma ed indiscriminata una propria "lingua" regionale»[39]).

Nella sentenza n. 81 del 20 marzo 2018 della Corte costituzionale[40] viene ribadito che «il compito di determinare gli elementi identificativi di una minoranza da tutelare non può che essere affidato alle cure del legislatore statale, in ragione della loro necessaria uniformità per l'intero territorio nazionale. (…) In questa cornice (sentenza n. 170 del 2010) non è consentito al legislatore regionale configurare o rappresentare la propria comunità in quanto tale come minoranza. (…) Riconoscere un tale potere al legislatore regionale significherebbe, infatti, introdurre un elemento di frammentazione nella comunità nazionale contrario agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.».


Proverbi piemontesi


Lo stesso argomento in dettaglio: Q:Proverbi piemontesi.

I proverbi piemontesi sono un'espressione della cosiddetta "saggezza popolare" del Piemonte.

Alcuni di essi non sono altro che proverbi comuni a tutto il territorio nazionale (e anche oltre), ma espressi in lingua piemontese, in forma più o meno vicina a una traduzione letterale.


I giorni della settimana


ItalianoPiemontese
lunedìlùn-es
martedìmàrtes
mercoledìmèrcol
giovedìgiòbia
venerdìvënner
sabatosaba
domenicadumìnica

I mesi


ItalianoPiemontese
gennaiogené
febbraiofërvé o frevé
marzomars
aprileavril
maggiomagg (o maj)
giugnogiugn
luglioluj
agostoaost (o agost)
settembresëtèmber (o sëtèmbre)
ottobreotober (o otobre)
novembrenovèmber (o novèmbre)
dicembredësèmber (o dësèmbre)

Numerali


NumeroPiemonteseNumeroPiemontese
1un30tranta
2doi40quaranta
3tre50sinquanta
4quatr60sessanta
5sinch70stanta
6ses80otanta
7set90novanta
8eut100sent
9neuv101sent e un
10des200dosent
11óndes (o onze)300tërsent
12dódes (o doze)400quatsent
13tërdes (o treze)500sinchsent
14quatòrdes (o quatorze)600sessent
15quìndes (o quinze)700setsent
16sëddes (o seze)800eutsent
17disset900neuvsent
18disdeut1000mila
19disneuv
20vint

Alcune particolarità:

  1. Nonostante la scrittura sia la stessa il numerale un /ʏŋ/ viene pronunciato in modo diverso dall'articolo indeterminativo un /əŋ/
  2. Esiste inoltre una forma femminile del numerale '1', un-a /ʏŋa/, che ancora una volta è diverso (questa volta anche nella forma scritta) dall'articolo na
  3. Il piemontese differenzia inoltre numerale due maschile doi e femminile doe

Parole piemontesi comparate con altre lingue


Piemontese Italiano Lombardo Occitano (alpino) Francese Spagnolo Rumeno Catalano Portoghese Latino Ladino noneso Sardo Corso Siciliano
cadregasediacadrega chierachaisesillascauncadiracadeirasella/cathedraciadriègia / sc'iagnacadrea/cadìrasediaseggia
pijé/ciapéprendere (pigliare)ciapà prendre/preneprendre (agafar)cogera luaprendrepegarcapere/prendereciaparleare/pigaipigliàpigghjari
seurteuscire (sortire)sortì/vegnì foeu sortirsortirsalira ieșisortir/eixirsairexirenar fuerbessire/bessiriescì/surtìnesciri
droché/casché/tombécadere, cascareborlà giò/crodà/drocà tombar/chairetombercaera cădeacaurecaircaderecrodàrruere/arruicascàcascari
ca/meisoncasa maison/casa/ostaumaisoncasacasăcasacasacasaciasadomo/domucasacasa
brassbracciobrasc braçbrasbrazobrațbraçbraçobracchiumbrac'bratzubracciuvrazzu
nùmernumeronumer numèronombre/numéronúmeronumărnombrenúmeronumerusnùmernùmeru/nùmurunumarunummaru
pom (o poma)melapomm/pomma pom (o poma)pommemanzanamărpomamaçãmalumpommelamelapumu
travajélavorarelavorà travalhartravaillertrabajara lucratreballartrabalharlaborare/operarilauràrtriballare/trabagliare/traballaitravagliàtravagghjari
cravacapracavra chabrachèvrecabracaprăcabracabracapraciauracrabacapracrapa
scòlascuolascoeula escòlaécoleescuelașcoalăescolaescolascholascuelaiscola/scolascolascola
bòschlegnolegn bòscboismaderalemnfustamadeiralignumleignlinnalegnulignu
monsùsignorescior/sciùr mossur, senhérmonsieurseñordomnsenyorsenhordominussiorsennore/sennorisgiòsignuri
madamasignorasciora/sciùra madama/dònamadameseñoradoamnăsenyorasenhoradominasiorasennoramadamasignura
istàestateestaa estiuétéveranovarăestiuverãoaestasistàistiu/istadiistatestaciuni
ancheujoggiincoeu encuei, uèiaujourd'huihoyastăziavui/huihojehodieancueioe/oie/oioghjeoi
dman (o doman)domanidoman/dumàn demandemainmañanamâinedemàamanhãcrasdomancrasa/cras(i)dumanidumani
jerieriin ier ierhierayerieriahirontemherialièrideris/ariseueriajeri
tastèassaggiaresaggià/tastà/provà tastar, gostargoûterprobara gustatastarprovardegustotastarassazzare/tastare/tastaiassaghjà/gustàtastari

Il piemontese ha molte parole che derivano dall'italiano e dal francese, ma ha anche delle parole diverse dai loro equivalenti nelle due lingue.

ItalianoFrançaisPiemontèis
attualeactueldël di d'ancheuj
ricordarerappelerten-e da ment
Dio, Nostro SignoreDieuNosgnor
giorno, dìjourdi
in altre parolec'est-à-direvisadì
in piùde plusan dzorpì
possedere, avereposséderavèj
prendere, pigliareprendrepijé
successione, sequenzasuitesequènsa, squènsa
un punto di vistaun point de vuena mira
usare, adoperareutiliserdovré
lavoraretravaillertravajé
pulirenettoyerstorcionè, polidè, netiè
computerordinateurelaborator/ordinator[41]

Somiglianze tra il piemontese e il francese (e differenze con l'italiano)


PiemonteseFranceseItaliano
almanallemandtedesco
abiméabîmerconsumare
adrëssaadresseindirizzo
amuséamuserdivertire
ambrasséembrasserabbracciare
anlevéenlevertogliere
anvironenvironcirca
antamnéentamerincominciare
anvìaenvievoglia
ancheujaujourd'huioggi
apressaprèsdopo
aragnaraignéeragno
arlevrelèvericambio
arsòrtressortmolla
articiòchartichautcarciofo
asarhasardcaso
atrapéattraperprendere
assiëttaassiettepiatto
assèassezabbastanza
avionavionaereo
bajébaillersbadigliare
badinébadinerscherzare
bassinbassinbacinella
bëcheriaboucheriemacelleria
bërgébergerpastore
bisobijougioiello
blagablaguescherzo
butbutscopo
boitaboîtescatola
bodébouderfare il broncio
boclaboucletfibbia
bòschboislegno
brisébriserrompere
bogébougermuovere
bonetbonnetcappello
boneurbonheurfelicità
bussonbouchontappo
cassécasserrompere
catéachetercomprare
camioncamionautocarro
cambradacamaradecompagno
campécamperbuttare
cadòcadeauregalo
cadregachaisesedia
chitéquitterlasciare
chèrcharcarro
chen-achaînecatena
ciòcaclochecampana
ciresaceriseciliegia
claviéclaviertastiera
cocómberconcombrecetriolo
còfocoffreforziere
cogécouchercoricare
complentacomplaintelamentazione
còrbelacorbeillecesto
corèjacourroiecinghia
cotincotillongonna
crajoncrayonmatita
cresscrècheasilo nido
darmagedommagedanno
dëscrochédécrochersganciare
dësrangédérangerdisturbare
dontdontdi cui/del quale
dròlodrôlestrano
drapòdrapeaubandiera
dressédresseraddestrare
scranécranschermo
euvraœuvreopera
evaeauacqua
fatfadeinsipido
fassonfaçonmodo
folarfoulardfazzoletto da collo
fòtafauteerrore
fusëttafuséemissile
lapìnlapinconiglio
lingerialingeriebiancheria
logélogeralloggiare
gravégraverimprimere
grimassagrimacesmorfia
làitlaitlatte
lapinlapinconiglio
lermalarmelacrima
lésalugeslitta
madamamadamesignora
mariémariersposare
maleurmalheurdisgrazia
menagemenagegestione
mersimercigrazie
miràjmiroirspecchio
midemmêmelo stesso
minusiémenuisierfalegname
mitonémitonnercuocere a fuoco lento
mëssonmoissonraccolto
meisonmaisoncasa
mucioarmouchoirfazzoletto
monsùmonsieursignore
mojenmoyenmezzo
montémontersalire
mossémousserspumare
mòtmotparola
novodneveunipote
nuansanuancesfumatura
òjouisi
ordinatorordinateurcomputer
orissioragetemporale
ovriéouvrieroperaio
papépapiercarta
parèjpareilcosì
parpajonpapillonfarfalla
partagépartagerspartire
pajapaillecannuccia
piapiegazza ladra
piòtapattezampa
planeurplaneuraliante
plentaplaintequerela
poispoispisello
pomapommemela
possépousserspingere
rainurarayuregraffio
rangéarrangeraggiustare
ravinravinburrone
regretregretdispiacere
rèidraidrigido
ridòrideautenda
roaroueruota
sàbersabresciabola
sabòtsabotzoccolo
sagrinchagrinpreoccupazione
safeurchauffeurautista
saladasaladeinsalata
sapinsapinabete
salòpsalesporco
sèlercélerisedano
soagnésoignercurare
seurtesortiruscire
spurìpourriappassito/marcio
stroptroupeaugregge/mandria
stageraétagerescaffale
sombrsombrescuro
tastétâterassaggiare
tèittoittetto
tisòireciseauxforbici
tramblétremblertremare
travajétravaillerlavorare
tricotétricoterlavorare a maglia
tomaticatomatepomodoro
tombétombercadere
utissoutilattrezzo
vagnergagnervincere
vituravoitureauto
zibiégibierselvaggina

Piemontese d'Argentina


Cartello trilingue in spagnolo, italiano e piemontese a San Francisco, Córdoba (Argentina)
Cartello trilingue in spagnolo, italiano e piemontese a San Francisco, Córdoba (Argentina)

Il piemontese d'Argentina, chiamato anche localmente Piemontèis, fa parte tuttora della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina e tutti i discendenti di piemontesi ne hanno un ricordo più o meno recente. Non esistono censimenti sul numero attuale di parlanti, i quali sono presenti sia nelle province di Buenos Aires, La Pampa e Entre Ríos, sia soprattutto nelle province di Santa Fe e Córdoba, dove costituiscono una quota importante della popolazione e dove il piemontese ha avuto un ruolo sociale notevole accanto allo spagnolo, in particolare nelle vaste praterie a sud del Mar Chiquita, intorno alla città di San Francisco, in cui è stato per un certo tempo lingua maggioritaria, appresa per necessità anche dalle minoranze non-piemontòfone che si insediavano nella zona. La facoltà di lingue dell'ateneo di Córdoba organizza annualmente corsi di lingua piemontese, differenziati in base al livello di preparazione iniziale.[42] Illustre locutore argentino del piemontese è l'attuale pontefice papa Francesco[43][44], che lo considera come la propria madrelingua.[45]

Dal punto di vista linguistico il piemontese d'Argentina è aderente al piemontese occidentale, sebbene sia scevro di alcune influenze italiane più recenti e abbia in cambio ricevuto apporti spagnoli dal contatto con la lingua ufficiale argentina. Oltre al piemontese della pianura occidentale (la base della koinè), non è chiaro se altre varietà piemontesi siano sopravvissute in Argentina.[46]


Note


  1. Piedmontese, in Ethnologue. URL consultato l'8 gennaio 2018.
  2. Allasino et al. 2007, pp. 70-71.
  3. Gianrenzo P. Clivio, Dichiarazione per la lingua piemontese, La Slòira, n. 2, 1999 (PDF), su webalice.it. URL consultato il 25 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2018).
  4. Giuliano Gasca Queirazza e Renzo Gandolfo in Il patrimonio linguistico del Piemonte, Torino, 2001
  5. Censin Pich, Guiu Sobiela-Caanitz, La lingua piemontese
  6. Marco Giolitto, "Pratiche linguistiche e rappresentazioni della comunità piemontese d'Argentina", Education et Sociétés Plurilingues n°9 - Dicembre 2000 (PDF), su cebip.com. URL consultato il 3 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2016).
  7. Camillo Brero, Storia della letteratura piemontese, Torino, Ed. Piemonte in bancarella, 1983
  8. Lingue del Piemonte: conoscerle per tutelarle, su patrimonilinguistici.it, 27 luglio 2016.
  9. Dove si parla piemontese in provincia di Alessandria, Sergio Garuzzo in Poeti in piemontese della Provincia di Alessandria 1861-2010, Ca dë Studi Piemontèis, Torino 2011
  10. Come ad esempio nel caso di "toa" ("tavola" in genovese), che in valbormidese diventa "tora")
  11. Nicola Duberti, Alta Val Tanaro. URL consultato il 5 giugno 2022.
  12. Il dialetto di Mombarcaro, Duberti 2011
  13. Davide Ricca, Dialetti piemontesi, su treccani.it. URL consultato il 22 gennaio 2015.
  14. Michele Loporcaro, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Editori Laterza, Roma-Bari, 2009, pagg. 94, 95
  15. Nicola Duberti, Appunti di piemontese, su academia.edu, p. 6.
  16. Glottolog
  17. Riccardo Regis, Koinè dialettale, dialetto di koinè, processi di koinizzazione, su academia.edu, Rivista italiana di dialettologia. URL consultato il 21 gennaio 2015.
  18. Gaetano Berruto, Profilo dei dialetti italiani 1: Piemonte e Valle d'Aosta, Pacini editore, Pisa, 1974, pp. 10-11
  19. Tullio Telmon, Profili linguistici delle regioni italiane: Piemonte e Valle d'Aosta, Editori Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 55
  20. Piemontèis
  21. Piemontèis
  22. Piemontese/Costruzione ipotetica - Wikibooks, manuali e libri di testo liberi
  23. pms:Ancreus
  24. Vocabolari Italian Piemonteis
  25. Piemontese
  26. http://www.maurotosco.net/maurotosco/Publications_files/TOSCO_FrenchMorph%26DeitalPiem.pdf[collegamento interrotto]
  27. Terza Lezione
  28. Repertorio etimologico piemontese, REP, Pag.63.
  29. Repertorio etimologico piemontese, REP Pag. 57.
  30. Leggere e scrivere in piemontese, su Patrimoni Linguistici, 22 giugno 2017. URL consultato il 1º maggio 2020.
  31. Prununciato come /tz/ almeno nell'italiano standard, alcune italiani regionali lo pronunciano invece come /dz/.
  32. Dov'è finito il piemontese
  33. La Carta è stata firmata il 25 giugno 1992 ed è entrata in vigore il 1º marzo 1998 (l'Italia l'ha firmata il 27 giugno 2000 ma non l'ha ancora ratificata per cui non esiste alcun elenco delle lingue parlate in Italia tutelate da questo accordo internazionale. L'elenco è di esclusiva spettanza dello Stato italiano)
  34. (EN) UNESCO Atlas of the World's Languages in Danger, su unesco.org.
  35. LEGGE 15 dicembre 1999, n. 482 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 5 giugno 2022.
  36. Consiglio Regionale del Piemonte - Ordine del Giorno n. 1118 (PDF), su gioventurapiemonteisa.net, Gioventura Piemontèisa. URL consultato il 31 gennaio 2016.
  37. (PMS) Piemontèis - Consiglio regionale del Piemonte, su www.cr.piemonte.it. URL consultato il 5 giugno 2022.
  38. Patrimonio linguistico piemontese, in Consiglio regionale del Piemonte, 18 ottobre 2016. URL consultato il 19 ottobre 2016.
  39. Sentenza costituzionale nr.170/2010: http://www.minoranzelinguistiche.provincia.tn.it/binary/pat_minoranze_2011/normativa_regioni/LR_11_2009_Regione_Piemonte.1375436491.pdf
  40. Corte costituzionale - Decisioni, su www.cortecostituzionale.it. URL consultato il 5 giugno 2022.
  41. pms:Elaborator
  42. Curso de Piamontés en la Facultad de Lenguas
  43. Papa Francesco parla in piemontese in piazza San Pietro
  44. Papa Francesco parla in piemontese! ”Non fate solo la mugna quacia, la faccetta ingenua”
  45. Papa Francesco: "la mia lingua madre è il piemontese"
  46. Marco Giolitto, Pratiche linguistiche e rappresentazioni della comunità piemontese d'Argentina, Education et Sociétés Plurilingues n° 9 - Dicembre 2000 (PDF)

Bibliografia


Lo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia sui dialetti gallo-italici § Piemonte.

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[de] Piemontesische Sprache

Die piemontesische Sprache (auch das Piemontesische; Piemontèis im Piemontesischen, Piemontese im Italienischen) ist eine galloromanische Varietät, die von über 2.1 Millionen Menschen im Piemont gesprochen wird. Seit 1981 erkennt sie der Europarat offiziell als Minderheitensprache an. Sie gehört zu den gefährdeten Sprachen und wurde von der UNESCO in den Atlas der gefährdeten Sprachen aufgenommen.

[en] Piedmontese language

Piedmontese (English: /ˌpiːdmɒnˈtiːz/; autonym: piemontèis [pi̯emʊŋˈtɛjz] or lenga piemontèisa, in Italian: piemontese) is a language spoken by some 2,000,000 people mostly in Piedmont, northwestern region of Italy. Although considered by most linguists a separate language, in Italy it is often mistakenly regarded as an Italian dialect.[2] It is linguistically included in the Gallo-Italic languages group of Northern Italy (with Lombard, Emilian, Ligurian and Romagnolo), which would make it part of the wider western group of Romance languages, which also includes French, Occitan, and Catalan. It is spoken in the core of Piedmont, in northwestern Liguria, near Savona and in Lombardy (some municipalities in the westernmost part of Lomellina near Pavia).

[es] Idioma piamontés

El piamontés o piemontés (piemontèis en piamontés, piemontese, pedemontano en italiano) es una lengua romance con 2 millones de hablantes en Piamonte, en el noroeste de Italia. El piamontés pertenece al grupo galoitálico y está relacionado con las lenguas romances occidentales (en particular con las del grupo galorromance y occitanorromance), pero sobre todo, con las otras lenguas y dialectos galoitálicos (o galo-itálicos, según la clasificación de Ethnologue) del norte de Italia –como el lombardo (ínsubre y oróbico), emiliano-romañolo, ligur y, en menor medida, véneto– conocidos también como cisalpinos.

[fr] Piémontais

Le piémontais (autonyme : piemontèis, en italien : piemontese) est une langue parlée par plus de deux millions de locuteurs dans le Piémont, une région du nord-ouest de l'Italie. Le piémontais fait partie de l'ensemble linguistique gallo-italique (avec le lombard, l'émilien-romagnol, le ligure, et le gallo-italique de Basilicate et de Sicile) et se rattache au groupe occidental des langues romanes, comme le français, le gascon,l'occitan, le provençal, l'arpitan et le catalan. Le piémontais est considéré comme une langue minoritaire distincte de l'italien par le Livre rouge de l'UNESCO[1].
- [it] Lingua piemontese

[ru] Пьемонтский язык

Пьемонтский язык (пьемонтское наречие; пьем. lenga piemontèisa) — один из галло-итальянских языков, распространённый на северо-западе Италии в области Пьемонт. Традиционно относится к «итальянским диалектам». На нём разговаривают около 2 миллионов человек.



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