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L'occitano, o lingua d'oc (nome nativo: occitan o lenga d'òc), è una lingua occitano-romanza parlata in un'area specifica del sud-Europa chiamata Occitania, non delimitata da confini politici o amministrativi e grossolanamente identificata con la Francia meridionale o Midi.

Occitano
occitan, lenga d'òc
Parlato in Francia
 Italia
 Spagna
 Monaco[1]
Regioniquasi tutta la Francia meridionale, Val d'Aran in Catalogna, Valli occitane in Piemonte, Guardia Piemontese in Calabria
Locutori
Totale3.309.000
Altre informazioni
ScritturaAlfabeto latino
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue italiche
  Lingue romanze
   Lingue italo-occidentali
    Lingue romanze occidentali
     Lingue gallo-iberiche
      Lingue gallo-romanze
       Lingue occitano-romanze
        Occitano
Statuto ufficiale
Ufficiale in Francia (senza carattere di coufficialità)
 Monaco (senza carattere di coufficialità)
 Spagna (con carattere di coufficialità in Catalogna assieme allo spagnolo e al catalano nella Valle d'Aran)
 Italia (tutelata come lingua di minoranza nazionale nelle proprie zone di diffusione in Piemonte e a Guardia Piemontese)
Regolato daCongrès permanent de la lenga occitana
Codici di classificazione
ISO 639-1oc
ISO 639-2oci
ISO 639-3oci (EN)
Glottologocci1239 (EN)
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Totes los èssers umans naisson liures e egals en dignitat e en dreches. Son dotats de rason e de consciéncia e se devon comportar los unes amb los autres dins un esperit de fraternitat.

Diffusione geografica dell'occitano.

Etimologia


Carta delle lingue d'Europa secondo il marchese d'Argenson (1859)
Carta delle lingue d'Europa secondo il marchese d'Argenson (1859)

La denominazione occitano deriva dalla parola occitana òc che significa .

Questo criterio distintivo venne usato da Dante Alighieri, che descrisse le lingue occitana, francese e italiana in base alle loro rispettive particelle affermative: òc, oïl (antenato del moderno oui) e .

Difatti, mentre i termini òc e oïl derivano rispettivamente dalle locuzioni latine hoc ed hoc ille , la parola italiana "sì" trae la sua origine dall'avverbio latino sic (i.e. "così").

Il termine lingua occitana deriva da òc e apparve nei testi amministrativi latini verso il 1300[2]. Eppure, fino al XX secolo[3], la lingua occitana non era nota frequentemente con questo nome e veniva chiamata per lo più lingua d'oc (da cui Linguadoca) o provenzale. Dagli anni 1960-1970, la parola occitano è diventata usuale e implica una definizione linguistico-geografica estesa, mentre il termine provenzale oggi designa il provenzale in senso stretto, ossia la parlata occitana in uso nella sola Provenza.

Nella linguistica romanza «Lingua d'oc», «occitano» e «provenzale»[4] sono sinonimi. L'intero movimento culturale a partire dal XIX secolo parla di occitano e lingua d'oc, entrambi impiegati in modo interscambiabile in testi amministrativi recenti[5].


Descrizione



Centralità dell'occitano


L'occitano ha sempre occupato una posizione di centralità geografica rispetto ad alcune fra le lingue derivanti dal latino. Qui di seguito si riporta una tabella comparativa fra alcuni termini latini e quelli, corrispondenti, in occitano e nelle altre lingue romanze di più ampia diffusione:

latinoportoghesespagnoloaragonesefrancesecatalanooccitano (linguadociano)occitano (guascone)piemonteselombardo emilianoliguresardocorsoarpitanoitaliano venetofriulanononesoromenosiciliano
clavis
accusativo clavem
chave llave clau clef/clé clau clau clau ciav ciav cêv ciave crae, crai chjave, chjavi clâ chiave ciave clâf clau cheie kiavi
nox
noctem
noite noche nueit nuit nit nuèch, nuèit, nuòch nueit, nèit, nèt, nuit neuit nocc nôt neute note, noti notte, notti nuet notte note gnot not noapte notti
cantare cantar cantar cantar chanter cantar cantar, chantar cantar canté cantà cantêr cantâ cantare, cantai cantà chantar cantare cantàr cjantâ ciantar cânta cantari
capra cabra cabra craba chèvre cabra cabra, chabra, craba craba crava cavra chêvra crâva cabra, craba capra cabra, chiévra capra càvara cjavre ciaura capră crapa
lingua língua lengua luenga langue llengua lenga lenga, lengua, luenga, lenco lenga lengua lèingua leongoa limba, lìngua lingua lenga lingua lengoa lenghe lenga limbă lingua
platea praça plaza plaza place plaça plaça plaça piassa piassa piâƨa piassa pratha, pratza piazza place piazza piasa place plaza piață kiazza
pons
pontem
ponte puente puent pont pont pont, pònt pont, pònt pont punt pount pònte ponte, ponti pont pònte ponte ponte puint pònt punte ponti
ecclesia

(basilica)

igreja iglesia ilesía église església glèisa, glèia glèisa gesia, cesa gesa cîṡa gêxa creja, crèsia ghjesgia églésé chiesa cesa glesie glesia biserică cresja
hospitalis hospital hospital hospital hôpital hospital espital, espitau espitau ospidal ospedaa ṡbdêl uspiâ Uspidali,

ispidale

spedale, uspidali hèpetâl ospedale ospeal ospedâl ospedal spital spitali
caseus
lat. volg. formaticum
queijo queso queso/formage fromage formatge formatge, fromatge hromatge, hormatge formagg furmai furmâj fòrmaggio casu casgiu tôma, fromâjo formaggio, cacio formajo formadi formai brânză, caș cachu

Il problema del riconoscimento e della tutela


Ancora oggi l'occitano, al pari di altre lingue, non gode di alcuna forma di riconoscimento o autonomia all'interno dello Stato francese e risulta pertanto in forte regresso.

La rigida politica accentratrice di Parigi (tradizionalmente diffidente verso ogni forma di decentramento), unita al secolare e diffuso prestigio della lingua francese hanno causato grave danno all'occitano, che è stato da tempo abbandonato a favore del francese nelle città principali, mentre resiste ancora nelle aree rurali e meno densamente popolate. La debole percezione di un'unità storico-linguistica occitana, sommata alla scarsa diffusione della lingua tramite i mezzi di informazione ed alla scarsa considerazione da parte dei suoi stessi locutori (derivante dalla secolare discriminazione dell'occitano come "cattivo francese"), pongono oggi in grave pericolo la sussistenza dell'occitano.

Parzialmente diverso è il discorso per quanto riguarda l'Italia, in cui ha trovato attuazione il dettato costituzionale dell'art. 6. La legge 15 dicembre 1999, n. 482, ha riconosciuto l'occitano come minoranza linguistica storica all'interno dello Stato italiano e ha posto le basi per una maggiore valorizzazione.

Per quanto riguarda infine la Spagna, lo statuto della Catalogna garantisce ampia tutela (bilinguismo) alla minoranza linguistica della Val d'Aran.


Il problema della normalizzazione


Un ulteriore problema, ancor oggi non del tutto risolto, riguarda la normalizzazione dell'occitano.

Il bando della lingua dall'uso ufficiale nel XVI secolo ebbe difatti per conseguenza un rapido declino delle norme ortografiche occitane, al punto che nei secoli successivi caddero in disuso e ciascun autore utilizzò una grafia propria, spesso mutuata dal francese (le cosiddette graphies patoisantes).

I primi autorevoli tentativi di arrestare l'inselvatichimento dell'occitano vennero intrapresi a metà dell'Ottocento. Simon-Jude Honnorat scrisse nel 1840 un dizionario francese-occitano con un sistema ortografico molto vicino a quello dei trobadori, mentre nel 1854 alcuni poeti provenzali fondarono la società letteraria Felibrige, che ben presto divenne maggiore artefice della rinascita della lingua occitana.

I poeti del Felibrige (tra cui il premio Nobel Frédéric Mistral) scrissero le loro opere servendosi di una grafia francesizzante incentrata sul provenzale (grafia felibriana o mistraliana) che, grazie alla sua semplicità, trovò presto vasta affermazione, ma non venne considerata soddisfacente per rappresentare la varietà dialettale delle altre regioni occitane.

Fu così che a partire dagli inizi del XX secolo alcuni studiosi (tra cui Joseph Roux) si dedicarono alla riscoperta e all'ammodernamento dell'antica grafia medioevale dei trobadori, propugnandone la diffusione come norma. Nel 1919 Antonin Perbosc e Prosper Estieu fondarono a tale scopo la Escòla occitana, mentre negli anni trenta il linguista Louis Alibert perfezionò queste regole nella sua grammatica prima e nel suo dizionario poi.

La grafia così ricostruita (grafia classica), meno aderente all'ortografia francese e basata sui tratti comuni dei differenti dialetti, è stata resa ufficiale dall'Istituto di Studi Occitani e vale oggi come norma in tutto il mondo occitanofono.

Rimane tuttavia l'eccezione parziale del provenzale, che forte della propria cospicua produzione letteraria si è adeguato parzialmente alla norma classica e parzialmente è rimasto fedele alla grafia felibriana, con ciò rallentando il fenomeno di unificazione dell'occitano moderno.


Lingua letteraria unificata


Tra l'XI e il XIII secolo, esiste una lingua letteraria chiamata dai trovatori con il nome generico di «lengua romana» o «romantz» per distinguerla dal latino. Gli autori moderni la chiamano koiné - similmente alla koinè greca, una forma di greco relativamente unificato sotto il periodo ellenistico (300 a.C. - 300 d.C.), anche se questa lingua era, più di quanto spesso si potrebbe pensare, regionalmente diversificata. A partire dal XIX secolo l'ipotesi dominante lanciata da Camille Chabanneau nel 1876 era che la «lenga romana» utilizzata dai trovatori si basava sul dialetto limosino. La presenza di alcuni dei primi trovatori originari del Limosino e della Guascogna alla corte di Guglielmo X (1126-1137), figlio del primo trovatore Guglielmo IX, spiega la diffusione di questa lingua letteraria in seno al ducato d'Aquitania. La futura Linguadoca (Languedoc) e la Provenza conosceranno i trovatori solo nella seconda metà del XII secolo. L'altra ipotesi avanzata di un'origine poitevina si fonda sull'idea che il dialetto poitevino parlato alla corte di Guglielmo IX di Poitiers facesse parte della lingua d'oc e che il prestigio del duca avrebbe permesso in seguito la diffusione di questa lingua in tutto il territorio trobadorico. L'ultima ipotesi apparsa negli anni '50 considera la lingua letteraria come una lingua classica forgiata a partire dai testi trovati nell'occitano centrale, regione dove sono stati conservati i documenti più antichi scritti nelle lingue d'oc risalenti all'XI secolo.

Pierre Bec, studioso dei trovatori indica che dal 1967

«È del resto difficile valutare questa lingua con precisione dato che non conosciamo che una pallida copia, quella che gli scribi hanno voluto trasmetterci nei diversi manoscritti. Se il substrato dialettale esiste, è spesso quello del copista che si manifesta a sua insaputa. E quindi, molto spesso, regna l'arbitrio più assoluto: a intervalli nel verso, si presenta questa o quella parola, non solo con un'altra grafia, ma con un fonetismo appartenente a un dialetto assolutamente diverso. E che dire ancora se si confrontano, in uno stesso testo, le diverse lezioni tramandate dai manoscritti ! È impossibile valutare esattamente in quale lingua siano state scritte le poesie dei trovatori.[6]»

All'infuori della letteratura dei trovatori, non si possono trovare elementi che provino l'uso di una norma linguistica unificata nei vari documenti scritti in Provenza, Linguadoca, Alvernia, Catalogna, Limosino o Guascogna. Per riassumere, le pratiche di scrittura erano molto diverse da una regione all'altra e le percezioni che accreditano l'idea di una unificazione linguistica sul territorio di tutte queste regioni sono molto spesso il risultato di una grafia relativamente omogenea poiché trae origine dalla grafia utilizzata per il latino.

Uno degli scrittori occitani viventi molto conosciuto è Joan Francés Blanc (1966).


Dialettologia


Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti della lingua occitana.

Fra le lingue neolatine la più prossima all'Occitano è senz'altro il catalano, che, a partire dagli inizi dell'età moderna (XVI secolo) era anche conosciuto, dai suoi stessi parlanti, come LLemosí, cioè limosino (occitano di Limoges). In realtà le due lingue hanno costituito un'unità fino al XIII secolo, tant'è vero che Dante Alighieri, nel De vulgari eloquentia, riunisce sotto il nome di Yspani, spagnoli, tanto i catalani quanto gli occitani.[7]

Esempio di bilinguismo a Tolosa nella cartellonistica pubblica.
Esempio di bilinguismo a Tolosa nella cartellonistica pubblica.

I dialetti dell'occitano sono:


Famiglia linguistica


L'Occitano costituirebbe insieme al catalano il gruppo occitano-romanzo delle lingue romanze occidentali, secondo il linguista Pierre Bec[8]. Secondo Bec, ciò si vede negli equivalenti occitani di essere («essere» in latino popolare): esser (Ariège), èsse (Allier, in provenzale e ancora in una grande parte di tutta la Francia sud-orientale ), estar in castigliano, in catalano e nell'Ariège, nel Gers, nella Gironda, negli Alti Pirenei, nel Lot e Garonna e nei Pirenei Atlantici. Ma questa spiegazione non è così convincente, in quanto pure molte altre varietà linguistiche di area romanza, senza con questo rappresentare nessuna forma di lingua di transizione tra Castigliano e Langue d'Oil posseggono sia la forma “Essere” e “Stare”. Il Castigliano nell'epoca di formazione dei volgari romanzi nemmeno confinava con le aree occitanofone, essendosi formato nell'area della Rioja, separata dalla più vicina area perioccitanofona (Guascogna) dai Pirenei e dall'allora estesa area basca.

L'occitano Classico e il catalano sono vicini linguisticamente e permettono l'inter-comprensione dei testi scritti[9]. Alcuni romanisti (tuttavia minoritari) come A. Sanfeld includono queste due lingue sotto la stessa denominazione linguistica di occitano. Con lingua limosina i catalani intendono definire sia il catalano, la lingua dei trovatori, che l'occitano o l'insieme delle lingue occitano-romanze. Tra i molti dialetti oggi parlati in Occitania, fortemente differenziatisi tra loro, dacché la lingua nel XVI secolo è stata relegata a linguaggio d'uso delle classi popolari e rurali, quello più intelligibile con il catalano è il languedocien. Minima è la intelligibilità con le varianti più distanti, quale l'auvernhat oppure con quelle occidentali, fortemente influenzate dall'italiano (nizzardo, provenzale e occitano delle Vallades piemontesi).


I legami tra l'occitano e il catalano


In uno stadio antico, risalente al periodo subito successivo alla fine dell'Impero romano d'Occidente, come per tutte le lingue romanze, il catalano e la lingua d'oc non potevano essere differenziati. Il fatto che si scriva quasi esclusivamente in latino nell'alto Medioevo[senza fonte] rende impossibile qualsiasi categorizzazione formale di lingua romanza. Sarà il prender piede delle parlate volgari locali a differenziare gli idiomi. I poeti catalani, come quelli toscani e siciliani, scriveranno in occitano fino al Basso Medioevo. Ad ogni modo il primo scrittore che scrisse tutta la sua opera in catalano, nonché in lingua d'oc, fu il valenzano Ausiàs March.

Nel 1931, il recente ritorno allo statuto autonomo della Catalogna rischiò di essere ostacolato perché poteva significare la tutela dell'appartenenza dei catalani a un gruppo di maggioranza non spagnolo; onde evitare ciò, nel 1934 gli intellettuali catalani hanno proclamato solennemente che il catalano contemporaneo era una lingua lontana dall'occitano, rompendo i secolari prestiti linguistici Occitano-Catalani, facendo di una lingua transnazionale che andava dal Piemonte, sino al nord della Catalogna, un coacervo di piccole patrie linguistiche[10] nel manifesto Desviacions en els conceptes de llengua i de pàtria[11]

L'occitano moderno si distingue dal catalano per la modalità di scrittura (grafia). Gli occitani di oggi hanno scelto in massima parte di utilizzare una grafia cercando di mettere insieme l'eredità della lingua medievale e importanti aggiunte contemporanee. Le scelte che sono state fatte in Catalogna, hanno portato i locutori a utilizzare una grafia incentrata allo stesso tempo sui modi di pronunciare (per esempio nessuna n finale come in català) ma anche sulla conservazione delle origini latine, per esempio aggiungendo la -r finale che è «caduca» in alcuni dialetti. Si è pure cercato, tramite la nuova grafia e con l'utilizzo dei termini più peculiari possibili, di evidenziare le differenze rispetto all'occitano, per confutare la tesi per cui il catalano sarebbe un dialetto occitano.

La pronuncia varia tra catalano e occitano, per esempio:

Per i catalanofoni, la grafia classica degli occitani ha il vantaggio di somigliare molto al catalano. Ciò è dovuto in buona parte a lavori di aggiornamento e di fissazione di questa grafia, condotti da Loís Alibèrt nel 1937, che adotta criteri molto simili a quelli di Pompeu Fabra per il catalano. Le due grafie sono basate sulla grafia medievale, formatasi quando le due lingue erano più vicine alla loro origine comune e quando i contatti erano più intensi (la poesia in Catalogna è stata realizzata principalmente in occitano anche nel XIV secolo). Nonostante tutto, vi è qualche differenza che bisogna prendere in considerazione per poter leggere con facilità i testi occitani:

Anche l'aspetto politico, culturale e religioso è importante. La Catalogna, contrariamente all'Occitania ha beneficiato per lungo tempo di un'indipendenza statale unita a un forte sviluppo economico. Inoltre, lo spazio occitano è complessivamente definito come appartenente alla Francia, contrariamente al catalano che territorialmente si situa nella Spagna. Tuttora le lingue continuano ad evolversi separatamente: il catalano è un insieme di dialetti che hanno tendenza ad ispanizzarsi a contatto con il castigliano; l'occitano, d'altra parte ha la tendenza a gallicizzarsi a contatto con il francese. Il ruolo importante che rivestono nel mondo le lingue spagnole e francesi pesa in modo consistente sui rapporti di dominio linguistico all'interno della Francia e della Spagna.


Occitano e catalano a confronto

Ecco un testo in versione linguadociana (occitano sud-occidentale) e catalano settentrionale). La forma letteraria o arcaica del catalano settentrionale è talvolta precisata nelle annotazioni.

ItalianoFranceseLinguadocianoCatalano (Maiorchino)Annotazioni
Tritate la carne a macchina (o domandate al macellaio di farlo) Hachez les viandes à la machine (ou demandez au boucher de le faire) Passar las carns a la maquina de capolar (o demandetz al maselièr o boquièr d'o far) Passeu les carns a la màquina de capolar (o demaneu al carnisser de fer-ho)
Mescolate tutti gli ingredienti del ripieno Mélangez tous les ingrédients de la farce Barrejar totes los ingredients del fars Mescleu tots els ingredients de la farsa
Stendere la lepre su un buon pezzo di garza (la si può comprare in farmacia) Etendre le lièvre sur un bon morceau de gaze (on peut en acheter en pharmacie) Espandir la lèbre sus un bon tròç de gasa (se pòt crompar en farmacia) Esteneu la llebre davall un bon tros de gasa (se pot comprar en apotecaria) In linguedociano «farmacia» è un neologismo; in catalano maiorchino antico «davall» = «sus»; «Stendere» = «Expandir».
Distribuire la farcitura su tutta la lunghezza dell'animale, e avvolgerlo nella garza Répartir la farce sur toute la longueur de l'animal, l'enrouler dans la gaze Despartirlo fars sus tota la longor de l'animal, lo rotlar dins la gasa Repartiu la farsa sobre tota la llargària, enrotleu-lo dins la gasa
Legare senza stringere troppo. Far arrostire gli ingredienti al forno Ficeler sans trop serrer. Faire rôtir les ingrédients au four E ficelar gaire sarrat. Far rostir los ingredients pel forn Lligueu sense estrènyer gaire. Feu rostir els ingredients dins el forn

L'insieme geografico occitano-romanzo è costituito da circa 23 milioni di persone in un'area di 259000 km². Le regioni non sono uguali in rapporto alla percentuale di locutori della lingua. La Francia in certe regioni non conta che un quarto della popolazione veramente occitanofona (50% della popolazione comprende la lingua, senza essere in grado di parlarla correntemente)[12][13]. Al contrario, la comunità autonoma della Catalogna batte il record sul numero di locutori. Secondo le inchieste realizzate dalla Comunità della Catalogna nel 1993, gli abitanti della Val d'Aran (di cui il 72% non vi è nativo) parlano: il 64% aranese (guascone); il 28% castigliano (spagnolo); l'8% catalano.


Caratterizzazione linguistica


Jules Ronjat ha cercato di caratterizzare l'occitano sulla base di 19 criteri principali e tra i più generalizzati: undici sono fonetici, cinque morfologici, uno sintattico e due lessicali. Si può anche notare la minore frequenza delle vocali semi-chiuse (nel francese standard: rose, jeûne), una caratteristica tipica degli occitanofoni grazie alla quale si può riconoscere il loro accento «meridionale» anche quando parlano in francese. Contrariamente al francese, e similmente all'italiano o allo spagnolo, il pronome personale soggetto può essere omesso. Per esempio:

- canti / cante / chante / chanto, io canto (in fr. je chante);
- cantas / chantas, tu canti (in fr. tu chantes).

Si possono trovare ancora altri tratti discriminanti. Sui diciannove criteri principali, esistono sette differenze con lo spagnolo, otto con l'italiano, dodici con l'arpitano e sedici con il francese.


Distribuzione geografica


Lo stesso argomento in dettaglio: Occitania.

L'ambito di diffusione della lingua occitana copre il terzo meridionale della Francia ed è nettamente delimitato ad ovest dall'oceano Atlantico, a sudovest dai Pirenei (che lo dividono da basco, aragonese e catalano), a sud dal mar Mediterraneo, ad est dalle Alpi (nelle Valli occitane d'Italia) e, secondo taluni, anche a Monaco, dove coesisteva con il ligure monegasco fino all'Ottocento (esistono però, a tale proposito, opinioni contrastanti).

Abbastanza chiara è la linea di confine con il francese e l'arpitano (francoprovenzale), che segue una linea ondulata che va da Bordeaux alla Val di Susa in Piemonte. Nella Francia centrale esiste inoltre una vasta area di transizione linguistica, chiamata "Crescente" per la sua forma (verso Guéret, Montluçon e Vichy), dove si parla un occitano con forti influssi francesi.

In Francia le regioni in cui si parla occitano sono le seguenti:

In Italia, l'occitano è parlato nelle Valli occitane del Piemonte nonché a Guardia Piemontese in Calabria, dove la parlata occitana è frutto di un antico insediamento di valdesi ivi trasferitisi tra XIII e XIV secolo.[14][15]

In Spagna, l'occitano (nella sua variante dialettale guascona) è diffuso nella Val d'Aran, in Catalogna.

In misura minore esiste poi la diaspora occitana, formatosi dopo l'emigrazione del XX secolo, in Argentina, Uruguay, Stati Uniti).

In particolare l'area di espansione geografica dell'occitano copre 33 dipartimenti del sud della Francia (39 calcolando i dipartimenti appartenenti alla minoranza occitana), 14 valli occitane (nelle Alpi piemontesi) e Guardia Piemontese in Italia e la Val d'Aran in Spagna.


Regioni occitane


Geografia supra-dialettale dell'occitano
Geografia supra-dialettale dell'occitano
Carta dei dialetti occitani
Carta dei dialetti occitani

L'occitano nel mondo


Le comunità di lingua occitana sono esistite in diverse parti del mondo. La loro presenza può essere legata alla partenza dei protestanti dalla Francia, alla colonizzazione francese, all'immigrazione verso il Nuovo Mondo o anche alle crociate.


Locutori


Il numero dei suoi locutori varia fortemente in funzione della metodologia impiegata per calcolarlo. In effetti, la valutazione che ne viene fatta varia:

Pratiche e rappresentazioni della lingua occitana in Aquitania - dicembre 1997

Aquitania Bordeaux (Bx) Dpt 33 Gironda (con Bx, escluso la zona saintongeaise) Dpt 24 Dordogna Dpt 40 Landes Dpt 47 Lot-et-Garonne Dpt 64 Pirenei-Atlantici (eccetto il Paese Basco)
Capisce l'occitano 11% 27% 54% 48% 42% 41%
Parla occitano 3% 13% 34% 28% 25% 22%


Alvernia (indagine IFOP condotta nel giugno del 2006):

Auvergne
Capisce l'occitano 61%
Parla l'occitano 42%

Linguadoca-Rossiglione (sondaggio realizzato nel 1991 da Média Pluriel Méditerranée – Montpellier) Archiviato il 26 settembre 2010 in Internet Archive.:

Languedoc-Roussillon
Capisce l'occitano 48%
Parla l'occitano 28%

Val d'Aran (Catalogna) censimento del 1991 Copia archiviata, su ec.europa.eu. URL consultato il 31 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 26 settembre 2008).:

Val d'Aran
Capisce l'occitano 92,3%
Parla l'occitano 60,9%

Le diverse fonti spesso confondono la pratica attiva e la conoscenza passiva, senza prendere in considerazione i diversi contesti dell'uso della lingua (diglossia). In realtà, non esiste nessuna indagine indipendente, globale e approfondita su cui basarsi. Nonostante le differenze statistiche, tutti concordano a indicare che in Occitania il francese è oggigiorno più parlato dell'occitano a causa dell'effetto prodotto dalla politica linguistica francese. L'occitano, dallo statuto di lingua maggioritaria ancora nel 1900 è passato a quello di lingua minoritaria.

Può succedere che alcune persone parlino ancora oggi l'occitano o, più sicuramente, conservano alcune parole frammiste alla lingua locale.[34]


Codificazione



Aspetti di linguistica


Lo stesso argomento in dettaglio: Grammatica occitana.

I tratti distintivi fondamentali che distinguono l'occitano dal francese (antico) sono:

Questo elenco mette in evidenza come l'occitano sia spesso più vicino all'iberoromanzo che alla famiglia galloromanza a cui appartiene, e lo avvicina alle lingue cisalpine come il lombardo.


Standardizzazione


Al tempo dei trovatori (tra l'XI e il XIII secolo), l'occitano ha verosimilmente conosciuto una norma letteraria unificata chiamata koinè.

Successivamente, tutte le grafie dell'occitano (classica, mistraliana, bonnaudiana, dell'École du Pô) sono state concepite soprattutto scrivendo i dialetti, senza stabilirne una varietà standard. Tuttavia la norma mistraliana ha comportato dopo la fine del XIX secolo la comparsa di tre norme letterarie regionali: una in provenzale generale, una in nizzardo e una in guascone (bearnese). Si può dire inoltre che la norma provenzale mistraliana è una lingua standard (secondo i fautori della norma detta moderna) o prefigura una lingua standard (secondo i sostenitori della norma classica).

La norma classica, a partire dal XX secolo, ha perseguito lo sviluppo di queste tre forme letterarie ma ha favorito ugualmente le forme regionali supplementari in limosino e in linguadociano. A cominciare dall'ufficializzazione dell'occitano della Val d'Aran nel 1990 e successivamente in tutta la Catalogna nel 2006, la norma classica favorisce allo stesso modo una varietà codifificata di guascone aranese[35].


L'occitano largo

Oltre a questi esperimenti riguardo alle norme letterarie, per quanto concerne la norma classica, la volontà consciente di fissare una varietà standard dell'occitano si è vista negli anni settanta con le ricerche dei linguisti quali Pierre Bec, Robert Lafont, Roger Teulat, Jacme Taupiac, seguiti negli anni ottanta da Patrick Sauzet. La varietà standard è chiamata secondo gli autori occitano referenziale, occitano standard o più recentemente occitano largo (occitan larg, P. Sauzet). Secondo il consenso della maggior parte degli specialisti che lavorano a questo progetto, l'occitano largo si compone :


Norme grafiche


Le due grafie principali a confronto
Norma classica Norma mistraliana
Mirèlha, Cant I (F. Mistral)
(trascrizione)

Cante una chata de Provença.

Dins leis amors de sa jovença,

A travèrs de la Crau, vèrs la mar, dins lei blats,

Umble [Umil] escolan dau grand Omèra [Omèr],

Ieu la vòle seguir. Coma èra

Ren qu'una chata de la tèrra,

En fòra de la Crau se n'es gaire parlat.

Mirèio, Cant I (F. Mistral)
(testo originale)

Cante uno chato de Prouvènço.

Dins lis amour de sa jouvènço,

A travès de la Crau, vers la mar, dins li blad,

Umble escoulan dóu grand Oumèro,

Iéu la vole segui. Coume èro

Rèn qu'uno chato de la terro,

En foro de la Crau se n'es gaire parla.

Le quattro norme principali dell'occitano a confronto: estratto della Dichiarazione universale dei diritti umani
norma classica norma mistraliana norma bonnaudiana norma dell'Escòla dau Po'
Provenzale
Totei lei personas naisson liuras e egalas en dignitat e en drech. Son dotadas de rason e de consciéncia e li cau (/fau) agir entre elei amb un esperit de frairesa.
Provenzale
Tóuti li persouno naisson liéuro e egalo en dignita e en dre. Soun doutado de rasoun e de counsciènci e li fau agi entre éli em' un esperit de freiresso.
Nizzardo Provenzale
Toti li personas naisson lib(e) ri e egali en dignitat e en drech. Son dotadi de rason e de consciéncia e li cau agir entre eli emb un espirit de fratelança
Nizzardo Provenzale
Touti li persouna naisson lib(e) ri e egali en dignità e en drech. Soun doutadi de rasoun e de counsciència e li cau agì entre eli em' un esprit de fratelança.
Alverniate
Totas las personas naisson liuras e egalas en dignitat e en dreit. Son dotadas de rason e de consciéncia e lor chau (/fau) agir entre elas amb un esperit de frairesa.
Alverniate
(norma dell'Escolo Auvernhato)
Toutos las persounos naissou lieuros e egalos en dinhitat e en drèit. Sou doutados de razou e de counsciéncio, mas lour chau agi entre guessos dinc un eime de frairesso.
Basso-alverniate
Ta la proussouna neisson lieura moé parira pà dïnessà mai dret. Son charjada de razou moé de cousiensà mai lhu fau arjî entremeî lha bei n'eime de freiressà.
Alto alverniate
Touta la persouna naisson lieura e egala en dïnetàt e en dreit. Soun doutada de razou e de cousiensà e lour chau ajî entre ela am en esprî de freiressà.
Vivaro-alpino
Totas las personas naisson liuras e egalas en dignitat e en drech. Son dotaas de rason e de consciéncia e lor chal agir entre elas amb un esperit de fraternitat.
Vivaro-alpino
Toutes les persounes naisoun liures e egales en dignità e en drech. Soun douta de razoun e de counsiensio e lour chal agir entre eles amb (/bou) un esperit de freireso.
Guascone
Totas las personas que naishen liuras e egaus en dignitat e en dreit. Que son dotadas de rason e de consciéncia e que'us cau agir enter eras dab un esperit de hrairessa.
Guascone
(norma febusiana)
Toutes las persounes que nachen libres e egaus en dinnitat e en dreyt. Que soun doutades de rasoû e de counscienci e qu'ous cau ayi entre eres dap û esperit de hrayresse.
Limosino
Totas las personas naisson liuras e egalas en dignitat e en drech. Son dotadas de rason e de consciéncia e lor chau (/fau) agir entre elas emb un esperit de frairesa.
Linguadociano
Totas las personas naisson liuras e egalas en dignitat e en drech. Son dotadas de rason e de consciéncia e lor cal agir entre elas amb un esperit de frairesa.
Lo stesso testo a confronto con le lingue limitrofe
Catalano
Tots els éssers humans neixen lliures i iguals en dignitat i en drets. Són dotats de raó i de consciència, i han de comportar-se fraternalment els uns amb els altres.[36]
Arpitano
Tôs los étres homans nêssont libros et ègals en dignitât et en drêts. Ils ant rêson et conscience et dêvont fâre los uns envèrs los ôtros dedens un èsprit de fraternitât.[36]
Francese
Tous les êtres humains naissent libres et égaux en dignité et en droits. Ils sont doués de raison et de conscience et doivent agir les uns envers les autres dans un esprit de fraternité.[36]
Italiano
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza essi dovrebbero agire (comportarsi) gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.[36]
Spagnolo
Todos los seres humanos nacen libres e iguales en dignidad y derechos y, dotados como están de razón y conciencia, deben comportarse fraternalmente los unos con los otros en un espíritu de hermandad.[36]
Le quattro norme esistenti nell'occitano a confronto: grafemi tipici
Norma classica Norma mistraliana Norma bonnaudiana norma dell'Escòla dau Pò
-a finale -o (-a, -e) -o (-a)
ò o o o
o, ó ou ou ou
uè, ue ue, iue eu (ue) ue (ö)
lh i/h (lh) lh lh
nh gn nh nh
s, ss
c(e), c(i), ç
s, ss
c(e), c(i), ç
s, ss s
z
s intervocalica
z
s intervocalica
z z
à è ò
á è í ó ú
à è ò ì ù
é óu
à è eù où
é
â ê î û
à è ò ì ù où
é
Tutte le consonanti mute finali sono scritte. Alcune consonanti mute finali sono scritte. Alcune consonanti mute finali sono scritte. Nessuna consonante finale viene scritta.

Grafia bonnaudiana

Lo stesso argomento in dettaglio: Norma bonnaudiana.

Grafia dell'Escòla dau Pò

Lo stesso argomento in dettaglio: Norma dell'Escòla dau Pò.

Grafia febusiana

Lo stesso argomento in dettaglio: Norma febusiana.

Grafia mistraliana

Lo stesso argomento in dettaglio: Norma mistraliana.

Grafia classica

Lo stesso argomento in dettaglio: Norma classica.

La grafia classica dell'occitano è stata sviluppata nel XIX-XX secolo da Simon-Jude Honnorat[37], Joseph Roux[38], Prosper Estieu, Antonin Perbosc, Louis Alibert[39] e Joseph Salvat[40]. È stata stabilizzata ed estesa a l'insieme dei dialetti occitani tra il 1950[41] e il 1969[42][43][44] ed adattata in modo più specifico all'aranese[45], al guardiolo[46] e al vivaro-alpino parlato nel Piemonte[47].

Lo stesso argomento in dettaglio: Alfabeto occitano.

Pronunce dell'occitano classico

Lo stesso argomento in dettaglio: Pronuncia dell'occitano.

Non vi è una pronuncia unica dell'occitano visto che per definizione la norma classica permette di leggere (e scrivere) i diversi dialetti. Essa si basa secondo regole di lettura propri a ciascun dialetto ed esistono quindi numerose eccezioni. A partire dalle lettere di base, l'occitano utilizza dei simboli modificatori che mutano la pronuncia di alcune lettere o semplicemente segnano una tonicità come: l'accento chiuso (´), l'accento aperto (`) e la dieresi (¨) o il punto di separazione tra s e h, o n e h (s∙h ; n∙h) nel guascone.


Vocali

Consonanti

Unità o negazione della lingua d'oc



Una lingua diversa dal francese?


La delimitazione delle lingue romanze[48], nel XIX e XX secolo, è stato oggetto di dibattiti, in particolar modo in Francia, riguardo all'appartenenza o meno dello spazio d'oc al francese. Mentre le prime grammatiche delle lingue romanze[49] separano nettamente il provenzale (nel senso ampio di lingua d'oc) dal francese, tutta una corrente intorno a Gaston Paris si dà da fare a presentare l'unità dei dialetti gallo-romanzi (francese, francoprovenzale, occitano) sviluppando la teoria del continuum delle parlate romanze. (L'indagine di Charles de Tourtoulon e d'Octavien Bringuier, nel 1876[50], venne lanciata dal Félibrige per contraddire queste teoria). Questa negazione dell'occitano, della sua esistenza in quanto lingua indipendente, si traduce in una varietà di denominazioni.


Una o più lingue d'oc?


Mentre questa dicotomia ha ceduto il passo, nella maggior parte delle opere riguardanti le lingue romanze[55][56][57], a un riconoscimento molto ampio dell'occitano come lingua distinta dal francese, a partire dalla fine degli anni '60 è stata rimessa in discussione l'unità della lingua da un certo numero di movimenti regionalisti.

Louis Bayle, uno scrittore e linguista provenzale[58], anima l'Astrado, associazione e casa editrice provenzale. Dopo aver criticato l'adattamento della grafia classica al provenzale[59][60], egli moltiplica le pubblicazioni ostili all'occitanismo[61][62] e allo stesso Félibrige con il quale finirà per rompere[63]. Nel 1975, l'Astrado pubblica, in collaborazione con Pierre Bonnaud[64] un documento recante la firma della CACEO (Confédération des associations culturelles et enseignants d'oc), in cui viene rimessa in discussione l'unità della lingua d'oc[65]. Tutto ciò produce, all'inizio del 1976, una circolare del ministro dell'educazione (René Haby) che utilizza per la prima volta il termine al plurale «lingue d'oc». L'Astrado pubblicherà in seguito, nel 1980, un'opera di Jean-Claude Rivière[66], Langues et pays d'oc, la quale sviluppa il concetto di lingue d'oc al plurale.[67]

Dal 1976[68], il settore di linguistica dell'istituto per gli studi occitani ha rigettato tutti questi argomenti ricordando:

Questo utilizzo ufficiale delle «lingue d'oc» al plurale (peraltro senza seguito) solleva obiezioni in quanto si lega, in Provenza, all'interdizione di tutta de grafia diversa dalla mistraliana[69] (mentre al contrario, in Alvernia, i sostenitori di P. Bonnaud e della grafia classica finiscono per «dividersi» il campo[70]). In seguito al cambiamento di leadership politica in Francia, nel 1981, la pluralità delle grafie viene ristabilita.

Le tensioni si placano per un po' fino ad arrivare alla creazione, fine 1991, del CAPES[71] dell'occitano-lingua d'oc (recante i due nomi, mentre la giuria prima è composta da un gruppo di occitanisti quali Gérard Gouirand e provenzalisti come Claude Mauron). Nello stesso periodo, Philippe Blanchet propone una nuova teoria sociolinguistica per spiegare la separazione del provenzale dall'occitano[72].

Tuttavia, i seguaci delle «lingue d'oc» al plurale (l'Astrado ha raggiunto il Collectif Provence[73] più ampio) ricevendo nuovi sostegni nel primo decennio del 2000 in parte per l'emergenza dell'Enstitut Biarnés e Gascoûn, a Béarn[74], e in parte Aigo Vivo, a Cévennes[75]. Le manifestazioni biennali per l'occitano, organizzate dall'Istituto di Studi Occitani, il Félibrige, la FELCO, la Confederazione delle calandretas e Oc-Bi (Carcassonne, 2005, Béziers, 2007, Carcassonne, 2009[76], 13.000 persone secondo la polizia) sono abbinate a contro-manifestazioni «per le lingue d'oc». L'ultima in ordine di tempo, che si è svolta il 3 ottobre del 2009 tra Beaucaire e Tarascona[77][78], ha radunato 500 persone. Parallelamente, alcuni politici, tra cui Michel Vauzelle, Jean-Claude Gaudin o Michel Charasse hanno sostenuto pubblicamente questa rivendicazione[79].


Il posto del catalano e del guascone


Il guascone e il catalano pongono un problema di classificazione per quanto concerne alcuni aspetti ibero-romanzi[80]. Nella sua opera Linguistique romane, il romanista Martin-Dietrich Glessgen opta classificando il guascone nell'insieme occitano. Nel corso del Novecento, sia gli studiosi legati al regime franchista, sia i nazionalisti catalani, per sciogliere ogni legame con l'area francese, hanno cercato in tutti i modi i primi di includere il catalano nell'alveo della famiglia linguistica iberica, assieme al castigliano, ed i secondi di evidenziare e dove fossero mancate, di inventare (v.sistema grafico, creazione di nuovi termini distinti etc) differenze rispetto all'Occitano. Il posto che occupa il catalano ha fatto molto discutere i movimenti di rinascita della lingua (Félibrige, occitanismo degli anni '30) che l'avevano da tempo incluso nella lingua d'oc.[48]


Classificazione dei dialetti occitani


Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti della lingua occitana.
Variazione dialettometrica dell'occitano secondo Hans Goebl.
Variazione dialettometrica dell'occitano secondo Hans Goebl.

L'occitano presenta una continuità linguistica, tuttavia per ragioni di categorizzazione è stato suddiviso in dialetti. Secondo Ronjat[81], il guascone costituisce il solo dialetto distintamente differenziato, mentre i limiti tra gli altri dialetti restanno vaghi. A parte la classificazione dialettale usuale, esistono altri metodi di classificazione scientifica dei dialetti occitani.


Dialetti dell'occitano


Classificazione dei dialetti occitani secondo la sintesi di D. Sumien
Classificazione dei dialetti occitani secondo la sintesi di D. Sumien

L'occitano è generalmente[82] classificato in sei dialetti :

Il catalano è considerato dalla maggior parte degli autori come una lingua separata ma altri includono i dialetti catalani nell'occitano.


Classificazioni supradialettali


Classificazione supradialettale classica
Classificazione supradialettale classica

La classificazione supradialettale classica[86] dell'occitano è la seguente:

Classificazione supradialettale dell'occitano secondo P. Bec
Classificazione supradialettale dell'occitano secondo P. Bec

Pierre Bec stabilisce un'altra classificazione[87] secondo le linee seguenti:

Classificazione supradialettale dell'occitano secondo D. Sumien
Classificazione supradialettale dell'occitano secondo D. Sumien

Domergue Sumien[89] propone un altro raggruppamento:


Antichi dialetti e zone interferenziali



Antichi dialetti del nord-ovest


Gli antichi dialetti d'oc del nord-ovest: del Poitou, della Saintonge, dell'Aunis nonché l'Angoumois sono rimpiazzati dai dialetti d'oïl[16] (Vedi la carta che mostra la disoccitanizzazione della regione tra Loira e Gironda). I dialetti d'oïl attuali di queste regioni conservano numerosi tratti originari occitani. Così Liliane Jagueneau (linguista, Università di Poitiers) dichiara

«Il lessico poitevin-saintongeais ha un gran numero di termini in comune con l'occitano, e si può dire sul piano lessicale in particolare, che il poitevin-saintongeais è il prolungamento dell'occitano nel dominio d'oïl[90]

Pierre Bonnaud (università di Clermont-Ferrand) aveva prima stabilito una lista di 1200 vocaboli comuni al poitevin-saintongeais e all'occitano dichiarando

«In questo dominio, non è esagerato dire che qualcuno che vuole scegliere accuratamente le parole in poitevin-saintongeais potrebbe praticamente parlare un occitano in fonetica d'oïl![91]»

Jacques Pignon (linguista, università di Poitiers) aveva dal 1960 stabilito la presenza nel poitevin di 9 tratti fonetici e 7 forme grammaticali comuni con l'occitano[92]. Questa regione aveva apparentemente un dialetto occitano specifico, molto vicino al limosino. Era il dialetto dell'espressione poetica del trovatore Richard Cœur de Lion (Riccardo Cuor di Leone), re d'Inghilterra e principe-duca d'Aquitania. La capitale dell'Aquitania era Poitiers in questo periodo, e numerosi trovatori (occitanofoni) erano originari di questa regione, per esempio Jauffré de Pons e Rigaut de Berbezilh (vedi Storia della Charente-Maritime).

L'esistenza di dialetti di tipo occitano, o almeno di tipo intermedio, è confermato da numerosi nomi di luoghi meridionali della Saintonge e del Poitou. Nel 1940, Henri Malet ha tracciato la linea di demarcazione tra i toponimi in -ac, di carattere occitano (Cognac, Jarnac o Jonzac) e i toponimi in -ay, -é (o -y) di tipo settentrionale, provenienti dai nomi di città gallo-romane in -acum: Beurlay, Plassay o Tonnay-charente[93]. Nel 1960 Jacques Pignon (linguista: Università di Poitiers) invalida in parte il tracciato di Henri Malet, dimostrando la presenza di toponimi in -ac e in -ade (indicanti un'antica presenza occitana) nel nord-ovest della Charente (Ruffécois), nel nord-est della Charente-Maritime (regione d'Aulnay), nel sud delle Deux-Sèvres (regione di Melle) e a sud e a est della Vienne (regioni di Civray, Montmorillon, Chauvigny e il sud della regione di Poitiers)[94]. O. Herbert ha svelato nella sua dissertazione «I nomi di luoghi della Vienne al confine dei domini francese e provenzale[95]». Jacques Pignon stima che si è fatto uso di una parlata di tipo occitano nel Poitou sud-orientale fino al termine del XII secolo, arrivando alla linea approssimativa Rochefort-Est di Niort, Poitiers-Chauvigny. L'influenza di Poitiers farà poco a poco trionfare le forme d'oïl senza eliminare nel complesso i tratti occitani. Pierre Gauthier (linguista: Università di Nantes) dimostrerà in seguito la presenza di toponimi in -ac nella Vandea meridionale (Bas-Poitou), fino a Fontenay-le-Comte e Talmont[96], deducendo nel 2002 che l'antica zona occitana saliva fino alla linea «Poitiers, Niort, Fontenay-le-Comte»[97].

Nella Saintonge meridionale, il clivaggio molto più brutale tra saintongeais e guascone fa pensare piuttosto a una causa accidentale. L'abate Th. Lalanne trova la spiegazione nelle devastazioni della guerra dei cent'anni. In effetti, la regione è stata strettamente coinvolta nelle lotte, iniziate tre secoli prima della guerra dei cent'anni. Nel 1152, Eleonora d'Aquitania, divorziava dal re di Francia Luigi VII che aveva sposato nel 1137 per risposarsi due anni più tardi con Enrico II Plantageneto, Conte d'Anjou, e futuro re d'Inghilterra. Le lotte che seguiranno troveranno provvisoriamente la loro conclusione nel ricongiungimento del Poitou alla corona di Francia. È una tappa importante nella storia della lingua poiché il francese diventava allora la lingua della cancelleria.

La Guida del pellegrino di San Giacomo di Compostela, scritta nel XII secolo, distingue bene il saintongeais[98]. Bisogna comprendere in questo contesto che il saintongeais era allora dell'occitano (e non il saintongeais attuale), e che lo si poteva distinguere dal francese, camminando da nord a sud.

Dopo la morte di Luigi IX ricomincia la guerra. Poitiers diventa per un certo tempo la capitale della Francia sotto Carlo VII. La Saintonge diventa uno dei campi di battaglia a causa della sua vicinanza con la Guienna in mano agli anglo-aquitani. Le guerre che vi si sono svolsero furono particolarmente disastrose. A queste devastazioni si sommeranno quelle causate dalle ripetute epidemie di peste, tra cui peste nera del 1349. Dopo la fine della guerra segnata dalla disfatta degli anglo-aquitani a Castillon (Gironda) nel 1453, la popolazione della regione era decimata del 90 %. Per ripopolare il territorio si rese necessario far ricorso in maniera massiccia alle popolazioni francofoni (che parlavano la lingua d'oïl) venute da regioni più a nord. È così che si spiega, a quanto pare, l'assenza totale di parlate intermedie tra lingua d'oïl e lingua d'oc nel Saintonge.

Dall'inizio del XIII secolo succede che alcuni documenti di Saintonge (es. Le coutumier d'Oléron[99]), e quelli di Aunis (es. «Le Terrier du Grand fief d'Aunis»[100]) e del Poitou (es.: «Le vieux coutumier du Poitou»[101]) erano già scritti in una lingua d'oïl che, nonostante la francesizzazione nello scritto, mostrava già i tratti principali del poitevin-saintongeais. Ma nello stesso periodo dei documenti della Saintonge centrale (es. «Charte du Mas Verlaine près de Barbezieux»[102]), o del Poitou sud-orientale (es.: «Les Coutumes de Charroux»[103]) erano scritti in una lingua che portava il marchio dell'occitano.


Interferenze o transizioni



Caratteristiche della lingua



Ricchezza del lessico


Il dizionario occitano ha di solito un numero di lemmi che si aggira intorno a 50 000-60 000, come per il francese, ma si è potuto arrivare a cifre anche più elevate, intorno a 450 000[23], rendendolo pari all'inglese[104].

La rivista Geo[23] afferma che la letteratura anglo-americana può essere tradotta più facilmente in occitano che in francese.

Il lessico è talvolta molto prolifico a causa della grande diversità interna della zona interessata, in particolare per quanto riguarda la descrizione della natura e della vita rurale. Esistono così 128 sinonimi per significare l'idea della terra coltivata, 62 per le paludi, 75 per designare il lampo[23].

Questa ricchezza si spiega con il fatto che l'occitano è composto da molteplici dialetti che sono parte integrante della lingua e dove ciascuno possiede il suo proprio lessico. Inoltre l'occitano non ha conosciuto depurazione, contrariamente al francese che è stato amputato delle sue forme dialettali dall'Académie française nel XVII e XVIII secolo.

Avendo la lingua subito un'eclissi durante il periodo di industrializzazione, la ricchezza del vocabolario legata alla vita di quest'epoca è meno importante di quella dei periodi precedenti. Recentemente, uno sforzo particolare è stato fatto per sviluppare un vocabolario (spesso scientifico e tecnologico) caratteristico delle lingue moderne[105].


Apprendimento delle lingue straniere


L'occitano predisporrebbe anche, secondo le fonti della rivista Géo, all'apprendimento delle lingue straniere. In effetti, l'orecchio umano ha la capacità di udire fino a 24000 Hz. Tuttavia, l'uso della lingua materna filtra e «deforma» i suoni stranieri. Le persone di lingua materna francese percepirebbero 5000 Hz, mentre i locutori nativi di un dialetto occitano ne percepirebbero come minimo 8 000[23].

Inoltre, l'occitano è una lingua romanza centrale, il che facilità la comprensione delle lingue "latine" vicine: italiano, spagnolo, portoghese… È inoltre la lingua romanza che ha più punti in comune con le altre lingue della stessa famiglia. Vedi nella tabella alla sezione "La centralità dell'occitano", il confronto del linguadociano (dialetto centrale della lingua), del guascone e delle altre lingue latine.


Lingua evolutiva


Come per altre lingue romanze, i prestiti dal latino e dal greco antico permettono di creare nuove parole molto precise, ad esempio per un uso tecnologico o scientifico. Inoltre, essendo l'Accademia della lingua catalana molto attiva, il prestito linguistico diretto dal catalano è facile e rapido da realizzare, a scapito tuttavia dell'autonomia della lingua occitana rispetto all'evoluzione della società.

D'altro canto, l'ascolto dei neologismi degli occitanofoni nativi permette anche delle variazioni utilizzando le risorse proprie della lingua. Per esempio, per la parola francese «parachutiste» (paracadutista), si può dire: «un paracaigudista» (catalanismo) o «un paracasudista» (italianismo). Mentre alcuni occitanofoni nativi dicono: «un paracabussaire», dal verbo «cabussar» che vuol dire: «affondare, cadere a capofitto».


Storia della lingua occitana


Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua occitana antica e Poesia trobadorica.

L'apogeo della lingua d'oc si ebbe tra gli ultimi decenni dell'XI e la metà del XIII secolo. In questo periodo l'occitano non solo era una lingua unificata e veicolare, ma era utilizzata come lingua giuridica ed amministrativa.

In quel periodo la lingua d'oc (sotto l'indicazione di provenzale) conobbe una ricchissima fioritura letteraria, culminata con la lirica dei trobadori medioevali.

Nel 1229, in seguito all'invasione della Linguadoca da parte di re Luigi VIII, il Re di Francia estese il proprio dominio politico nel Midi, il Sud della Francia, (Crociata albigese). La lingua d'oïl, diffusa fino a quell'epoca nella sola Francia settentrionale, divenne predominante su tutti gli altri idiomi parlati nel territorio occupato dall'attuale Francia, poiché venne impiegata nell'amministrazione del potere politico. Il processo fu poi accelerato dall'ordinanza di Villers-Cotterêts (1539), che impose ufficialmente su tutte le terre sotto sovranità francese l'uso pubblico della lingua di Parigi.

Con la fine dell'Ancien Régime non cambiò nulla al riguardo, anzi, l'uso del francese assunse valenza strategica in quanto simbolo e garanzia dell'unità nazionale. In tutti questi secoli le lingue regionali, tra cui la lingua d'oc, rimasero tuttavia diffuse quali vernacoli, soprattutto nelle zone rurali e montagnose.

Mappa linguistica dell'Europa Sud occidentale
Mappa linguistica dell'Europa Sud occidentale

Anticamente detto anche francoprovenzale meridionale, l'occitano non è da confondersi con il francoprovenzale (o arpitano), né con il dialetto patois francese o con il patois valdostano, due altri idiomi galloromanzi. Le suddette lingue si consolidarono soprattutto durante la graduale latinizzazione della Gallia tardo-antica e altomedievale (dal IV al XII secolo circa), con locuzioni latine miste a termini franco-gallici. Oggi, queste varietà linguistiche risultano di particolare interesse filologico, quindi sono state riconosciute e affiancate alle lingue ufficiali di ogni nazione appartenente.

La lingua d'Oc fu la celebre lingua usata dalla poesia trobatorica (o trovatorica), sorta in una regione della Francia sud-occidentale, l'Aquitania, intorno all'XI secolo, diffusasi poi in tutta l'Europa centrale. Inoltre, essa fu distinta sia dal francoprovenzale arpitano delle Alpi Graie, sia dalla estesa Francia centro-settentrionale, dove invece si parlava la cosiddetta d'oil (sempre galloromanza e madre dell'attuale francese ufficiale). La dicitura d'Oc nacque come metodo per distinguere le varietà linguistiche della Francia settentrionale e meridionale basandosi sulle differenti modalità di esprimere un'affermazione (il "sì"), in ciascuna varietà: Ed ecco, quindi, rispettivamente:

Molti sostengono che questa distinzione sia di origine dantesca[106], mentre altri riportano che le due espressioni furono in uso già qualche tempo prima, nel XIII secolo[107] e il padre della nostra lingua, Dante Alighieri, avrebbe solamente aggiunto l'espressione lingua di sì per riferirsi alle sole lingue dell'area italica.

Più specificatamente, il cosiddetto provenzale è uno dei dialetti principali che formano la lingua occitana. Poiché fu il dialetto quello usato in prevalenza dai trovatori medievali, invalse l'uso - soprattutto tra i filologi del XIX secolo - di utilizzare la parola "provenzale" per designare poi tutta la lingua occitana, soprattutto in epoca medievale[108][109]. Questa lingua, viene infatti parlata in molte regioni di quella che viene chiamata Occitania, una vasta regione storica (e non politica) comprendente gran parte del sud della Francia, la catalana Val d'Aran in Spagna, le Valli occitane in Italia e il Principato di Monaco[24]). Esiste poi anche un'isola linguistica in Calabria, a Guardia Piemontese, nel Cosentino[110]. In queste ultime zone, l'occitano diventa una lingua minoritaria riconosciuta e tutelata da leggi locali. Diversa è la situazione in Francia dove l'occitano gode di pochissima tutela. In Spagna invece, l'occitano divenne lingua ufficiale regionale della zona dei Pirenei nel Val d'Aran dal 1990, mentre in Catalogna fu riconosciuta nel 2006.

A parlare l'occitano si conterebbero circa due milioni di persone[111], mentre si stima in circa sette milioni il numero di persone che ne avrebbero una conoscenza passiva.

L'occitano presenta una grande variabilità (sei dialetti, più norme letterarie[112], diverse norme grafiche), un'importante produzione culturale e una letteratura prestigiosa[113] che contribuiscono alla sua ricchezza.

Un locutore di questa lingua parla uno dei dialetti d'oc poiché non esiste una standardizzazione orale unificata. I dialetti dell'occitano sono l'alverniate, il guascone, il linguadociano, il limosino, il provenzale e il vivaro-alpino[114].

L'occitano è al tempo stesso una lingua orale (parlata finora da milioni di persone[115]), una lingua letteraria che, a partire dal XII secolo, i trovatori esportarono in tutta l'Europa, e anche una lingua amministrativa ancora utilizzata in Catalogna. Durante il Medioevo, in Francia e in Italia, è stata anche una lingua amministrativa e giuridica in competizione con il latino. Quest'uso si è protratto talvolta fino all'epoca contemporanea, che ha visto il rimpiazzo dell'occitano da parte del francese o dall'italiano. Al bando della lingua dai documenti ufficiali (l'impatto dell'Ordinanza di Villers-Cotterêts fa discutere[116]) è seguito il declino dell'uso orale, legato ad una politica di svalutazione (l'occitano è stato considerato un patois, termine che ha anche una valenza riduttiva) e di repressione[117], che espone la lingua al pericolo dell'estinzione[118].


Origini dell'occitano


Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua occitana antica e Poesia trobadorica.

In seguito alla dominazione romana, le popolazioni locali adottano un latino volgarizzato. Questo processo, molto complesso nel suo svolgimento, durerà diversi secoli e tale lingua si evolverà sovrapponendosi alle parlate autoctone che finiranno per essere eliminate. Nel V secolo, la caduta dell'Impero romano e le invasioni barbariche portano alla trasformazione del latino in un certo numero di parlate nuove tra cui l'occitano. La formazione della lingua d'oc viene favorita da certe circostanze che le daranno la sua originalità:

«la bi-partizione linguistica della Francia comincia con la romanizzazione stessa[121]»

«cristiani e saraceni, dove vi affluiscono gli arabi, i mercanti lombardi, i visitatori della Grande Roma, da tutte le parti dell'Egitto, dalla terra d'Israele, dalla Grecia, dalla Gallia, dalla Spagna, dall'Inghilterra, da Genova e da Pisa, e vi si parlano tutte le lingue.[123]»


Nomi dell'occitano


A partire dal XIII secolo e fino all'inizio del XX[124], si incontra spesso il termine provenzale per indicare l'occitano. Il termine, originario dell'Italia, fa riferimento alla provincia romana e lo si trova ancora talvolta in inglese per tutta la lingua d'oc (provenzale).

Il termine oucitan nel trésor du Félibrige di Frédéric Mistral
Il termine oucitan nel trésor du Félibrige di Frédéric Mistral

La denominazione «provenzale» presenta delle ambiguità dato che definisce ugualmente il dialetto provenzale, che alcuni considerano come una lingua distinta[125]. D'altra parte l'espressione «lingua d'oc» fa pensare di primo acchito al dialetto linguadociano (occitano centrale). Forse per queste ragioni il termine generalmente considerato più chiaro è «occitano». Alcuni valenziani denominano occitano l'insieme occitano-romanzo (catalano e occitano[126]).

L'occitano venne chiamato in passato:

Gli occitani stessi dicevano lo romans (romanzo), lo lemozi(n) (limosino) o lo proensal (provenzale) nel XIII secolo .

Gli occitani hanno utilizzato e utilizzano tuttora altre formule per indicare la loro lingua, come «la lenga nòstra» (la nostra lingua) «parlam a nòstra mòda» (parliamo alla nostra maniera) o ancora in Guascogna «Que parli» (io parlo).

In alcune regioni, i locutori più anziani utilizzano il termine patois[131] per indicare la loro lingua, ma ai nostri giorni viene comunque rifiutato a causa delle sue connotazioni spregiative.

Altrove, nelle regioni che hanno una forte identità, il nome della provincia serve a designare la lingua, talvolta in contrasto con le variazioni che vi si trovano[132]. Si parla così di : «alverniate, limosino, guascone, bearnese (béarnais), provenzale, nizzardo (niçois)...».

Si possono trovare denominazioni secondo:

- la varietà locale della lingua (neugue),
- un termine geografico (aspois, médocain), o ancora una
- delimitazione amministrativa (girondino).

Cronologia



L'apogeo della cultura occitana


L'occitano era la lingua culturale del sud della Francia durante tutto il periodo medievale, in modo particolare con i trovatori («colui che trova», da trobar, «trovare» in occitano). I trovatori hanno inventato l'amor cortese espandendo l'idea innovatrice di fedeltà alla dama piuttosto che al signore. I loro valori e l'ideologia del fin'amor, della cortezia e della conviviença si sono rapidamente propagati in tutta l'Europa[140]. Così, essi danno il gusto alle corti europee dopo i tempi tristi che seguirono alle invasioni barbariche, creando uno stile di vita raffinato nelle corti signorili. Ciò testimonia il fatto che la letteratura in occitano era più fornita delle altre lingue romanze all'inizio del Medioevo[141], anche se diverse lingue hanno conosciuto una forma scritta pressappo nello stesso periodo. L'alfabeto portoghese venne creato sulla base dell'alfabeto occitano. Esso ha soltanto 23 lettere latine: K, W e Y non esistono, salvo nelle parole di origine straniere, mentre sono utilizzati i digrammi "nh" e "lh"[142].

Nel Medioevo, Dante, con la sua opera, De vulgari eloquentia[143] (1303-1305), ha permesso la diffusione del termine «lingua d'oco» (Lingua d'Oc, ovvero occitano), che il poeta oppone alla lingua d'oïl (il francese e i suoi dialetti) e alla lingua del si (l'italiano, sua lingua materna). Dante si basava sulla particella di affermazione: «sì» si diceva òc nell'antico occitano e antico catalano, ma oïl nell'antico francese, e nei dialetti italiani. I tre termini provengono dal latino: hoc est (questo è), illud est (questo è) e sic est (così è) che danno rispettivamente oc, oïl e .

Uno dei passaggi più notevoli nella letteratura occidentale è il canto XXVI del Purgatorio, dove il trovatore Arnaut Daniel risponde al narratore Dante in occitano:

«Tan m'abellis vostre cortés deman,
qu'ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.
Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo joi qu'esper, denan.
Ara vos prec, per aquella valor
que vos guida al som de l'escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor»


La decadenza della lingua



Sotto la monarchia

Il declino dell'occitano come lingua amministrativa e letteraria durerà dalla fine del XV al XIX secolo. L'occitano non ha cessato di perdere il suo statuto di lingua dotta. Nel corso del XVI secolo, la grafia precedentemente in uso cade nell'oblio (accentuata ancor più dall'ordinanza di Villers-Cotterêts che imponeva l'uso amministrativo del francese). Pierre Bec (op. cit.) precisa che nel 1500 la pronuncia e la grafia ancora corrispondevano, ma nel 1550 viene consumato il divorzio. Nel 1562, il duca di Savoia dà l'ordine ai notai della Contea di Nizza di redigere d'ora in poi i loro atti in italiano. A partire da questo momento, proliferano le grafie patoisantes prendendo come riferimento le lingue ufficiali.

La lingua del re di Francia finirà per imporsi in tutti i paesi nell'orale (antiche province occitanofone come il Poitou, la Saintonge o le Charentes, la Marche e la Bassa-Alvernia, così come una parte del Rodano-Alpi). Si imporrà altrove soltanto nelle scritture amministrative e giuridiche (regioni attualmente occitanofone).

Colbert nel 1666:

«Per abituare i popoli a piegarsi al re, alle nostre abitudini e costumi, non vi è niente di meglio che possa contribuirvi che fare in modo che i bambini apprendano la lingua francese, affinché questa gli divenga più familiare della loro sì da poter praticamente, se non abrogarne l'uso, almeno suscitare la preferenza del francese nell'opinione degli abitanti del paese.[144]»


Durante la Rivoluzione

La Rivoluzione francese confermerà questa tendenza, poiché i giacobini, per favorire l'unità nazionale, imporranno il francese come sola lingua ufficiale, il che non impedirà alla lingua d'oc di rimanere lingua parlata, se non addirittura essere utilizzata dai rivoluzionari per diffondere più efficacemente le loro tesi[145].

Citazioni dell'abate Grégoire nel 1793:

«L'unità della Repubblica impone l'unità linguistica e tutti i francesi devono sentirsi onorati di conoscere una lingua (il francese) che d'ora in poi, sarà per eccellenza quello della virtù del coraggio e della libertà.[144]»

«È giunto il momento che le preghiere debbano essere espresse soltanto in francese, la lingua della ragione. Non vogliamo che esso abbia il benché minimo impedimento nel distruggere il nostro patois, il nostro patois troppo pesante, troppo villano. L'annientamento dei patois serve all'espansione dei Lumi, alla conoscenza epurata dalla religione, all'esecuzione facile delle leggi, alla felicità nazionale e alla tranquillità politica[144]

«Tuttavia la conoscenza e l'uso esclusivo della lingua francese sono intimamente legati al mantenimento della libertà per la gloria della Repubblica. La lingua deve essere una come la Repubblica; del resto la maggior parte dei patois hanno una vocabolario così povero da non poter rendere che traduzioni infedeli. Cittadini! che una sana emulazione vi inciti a bandire da tutte le contrade di Francia questi gerghi. Non abbiate altro che sentimenti repubblicani: solo la lingua della libertà li deve esprimere: soltanto essa deve servire da interprete nelle relazioni sociali.[144]»


Azioni della stampa

La lingua, malgrado qualche tentativo letterario nel XVI secolo, non sopravvive ormai che nelle usanze popolari, raramente scritte, fino al XIX secolo con il rinnovamento del Félibrige. I media occitani diventano essi stessi ardenti oppositori dell'occitano:

«Questo infelice biascicamento (l'occitano) è ormai tempo di proibirlo. Noi siamo francesi, parliamo francese.[144]»

(un lettore dell'Écho du Vaucluse, 1828)

«Il patois porta alla superstizione e al separatismo, i francesi devono parlare la lingua della libertà.[144]»

(La Gazette du Midi, 1833)

«Distruggete, se potete, gli ignobili patois dei limosini, dei perigordini e degli alverniati, costringeteli con tutti i mezzi possibili all'unità della lingua francese come all'uniformità di pesi e misure; noi vi approveremo di gran cuore; renderete un servigio alle loro popolazioni barbare e al resto della Francia che non ha mai potuto comprenderli.[144]»

(Le Messager, 24 settembre 1840)

Sotto la Repubblica: la scuola, l'amministrazione e l'esercito

L'occitano resterà per una grande maggioranza la sola lingua parlata dalla popolazione fino all'inizio del XX secolo. In quest'epoca, la scuola (prima, durante e dopo la Terza Repubblica francese) svolge un grande ruolo nella scomparsa dell'uso orale della lingua occitana. Dopo le Leggi Jules Ferry, se da un lato la scuola diventa gratuita e obbligatoria per tutti, dall'altro continua a causare un regresso importante dell'occitano tramite l'obliquità di una politica di denigrazione e colpevolizzazione delle persone che parlano lingue diverse dal francese. La repressione dell'utilizzo della lingua all'interno della scuola è molto importante e consiste principalmente nell'umiliare i cosiddetti patoisants dando loro un segno distintivo. Il termine patois è del resto contestabile poiché peggiorativo[146]. Come obiettivo si voleva far dimenticare che l'occitano fosse una vera lingua facendo credere che l'utilizzo del patois fosse oscurantista[147] poiché supposto non universale.

«Il patois è il peggiore nemico dell'insegnamento del francese nelle scuole primarie. La tenacità e libertà con la quale in alcuni paesi i bambini fra loro li parlano fanno la disperazione di tanti maestri che cercano con ogni sorta di mezzo di combattere questa seccante abitudine. Tra i mezzi vi è uno che ho visto impiegare con successo in una scuola rurale dell'alta Provenza… Il mattino, entrando in classe, il maestro consegna al primo alunno della divisione superiore un soldo contrassegnato da una croce fatta con un coltello… Questo soldo si chiama: il segno. Si tratta per il possessore di questo segno (il «signore» come dicono gli alunni) di sbarazzarsene dandolo a un altro alunno nel caso in cui egli lo sorprenderà a pronunciare una parola in patois. Mi sono messo a riflettere su questo modo di procedere… Vi trovo, accanto agli effettivi vantaggi, un inconveniente che mi sembra assai grave. Su dieci bambini, ipotizziamo, che sono stati sorpresi a parlare patois nella giornata, solo l'ultimo è punito. Non è questa un'ingiustizia ? Per ora preferisco punire tutti quelli che si lasciano sorprendere […].[144]»

(Corrispondenza generale dell'Ispezione primaria, 1893)

«Considero che un insegnamento del dialetto locale non può essere dato che in base all'utilità che esso offre allo studio e alla conoscenza della lingua nazionale.[144]»

(Léon Bérard, Ministro della Pubblica Istruzione, dicembre 1921)

Mutazioni sociali e demografiche

I mutamenti sociali all'inizio del XIX e XX secolo sono anche all'origine del deprezzamento della lingua. Con la rivoluzione industriale e l'urbanizzazione, parlare nient'altro che l'occitano costituiva un handicap per accedere a posti importanti. Molti genitori hanno allora scelto o sono stati costretti a parlare ai loro bambini soltanto in francese. Tuttavia, per loro stessi, il francese era la lingua della scuola[148] e dell'amministrazione, ma non era la loro lingua materna.

L'occitano non è stato più la lingua di acculturazione dei migranti sul territorio occitano[149] che hanno così contribuito a diminuire il potenziale di impiego dell'occitano[150]


Forme moderne di anti-occitanismo

Gli avversari dell'occitano esistono ancora oggi, sotto diverse forme. Ecco qualche citazione caricaturale:

«Con 4000 franchi potrei comprare una mitraglietta e farla finita con l'occitano.[144]»

(Il collaboratore principale di un collegio della banlieue tolosana, anni 1990)

«Il nizzardo è inutile perché i nizzardi parlano molto bene il francese.»

(Un sindaco delle Alpes-Maritimes, anni '90[144])

«La nostra visione delle «lingue» e delle «culture» regionali, asettiche, immerse nella sciocca nebbia dei buoni sentimenti eco-folcloristici, nutrendosi di immagini di un passato rivisitato… Questo non può essere un obiettivo nazionale. Proponendo alle giovani generazioni un ritorno alle lingue, sopravvissute soltanto nelle forme parlate, private essenzialmente dell'indispensabile passaggio alla maturità che solo può dare la forma scritta, letteraria, filosofica, si crede seriamente di offrire loro un avvenire di lavoro, di inserimento sociale, di pensiero ?[144]»

(Danièle Sallenave, Partez, briseurs d'unité !, Le Monde, 3 luglio 1999)

Le rinascite della lingua



Prima rinascita

Mentre la lingua sembra fortemente attaccata, diversi movimenti in difesa della letteratura occitana vedono la luce nel periodo 1650-1850, preparando l'avvento del Félibrige. Il riconoscimento della letteratura occitana può essere attribuito, in modo particolare, all'agenese Jacques Boé (detto Jasmin) e al nimense Jean Reboul. Pierre Bec distingue i movimenti seguenti:

Dopo l'oblio, i trovatori conoscono nella seconda metà del XVIII secolo un rinnovato interesse. All'interno dei circoli aristocratici meridionali, si rimette in discussione la pretesa supremazia letteraria del francese. Si assiste a una ricerca linguistica e letteraria e si ritrova il gusto romantico per il Medioevo. Il folklore, i romanzi e i racconti campestri destano interesse. Gli storici lavorano sulla «crociata contro gli albigesi» e sulla storia del Mezzogiorno.

«Apelavam ma lenga una lenga romana.»

Questo verso rappresenta la saldatura di due correnti dell'occitano rinascente. L'uno: la «lingua»: il suo «patois» quotidiano; l'altro: la «lenga romana» è un segno d'erudizione. Il patois viene visto come una lingua d'un rango molto alto. L'amore per il popolo e le sue miserie è cantato da Victor Gélu.

Al contrario dei «dotti» che si volgono verso il passato (nel senso che fanno ricerche erudite) e di «operai» che mettono in luce il loro dinamismo proletario, i poeti borghesi (o piccola nobiltà) si situeranno tra i due. Il movimento è più dilettantesco, ma con una grande passione per la lingua.

Honnorat capisce la necessità di maggior realismo linguistico. La lingua aveva perduto la sua codificazione ortografica e morfologica. L'indisciplina nella grammatica o la grafia erano rivendicate anche dal movimento operaio. Honnorat pubblicherà il suo dizionario provenzale-francese a cominciare dal 1840 e sarà un precursore che ridarà all'occitano la sua dignità e la sua coerenza.


Seconda rinascita

Un primo tentativo di ritorno a una norma grafica ha luogo nel XIX secolo, concepito da Joseph Roumanille e resa popolare da Frédéric Mistral. La seconda rinascita letteraria della lingua si è svolta nel XIX secolo sotto la guida del Félibrige. In questo periodo la lingua è essenzialmente utilizzata dalla popolazione rurale. Mistral e i suoi colleghi del Félibrige ridanno prestigio alla lingua, dandole una norma e delle opere letterarie. La loro azione è talvolta frammista a una volontà politica. I felibristi dicevano: «una nazione che ha solo una letteratura, una nazione che distrugge le lingue periferiche, è una nazione indegna del suo destino di nazione». L'occitano, nella sua forma provenzale e nella sua grafia avignonese, venne ad essere diffuso ben più lontano delle frontiere occitanofone. Ancora oggi, la letteratura mistraliana è studiata in paesi come Giappone o Scandinavia. Mistral è il solo autore unicamente occitanofono ad essere stato premiato per la sua opera con il Nobel per la letteratura. La riforma linguistica mistraliana troverà il suo migliore "fabbro" in Auguste Fourès di Castelnaudary (1848-1891) che ambienta le sue diverse raccolte poetiche in Linguadoca. Successivamente, altri scrittori della Linguadoca o del Limosino Joseph Roux (1834-1905), Antonin Perbosc (1861-1944), Prosper Estieu (1860-1939), tenteranno di unificare la lingua, restaurando la grafia classica e sbarazzando la lingua dai gallicismi. Il sistema Perbosc-Estieu diventa la base della grafia dell'occitano «moderno». Il lessicografo e grammatico Louis Alibert, sostenuto dai catalani, pubblica, tra il 1935 e il 1937, a Barcellona la Gramatica occitana segón los parlars lengadocians. Perfeziona inoltre la scrittura per stabilire la grafia classica ispirata alla norma antica adattata alla lingua moderna.


Esempi di grafia occitana classica

Lettura e pronuncia della grafia derivano dalla norma classica dell'occitano:


Epoca contemporanea

Nonostante un periodo di forte deprezzamento della lingua (vedi il capitolo sulla decadenza), nuovi autori vedono la luce:

Nel 1931-1939, l'autonomia acquisita dalla Catalogna, che sostiene l'occitanismo, ridarà vigore al dinamismo occitano.

L'Institut d'Estudis Occitans (IEO) opera dopo il 1945 per la difesa e la promozione della lingua occitana. La sua azione è responsabile in gran parte della salvaguardia e dello sviluppo dell'occitano. Esso interviene nella ricerca, negli studi, colloqui e pubblicazioni, nella promozione dell'insegnemento dell'occitano, nella formazione (stages, convegni estivi…), nelle arti plastiche, esposizioni, nella musica, nell'editoria: l'IEO è il più grande editore di lingua d'oc con le sue collezioni di prose, poesie, divulgazione, libri per bambini… Inoltre, le sezioni regionali e dipartimentali dell'IEO, i Circoli occitani locali, partecipano all'animazione e alla vita culturale del paese. Se si prende il caso del Cantal, si possono citare autori come Félix Daval, Terésa Canet, Daniel Brugès o Joan Fay che hanno pubblicato numerosi testi sia in riviste che in libri propri.

Nel 1951, la legge Deixonne autorizza l'insegnamento dell'occitano negli istituti scolastici in Francia. Questa legge sarà completata in seguito con la creazione di un CAPES[71] d'occitano nel 1991, nonostante che il numero di posti sia al di sotto dei bisogni reali e della domanda.


Periodo recente



Statuto attuale dell'occitano

22 ottobre 2005: manifestazione di oltre 12 000 persone a Carcassonne per il riconoscimento della lingua.
22 ottobre 2005: manifestazione di oltre 12 000 persone a Carcassonne per il riconoscimento della lingua.
Francia
Lo stesso argomento in dettaglio: Politica linguistica della Francia.

Sovvenzioni pubbliche per le lingue regionali in Francia a confronto[154]

RegioneLinguaPopolazioneBilancio[155]Per abitante
Aquitania Basco 260 000 800000  3,07 
Aquitania Occitano 2 910 000 800000  0,27 
Bretagna Bretone 3 139 000 7000000  2,23 
Linguadoca-Rossiglione Occitano 2 594 000 2800000  1,07 
Midi-Pirenei (2009) Occitano 2 833 000 1100000  0,38 
Midi-Pirenei (2010) Occitano 2 833 000 1350000  0,48 
Monaco
Spagna
Italia
Unione europea

Utilizzo

Segnaletica bilingue in francese e in occitano Tolosa (Alta Garonna).
Segnaletica bilingue in francese e in occitano Tolosa (Alta Garonna).

L'80 % degli abitanti della zona linguistica occitana interrogati (parlanti o no la lingua) sono favorevoli all'insegnamento dell'occitano. Tuttavia il numero di posti offerti dall'amministrazione è di gran lunga insufficiente alle necessità espresse.[157].

I due terzi degli interpellati considerano che la lingua sia piuttosto in declino[senza fonte], sottolineato anche dal fatto che istituzioni europee, come l'UNESCO classifica i dialetti occitani come "seriamente in pericolo" di estinzione, eccetto per il guascone e il vivaro-alpino che sono classificati unicamente "in pericolo"[158].

Questo declino si spiega forse con il fatto che solamente il 5 % della popolazione occitanofona attiva di Francia (il 12 % in Aquitania) trasmette la sua lingua ai discendenti. Questo tasso di trasmissione è molto scarso, benché sia migliore rispetto alle altre lingue regionali di Francia (esempi: bretone, arpitano). Tuttavia, è apparsa una giovane generazione che si ri-occitanizza, principalmente di origine rurale. Il numero di allievi che seguono l'insegnamento in occitano (escluso il catalano) è di 71 912 individui per l'anno scolastico 2000/2001.

Alcune regioni (Linguadoca-Rossiglione, Midi-Pirenei, la Provenza-Alpi-Costa Azzurra e l'Aquitania) hanno sviluppato una politica a favore della lingua e della cultura d'oc, che dà incentivi per l'insegnamento, ai movimenti culturali, alle pubblicazioni, sostiene le emittenti televisive in occitano - riviste, giornali d'informazione sulla televisione pubblica (France 3), web-tv - e favorisce l'impiego in pubblico dell'occitano.

La realtà occitana è una parte costitutiva della cultura europea, riconosciuta e studiata come tale nelle università straniere: in Germania, negli Stati Uniti, in Scandinavia, in Giappone… L'occitano è studiato nelle università del mondo intero nel quadro degli studi delle lingue romanze. Lingua e cultura occitane possono essere studiate un po' in tutto il mondo, per esempio nelle università situate in[159]: Germania, Belgio, Brasile, Canada, Danimarca, Spagna, Stati Uniti, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Romania e in Svizzera.

Nella Catalogna spagnola, l'apprendimento dell'occitano è possibile a scuola (anche fuori dalla zona occitanofona).

In Francia, dopo lungo tempo rimosso dalla scuola, ha cominciato a essere riconosciuto nell'insegnamento ufficiale: corsi di occitano opzionali o il bilinguismo delle scuole calandretas. Anche il governo francese, nel suo rapporto del 1998 sulle lingue regionali, riconosce oggi che

«l'occitano si caratterizza per la sua estensione geografica, di gran lunga la più importante su territorio francese, e per una produzione culturale - in particolare letteraria - di indiscusso prestigio, allo stesso tempo molto antico e tenace.»

La principale difficoltà per il dinamismo della loro lingua è il fatto che sovente gli occitani stessi non sono coscienti della realtà occitana.


Sviluppi recenti

Alain Rainal della Federazione degli insegnanti di lingua e cultura d'oc (FELCO) parla di liquidazione dell'insegnamento dell'occitano e quindi di liquidazione della lingua occitana. In effetti, i posti di CAPES[71] diminuiscono in media del 30%; i CAPES di occitano diminuiti del 71%. Secondo lui, il governo domanda più solidarietà ai più poveri, e meno ai più ricchi. Aggiungendo inoltre che le lingue e culture regionali sono qualcosa di molto importante, un patrimonio inestimabile e non merita di essere peggiorato, ma almeno lasciato al livello precedente. Ancora M. Rainal dice: che questa notizia è inquietante per l'insegnamento dell'occitano bilingue o trilingue. I genitori degli allievi sanno che vi è una possibilità di valorizzare professionalmente questa conoscenza acquisita. Il numero di posti nei concorsi si vanno sempre più riducendo talché bisognerà passare a concorsi per solo quattro posti. Ciò crea una grande difficoltà e non offre che poche prospettive professionali.[160]

Il Consiglio generale d'Aran ha chiesto un nuovo statuto alla regione di Catalogna, in Spagna, che gli permetterebbe d'avere competenze proprie con l'obiettivo di negoziare gli accordi con le regioni occitane di Francia. Inoltre, il Consiglio generale gestirebbe esso stesso le azioni riguardanti la lingua e la cultura aranese. Peraltro, una richiesta di co-ufficialità dell'occitano e del catalano è stata formulata in tutta la regione. Questo avrebbe come conseguenza il riconosciemneto dell'occitano come una delle lingue ufficiali della Spagna.

Il 30 settembre 2005, il parlamento catalano ha approvato con la maggioranza assoluta il progetto del nuovo statuto di autonomia della Catalogna. Il nuovo statuto riconosce nel suo articolo 9.5 l'ufficialità (in tutta la Catalogna) della «lingua occitana, detta aranès nella Val d'Aran». Il riconoscimento della Val d'Aran nello Statuto è stato anche sostenuto dai partiti ERC e ICV-EUiA, mentre il PP catalano ha appoggiato il riconoscimento nello Statuto della singolarità d'Aran, ma in nessun modo riferendosi a questo territorio come a una «realtà nazionale occitana». Il progetto ha ricevuto l'avallo di Madrid affinché lo statuto divenisse legge. Il parlamento spagnolo ha in particolare soppresso il termine «nazione» dall'articolo primo per qualificare la Catalogna. Alcuni politici spagnoli considerano che il progetto del nuovo statuto sia un passo verso la divisione dello Stato e che non è dunque conforme alla Costituzione.

Il 18 giugno del 2006, il referendum concernente il nuovo statuto per la Catalogna è ampiamente approvato dalla popolazione catalana: più del 70 % dei voti favorevoli. Tre partiti avevano incitato a votare «sì»: il Partito Socialista Catalano (PSC, alla testa del governo regionale), i comunisti e i verdi d'Iniciativa per Catalunya (ICV, membro della coalizione governativa) e i democratici-cristiani di Convergencia i Unio (CiU). I repubblicani indipendentisti catalani d'Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) avevano sollecitato a votare «no», come il Partito Popolare (PP, destra centralizzatrice). I primi rinfacciavano al nuovo statuto di non riconoscere la Catalogna come «nazione» e di non dare totale autonomia alla regione sulle imposte, sui porti e gli aeroporti. I secondi valutano che il testo consente troppa autogestione, in particolare fiscale, alla Catalogna e lo considerano «anticostituzionale».

Lo Statuto dà l'ufficialità all'aranese e considera la Val d'Aran «realtà occitana».

L'articolo 11, del nuovo statuto dice:

«Il popolo aranese esercita l'autogoverno secondo questo Statuto tramite il Conselh Generau di Aran (istituzione superiore politica della Val d'Aran) e le altre istituzioni proprie.»

Il secondo paragrafo annuncia:

«I cittadini della Catalogna e le sue istituzioni politiche riconoscono Aran come una realtà occitana fondata sulla sua specificità culturale, storica, geografica e linguistica, difesa dagli aranesi nei secoli.»

«Questo Statuto riconosce, difende e rispetta questa specificità e riconosce anche Aran come un'entità territoriale singolare nella Catalogna, soggetta a una protezione particolare per mezzo di un regime giuridico speciale.»

D'altra parte, nell'articolo 6, in riferimento alle lingue della Catalogna, figura nel nuovo Statuto che

«la lingua occitana, chiamata aranese nell'Aran, è la lingua propria e ufficiale di questo territorio è anche ufficiale in Catalogna, in accordo con ciò che stabilisce questo Statuto e le leggi di normalizzazione linguistica[162]


Premi Nobel per la letteratura di lingua occitana



Note


  1. In virtù della natura di penisola linguistica del Principato di Monaco, dove il ligure monegasco non è incluso nella varietà di transizione del dialetto mentonasco, la presenza di parlanti occitano nel dialetto nizzardo della variante provenzale ha subito una complessa evoluzione nel corso dei secoli, andando a coesistere in certi periodi col ligure locale. I principali periodi d'immigrazione occitana nel Principato si collocano dagli anni sessanta dell'Ottocento agli anni trenta del Novecento, in coincidenza con la costruzione del Casinò e l'importante aumento di popolazione. Tuttavia, questi immigrati avrebbero dimenticato ben presto la loro lingua d'origine, tanto che negli anni quaranta nessuno degli abitanti parlava più occitano (Arveiller, 1941). Secondo alcune fonti (Ethnologue, 2005) Archiviato il 19 novembre 2006 in Internet Archive. una comunità di 4.500 parlanti occitano continuerebbe a coesistere col francese e monegasco, mentre altre testimonianze riportano di una comunità ristretta a qualche decina di persone già nel 1940. L'università Laval (a Québec) non cita l'occitano fra le lingue parlate a Monaco nel suo studio ( Archiviato il 10 giugno 2012 in Internet Archive.).
  2. (FR) Per es. La città di Albi dà 2000 franchi d'oro per l'evacuazione del castello di Penne d'Albigeois, occupato dagli inglesi. "Dominus Johannes, regis francorum filii dux Bituricensis et Alvernie locum tenens domini nostri francorum regis in tota lingua occitana et ducatu aquitanie..." in Clément Compayre, Studi e documenti storici inediti sull'Albigeois, il Castrais e il Vaurais p. 261. In questo caso lingua occitana traduce lingua d'oc in quanto territorio
  3. (FR) Joseph Anglade, Histoire sommaire de la littérature méridionale au Moyen-Âge, 1921
  4. (FR) A. Rey (dir.), Dizionario storico della lingua francese, tomo II (F-PR), pagina 2427: «Occitano (lingua d'oc): [...] Il termine "provenzale", usato fino alla metà del XX secolo tra i romanisti».
  5. (FR) Rapporto di Monsieur Bernard Poignant al primo ministro sulle lingue e culture regionali[collegamento interrotto] (PDF)
    «L'occitano. Questa denominazione è stata scelta per la nomenclatura stabilita dalla legge Deixonne. Le accademie coinvolte nell'insegnamento dell'occitano sono le seguenti: Nizza, Grenoble, Aix-Marseille, Clermont Ferrand, Montpellier, Toulouse, Limoges, Bordeaux e, in minima parte, Poitiers. Questa lingua è ugualmente parlata e insegnata in Spagna (nella Val d'Aran dove gode di uno statuto ufficiale) e in un certo numero di valli alpine italiane. Tra le lingue regionali, l'occitano si caratterizza per la sua estensione geografica, di gran lunga la più importante del territorio francese, e per una produzione culturale - particolarmente letteraria - di un certo prestigio, allo stesso tempo molto antica e tenace.»
  6. (FR) Pierre Bec, La langue occitane, Paris, 1967, p. 70-71
  7. Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia, I, viii, 5; II, xii, 3.
  8. (FR) BEC, P. Manuel pratique de philologie romane, Paris, Picard, 1970
  9. (FR) Vedere per esempio Marc TROTTIER, Uno studio storico comparativo delle lingue poetiche dell'occitano e del catalano dalle origini al XX secolo Archiviato il 1º ottobre 2008 in Internet Archive..
  10. (CA) riferimento
  11. (CA) Manifest, maig del 1934 Archiviato il 24 settembre 2010 in Internet Archive..
  12. (FR) Pierre Bec, La langue occitane, Q. S. J. ? Presses universitaires de France, page 120
  13. (FR) Sondaggio realizzato nella Linguadoca-Rossiglione nel 1991: «28% dichiara più o meno di parlarla», «una persona su due (…) dichiara di comprendere l'occitano» (Pierre Bec, La langue occitane, Q. S. J. ? Presses universitaires de France, pagina 120). Non si può che deplorare la mancanza di dati affidabili in questo dominio.
  14. La Provincia - Crotone Archiviato il 19 novembre 2007 in Internet Archive.
  15. Comune di Guardia Piemontese - i Valdesi Archiviato il 5 ottobre 2008 in Internet Archive.
  16. (FR) La langue occitane, Pierre Bec, Que sais-je, p.77
  17. (FR) La Gàrdia: un laboratoire calabrais pour l'occitan de demain
  18. P. Monteleone, Per una identità di Guardia Piemontese tra dati demografici, riscontri, memorie e territorio, Le ragioni di una civiltà, a cura di A. Formica, Commune di Guardia Piemontese (1999)
  19. Provenienti dal comune di Bobbio Pellice, in fuga dalle persecuzioni religiose
  20. (FR) EUROPA - Educazione e formazione - Lingue regionali e minoritarie - Étude Euromosaïc[collegamento interrotto]
  21. Il progetto «langue occitane» sul sito del comune di San Sisto dei Valdesi Archiviato l'11 maggio 2012 in Internet Archive.
  22. Pressac, Availles-Limouzine, Millac, Mouterre-sur-Blourde e Coulonges (cfr. inchiesta di Tourtoulon e Bringuier)
  23. (FR) Géo (rivista francese), luglio 2004, n° 305 - Occitanie au cœur du Grand Sud, propos de Louis Combes (Cantalausa), pagina 79
  24. "Monaco: Language Situation" in Encyclopedia of Language & Linguistics (Second Edition), 2006: A further 15% of the population of Monaco speaks the Niçard (Niçois) variety of Provençal, which greatly influences the French of the Monegasque region. In fact, the Niçard-speaking community comprises mainly individuals of over 50 years of age, but Provençal is increasingly gaining status as a literary language.
  25. (FR) Jules Ronjat, Grammaire [h]istorique des parlers provençaux modernes, tomo I, p. 23: «Altri dialetti provenzali sono ancora in uso presso qualche comunità discendente dai valdesi scacciati dalla valle del Cluson e rifugiatisi alla fine del XVII secolo nel ducato di Württemberg». Ronjat indica in una nota della stessa pagina:
    «La loro lingua si è conservata soltanto in tre villaggi, dove l'ho trovata che ancora si parlava nel 1909 da appena un centinaio di persone anziane: Bourcet o Neu-Hengstett, presso Alt-Hengstett, a est di Calw; Pinache e Serres (nomi fr.) formano una stessa parrocchia nei dintorni di Dürrmenz in prossimità della frontiera badese, nel distretto di Maulbronn
    Il termine provenzale si deve qui intendere nel senso di occitano, nella sua varietà vivaro-alpina.
  26. (FR) Colonie guasconi nel Paese Basco
  27. (EN) Storia di Valdese Archiviato il 1º maggio 2011 in Internet Archive.
  28. (AR) presentazione e storia di Pigüé Archiviato l'11 dicembre 2007 in Internet Archive.
  29. (FR) Martel Philippe, «Qui parle occitan?», Langues et cité, 10, Paris, DGLFLF, 12/2007.
  30. (EN) Scheda lingua su Ethnologue.com
  31. (FR) Aquitaine Sondage du Conseil Régional d'Aquitaine réalisé par Média Pluriel Méditerranée en 1997
  32. (FR) Des langues romanes, Jean-Marie Klinkenberg, Duculot, 1994, 1999, pagina 228: il numero di locutori dell'occitano è attualmente stimato da 10 a 12 milioni. Il calcolo è certamente difficile, (…) ma ad ogni modo nessuna cifra fornita scende mai al di sotto dei 6 milioni.
  33. (FR) Istituto di Sociolinguistica Catalana
  34. (FR) Breve storia dei luoghi di insediamento occitani e tracce di toponimi occitani Archiviato l'11 gennaio 2008 in Internet Archive.
  35. (CA) Normes ortografiques der aranés
  36. (EN) Universal Declaration of Human Rights (Article 1), su omniglot.com. URL consultato il 15 ottobre 2009.
  37. (FR) Dictionnaire Provencal-Français ou dictionnaire de la langue d'Oc ancienne et moderne, (Repos éditeur, Digne, 1846-1847)
  38. (FR) Grammaire limousine et La lenga d'aur (dictionnaire manuscrit)
  39. (FR) Gramatica occitana segon los parlars lengadocians, 1935-37
  40. (FR) Gramatica occitana, 1943
  41. (FR) IEO, La réforme linguistique occitane et l'enseignement de la langue d'oc, 1950
  42. (FR) Robert Lafont, Phonétique et graphie du provençal, 1951
  43. (FR) IEO, L'application de la réforme linguistique occitane au gascon, IEO, Toulouse, 1952
  44. (FR) Pierre Bonnaud, Pour aider à lire et écrire le nord occitan, 1969
  45. (FR) Nòrmes Ortogràfiques der Aranés 1982, 21999
  46. (IT) G. Creazzo, A. Formica, H.P. Kunert, 'O libre meu, manuale didattico per l'insegnamento della lingua occitana nella scuola, idea e progetto di A. Formica, Gnisci, Paola, 2001
  47. (IT) Normas ortogràficas, chausias morfològicas e vocabulari de l'Occitan alpin oriental. Cuneo [Coni]: Espaci Occitan - Regione Piemonte, 2008
  48. (FR) Georg Kremnitz, «Sulla delimitazione e individuazione delle lingue. Con esempi presi principalmente nel dominio romanzo», IEC
  49. (DE) Friedrich Diez, Grammatik der romanischen Sprachen, Bonn 1836–38 & 1876–77;
  50. (FR) Charles de Tourtoulon, Octavien Bringier, Studio sul confine geografico della lingua d'oc e della lingua d'oïl (comprensivo di carta) (1876), Parigi: Imprimerie Nationale [riedizione 2004, Masseret-Meuzac: Institut d'Estudis Occitans de Lemosin/Lo Chamin de Sent Jaume]
  51. (FR) Un esempio recente di una tale credenza: Peter A. Machonis, Storia della lingua: dal latino all'antico francese, University Press of America, 1990, ISBN 0-8191-7874-8, tra cui il capitolo 11, dialetti dell'antico francese: lingua d'oc, lingua d'oïl e francoprovenzale
  52. (FR) Carte dans Meillet & Cohen, Les langues du Monde, 1924, su Gallica
  53. (FR) Joseph Anglade, Sintesi storica della letteratura meridionale del Medioevo, 1921, anche se in questa opera più che in quella universitaria tolosina propone di sostituire il provenzale con l'occitano
  54. (FR) Charles Rostaing, Les noms de lieux, Paris: PUF, 1980. Sa carte p. 75 incluso occitano e arpitano nei confini del francese
  55. (FR) Pierre Bec, Manuel pratique de linguistique romane
  56. (EN) Harris & Vincent, The Romance Languages
  57. (FR) Jean-Marie Klinkenberg, Des langues romanes
  58. (FR) Tra le sue opere più significative, Aièr e deman, romanzo di fantascienza, L'Astrado, 1971 e la sua Grammaire provençale, L'Astrado, 1967, ristampate più volte
  59. (FR) Louis Bayle, L'óucitanisme, Toulon: Escolo de la Targo, 1964
  60. (FR) Louis Bayle, Dissertazione sull'ortografia provenzale confrontata con la grafia occitana, L'Astrado, 1968
  61. (FR) Louis Bayle, Procès de l'occitanisme, L'Astrado, 1975
  62. (FR) Louis Bayle, Huit entretiens sur l'occitanisme et les occitans, L'Astrado, 1979
  63. (FR) Louis Bayle, Considerazioni sul Félibrige, L'Astrado, 1977
  64. (FR) Sito del Cercle Terre d'Auvergne il quale sviluppa la dottrina di Pierre Bonnaud
  65. (FR) Si può vedere una critica di questo documento in R. Teulat, «Occitan o lengas d'òc», Quasèrns de lingüistica occitana 4, 1976, riedito in Uèi l'occitan, IEO, 1985, ISBN 2-85910-004-0.
  66. (FR) Universitario specializzato nell'occitano antico, fortemente politicizzato - cfr. Jean-Claude Rivière, Sovversione e lingue regionali Archiviato il 5 marzo 2009 in Internet Archive., UNI, 1984
  67. L'insieme delle pubblicazioni sviluppano in genere la stessa argomentazione:
    • non vi è inter-comprensione tra i diversi dialetti d'oc
    • gli occitanisti tentano d'imporre una lingua e una grafia artificiale a scapito delle lingue «autentiche» e «storiche» della Provenza, dell'Alvernia...
    • gli occitanisti costituiscono una minaccia per l'identità regionale, se non addirittura per l'unità nazionale (mentre i gruppi denunciati, in generale il partito nazionalista occitano e i gruppi oggi scomparsi, hanno avuto un ruolo quasi nullo nella codificazione intorno alla grafia classica)
    • l'occitano (la lingua d'oc) non esiste, poiché l'Occitania non è mai esistita - si tratta di smontare i «miti» del «credo occitanista» - per esempio Jean Lafitte, Guilhem Pépin, La «lingua d'oc» o le lingue d'oc? - Idee accolte, miti e fantasmi di fronte alla storia (PyréMonde/Princi Negue, 2009)
    • di conseguenza, le associazioni in difesa delle «lingue d'oc» reclamano il loro riconoscimento ufficiale come lingue indipendenti.
    Da notare che queste associazioni hanno saputo costruirsi una rete, sottile ma presente, nella sociolinguistica universitaria:
    • Philippe Blanchet (uno degli animatori attuali dell'Astrado) ha presentato nel 1992 una tesi sul provenzale (si veda la nota qui sotto) dove sviluppa una parte di questo argomentazione proponendo di presentare un «diritto dei locutori a denominare al loro lingua»
    • Per giustificare l'inclusione nel provenzale dell'essenziale del vivaro-alpino, Philippe Blanchet ha riutilizzato recentemente il concetto di lingua polinomica elaborato per la lingua corsa. Vedere per esempio il Sito della Consulta Provenzale: www.consultaprovenzale.org Archiviato il 7 aprile 2010 in Internet Archive..
    • Jean Lafitte, che presenta il bearnese e guascone come una lingua indipendente dalla lingua d'oc, ha ugualmente sostenuto una tesi sotto la direzione di Ph. Blanchet
  68. Comunicato pubblicato nei Quasèrns de lingüistica occitana, 1976
  69. (FR) René Merle, Mistralismo e insegnamento del provenzale, 1976-1977 online) ritorna su questo episodio
  70. (FR) Etienne Coudert evoca i fatti, dalla inizio alla ritiro di R. Teulat, dans Parlem! Vai-i qu'as paur 62[collegamento interrotto]
  71. Certificato di idoneità al professorato per l'istruzione secondaria (CAPES, Certificat d'aptitude au professorat de l'enseignement du second degré)
  72. (FR) Philippe Blanchet, Le provençal, essai de description sociolinguistique différentielle, Peeters, 1992,
  73. (FR) Site du Collectif Provence
  74. (FR) Site de l'IBG Archiviato l'8 ottobre 2014 in Internet Archive.
  75. (FR) Présentation d'Aigo Vivo
  76. (FR) Migliaia di manifestanti a Carcassonne per la difesa dell'occitano, dispaccio AFP su Google Actualités
  77. (FR) AFP
  78. (FR) Si poteva leggere su uno striscione «J'ai mon pays, Occitanie non merci». Manifestazione per la salvaguardia della pluralità delle lingue d'oc[collegamento interrotto]
  79. (FR) Michel Charasse sostiene l'alverniate
  80. (FR) Pierre Bec (La langue occitane, Q. S. J. ? Presses universitaires de Francia, 1963 / riedizione 1995) spiega che «è difficile […] separare il catalano dall'occitano se non si concede la stessa sorte al guascone […]» (p. 50), ma egli precisa subito che
    «Il problema, in realtà, è stato inficiare le considerazioni extra-scientifiche più o meno consapevoli»
    (id. p. 50). La separazione dal catalano si spiega secondo lui non in base a fattori storici che il guascone non ha mai conosciuto: «il catalano è stato nel corso dei secoli l'espressione esterna di un potere politico e di una gerarchia ecclesiastica che portò poco a poco alla creazione di un nucleo culturale totalmente indipendente dal sud della Francia, a partire dal XIII secolo» (p. 50-51). Ad ogni modo, in quest'opera, Bec analizza il guascone nell'ambito dell'occitano
  81. (FR) Ronjat chiama il guascone «aquitano» nella sua Grammatica storica dei dialetti provenzali moderni, tomo IV, Montpellier, Société d'études romanes, 1941
  82. Pierre Bec, La langue occitane et aussi la récente synthèse sur le sujet de Domergue Sumien, "Classificacion dei dialectes occitans", Linguistica occitana, 7, 2009 en ligne[collegamento interrotto]
  83. Documenti su una lingua fischiata pirenaica Archiviato il 19 novembre 2011 in Internet Archive.
  84. (FR) LAFONT (Robèrt) - L'ortografia Occitana. Lo Prouvençau. Montpelhier, Centre d'Estudis Occitanas, 1972
  85. Anticamente chiamato provenzale alpino, fu spesso accostato al provenzale. Cfr. BEC (Pierre) - Manuel pratique d'occitan moderne. Paris, Picard, 1972
  86. (FR) Questa si rifà in modo particolare alle enciclopedie Larousse e Encarta Archiviato il 3 ottobre 2009 in Internet Archive.
  87. (FR) BEC, Pierre, Manuel pratique d'occitan moderne
  88. (FR) Leggere Nicolas Quint, Le Languedocien - Occitan central, Assimil, 196 pagine. Il titolo tuttavia non rinvia a una classificazione «supradialettale».
  89. (FR) Domergue SUMIEN (2006), La standardizzazione pluricentrica dell'occitano: nuova posta sociolinguistica, sviluppo del lessico e della morfologia, coll. Publications de l'Association Internationale d'Études Occitanes, Turnhout: Brepols
  90. (FR) Liliane Jagueneau, La langue, in: Charente, Bonneton, 1992
  91. (FR) Pierre Bonnaud, Corrispondenze fonetiche morfologiche e lessicali tra il poitevin-saintongeais e l'occitano, in: Aguiaine, numero speciale, settembre 1972
  92. (FR) Jacques Pignon, L'évoluzione fonetica dei dialetti del Poitou, 1960 (pagina 512).
  93. (FR) Henri Malet, 1940, La toponomastica nella Charente e gli antichi limiti della lingua d'oc (apparsa nel Bulletins et Mémoires de la Société Archéologique de la Charente), 1940.
  94. (FR) Jacques Pignon, L'evoluzione fonetica dei dialetti del Poitou, Editions d'Artray, 1960 (carte n°8).
  95. Les noms de lieux de la Vienne à la limite des domaines français et provençal
  96. (FR) Pierre Gauthier, Nomi di luoghi del Poitou, Editions Bonneton, 1996
  97. (FR) Pierre Gauthier (professore onorario all'Università di Nantes), Studio introduttivo per la sua edizione del «Rolea» (raccolta di testi anonimi in poitevin del XVII secolo), 2002
  98. (FR) La Guida del pellegrino di San Giacomo di Compostela: testo latino del XII secolo, 5ª edizione, Jeanne Vielliard
  99. (FR) James H. Williston, Le Coutumier d'Oléron: Edizione e traduzione annotata, Société des antiquaires de l'Ouest, 1992: «Mi sono interessato alla Coutumier all'inizio perché vi si trovano forme, morfologiche soprattutto, che corrispondono al patois moderno della regione» (pagina 9).
  100. (FR) Le Terrier du Grand fief d'Aunis (1246), pubblicato da A. Bardonnet, Mémoires de la Société des Antiquaires de l'Ouest, 1875.
  101. Le vieux coutumier du Poitou, presentato da René Filhol, Editionis Tardy, 1956.
  102. (FR) Jacques Duguet, «Une charte en langue occitane (1260)» dans: Anthologie Poitou-Anis-Saintone-Angoumois, SEFCO, 1984.
  103. (FR) Les Coutumes de Charroux, pubblicati, tradotti e annotati per la prima volta da A.-. de la Fontenelle de Vaudoré, Mémoires de la Société des Antiquaires de l'Ouest, 1813.
  104. Il Webster's Third New International Dictionary, Unabridged con i suoi addenda del 1993, arriva intorno a 470 000 vocaboli, come l'Oxford English Dictionary, 2ª edizione. Il sito web del dizionario inglese Merriam-Webster stima che si arriverebbe a un numero variante da 250 000 a un milione di parole.
  105. (FR) vedi per es. Università di medecina Stanford in Californie: Folding@home in occitano
  106. Italica - Lingua d'oil Archiviato il 20 dicembre 2013 in Internet Archive.
  107. P. Meyer, 1889, "La langue romane du Midi de la France et ses différents noms", Annales du Midi.
  108. Schlösser Rainer, Le lingue romanze, Il Mulino; 2005, ISBN 978-88-15-10294-2
  109. Lee Charmaine, Galano Sabrina, Introduzione alla linguistica romanza, Carocci, 2005, ISBN 978-88-430-3507-6
  110. Giuseppe Creazzo, Agostino Formica, Hans Peter Kunert, O libre meu: manuale didattico per l'insegnamento della lingua occitana nella scuola, Comune di Guardia Piemontese, 2001.
  111. Ethnologue, 2005
  112. Nessuna norma letteraria del resto è arrivate ad imporsi; il provenzale rodaniano di Frédéric Mistral, il linguadociano letterario di Louis Alibert, il bearnese di Simin Palay e Michel Camélat hanno raggruppato seguaci, ma un più grande numero di creazioni utilizzano diversi dialetti e parlate
  113. (IT) Antonio Viscardi, La letteratura d'Oc e d'Oil, Firenze/Milano, 1967, p. 6 e 7:
    «Sono, nella nuova Europa, i trovatori i «primi» che abbiano avuto il senso dell'arte pura, dell'arte per l'arte; i primi, insomma, che siano «letterati» nel senso moderno della parola. […] Per questo, appunto, conta il moto trobadorico: per il magistero artistico che i trovatori esercitano nei riguardi di tutta l'Europa romana e germanica. […] da essi muove tutta la tradizione letteraria dell'Europa moderna.»
  114. (FR) Article occitan dans le Larousse:
    «La lingua si divide in tre grandi aree dialettali: loccitano settentrionale (limosino, alverniate, vivaro-alpino), l'occitano mediano [o meridionale], il più vicino alla lingua medievale (linguadociano e provenzale in senso stretto), e il guascone (a ovest della Garonna).»
  115. (FR) Sul suo regresso di fronte al francese, vedere nello specifico Philippe Vigier, «Diffusione di una lingua nazionale e resistenza dei patois in Francia nel XIX secolo» in Romantisme, 1979.
  116. Vedere in particolare Sylvain Soleil, L'Ordinanza di Villers-Cotterêts, quadro giuridico della politica linguistica del re di Francia? (online) (PDF) Archiviato il 1º dicembre 2006 in Internet Archive..
  117. (FR) Un buon riassunto della questione di Hervé Lieutard, La conversion des occitanophones à l'usage du français (PDF)[collegamento interrotto].
  118. (FR) L'Atlante dell lingue in pericolo dell'UNESCO (online) classifica i sei dialetti dell'occitano in pericolo (guascone, vivaro-alpino) o seriamente in pericolo (alverniate, linguadociano, limosino, provenzale).
  119. (FR) Walther von Wartburg, La fragmentation linguistique de la Romania [La frammentazione linguistique de la Romania], traduzione di l tedesco al francese di Jacques Allières e George Straka, 1967.
  120. La stessa Aquitania ha ricevuto protocelti della civiltà hallstattiana, ma i celti della cultura di La Tène si sono situati ai margini della zona occupata dagli aquitani (Agen, Bordeaux, rive nord della Garonna).
    • Cesare aveva dichiarato
    «Gallos ab Aquitanis Garumna flumen dividit»
    (I galli sono separati dagli aquitani dalla Garonna) (Antoine Lebègue, Histoire des Aquitains, Éditions Sud-Ouest).
    «L'apporto gallico (…) non ha modificato il popolamento del nostro paese che a nord, a est, nel centro, Celtica-Belgica.»
    (Pierre Bec, La langue occitane, Q. S. J. ? Presses universitaires de France)
  121. (FR) Pierre Bec, La langue occitane, Q. S. J. ? Presses universitaires de France, pagine 20-21
  122. (FR) Pierre Bec, Manuel pratique de philologie romane, t. 2; si trovano dunque forti similitudini con il francese o il castigliano
  123. Géo, juillet 2004, n° 305 - Occitanie au cœur du Grand Sud, pagina 73
  124. (FR) A. Rey (dir.), Dizionario storico della lingua francese, tomo II (F-PR), pagina 2427.
  125. (FR) Collectif Prouvènço
  126. (EN) Welcome to the Frontpage - OC Valéncia
  127. Infatti, la denominazione romans non è affatto specifico per l'occitano e si ritrova nelle altre lingue che si continuano a chiamare romanes. Nel Medioevo, si trovano rispettivamente le parole romanz in francese, romanç in catalano e romance in castigliano, designante la lingua volgare derivata dal latino, in opposizione al latino (e all'arabo della penisola iberica) - cfr. il Dictionnaire d'ancien français di R. Grandsaignes d'Hauterive, éditions Larousse, e le Diccionari català-valencià-balear Archiviato il 26 agosto 2004 in Internet Archive. d'Antoni Maria Alcover e Francesc de B. Moll).
  128. (DE) SCHLIEBEN-LANGE Brigitte (1991): "Okzitanisch: Grammatikographie und Lexikographie", Lexikon der Romanistichen Linguistik V, 2: 105-126 (p. 111) — Citato in: Žarko Muljačić (1997), “Perché i glottonimi linguaggio italiano, lingua italiana (e sim.) appaiono per indicare ‘oggetti’ reali e non soltanto auspicati molto più tardi di altri termini analoghi che si riferiscono a varie lingue gallo e ibero-romanze?”, Cuadernos de filología italiana 4: 253-264 Archiviato il 7 marzo 2010 in Internet Archive.
  129. (FR) GARDY Philippe (2001) "Les noms de l'occitan / Nommer l'occitan", in: BOYER Henri, & GARDY Philippe (2001) (dir.) Dix siècles d'usages et d'images de l'occitan: des troubadours à l'Internet, coll. Sociolinguistique, Paris: L'Harmattan, p. 43-60.
  130. Nella prefazione del Dictionnaire languedocien-françois dell'abate Sauvages viene indicato che: «la prima di queste due denominazioni, o quella di Lingua d'Oc, venne applicata dopo la metà del XIII secolo fino a Carlo VII; vale a dire, nel corso di circa 300 anni, alle province meridionali della Francia che i nostri re avevano da poco acquisito e alla lingua che vi si parlava. Questa stessa denominazione diventa sostanzialmente sinonimo di linguadociano. [...] Ne consegue che non solamente il provenzale, ma generalmente tutte le lingue guasconi delle nostre province meridionali, sono il risultato di questo dizionario, e verranno ad essere, in modo molto naturale, a trovarsi sotto questa definizione...» Questo dizionario è accessibile online: https://www.archive.org/details/dictionnairelan00sauvgoog
  131. Larousse: parlata locale, rurale in un ambito ristretto
  132. Per esempio, il dialetto guascone si estende al di là dei limiti tradizionali della Guascogna
  133. Kathrin Kraller, Sprachgeschichte als Kommunikationsgeschichte: Volkssprachliche Notarurkunden des Mittelalters in ihren Kontexten. Mit einer Analyse der okzitanischen Urkundensprache und der Graphie..
  134. SCHLIEBEN-LANGE Brigitte (1991): "Okzitanisch: Grammatikographie und Lexikographie", Lexikon der Romanistichen Linguistik V, 2: 105-126 (p. 111)
  135. LODGE R. A. (1993) Francese, dal dialetto a standard, Londra / New York: Routledge, p. 96 — Cité dans: MULJACIC Žarko (1997) “Perché i glottonimi linguaggio italiano, lingua italiana (e sim.) appaiono per indicare ‘oggetti’ reali e non soltanto auspicati molto più tardi di altri termini analoghi che si riferiscono a varie lingue gallo e ibero-romanze?”, Cuadernos de filología italiana 4: 253-264 Archiviato il 7 marzo 2010 in Internet Archive.
  136. (CA, FR) Legge del 13 luglio 1990. Versione online con traduzione francese
  137. Statuto di autonomia della Catalogna. Disposizioni linguistiche (online)
  138. (FR) Articolo 9 "... il consiglio generale si impegna ad attuare tutte le misure atte a rafforzare l'uso e la diffusione della lingua occitana..."
  139. Testo della delibera Online
  140. "la lirica occitana ha germogliato e dato i suoi frutti in tutta l'Europa, ..., cantando al suo seguito i valori del fin'amors e della cortezia" i Auctor e auctoritas: invenzione e conformismo nella scrittura medievale, Volume 59 di Mémoires et documents de l'École des chartes - L'École des Chartes. 59, Michel Zimmermann, Éditeur: Librairie Droz, 2001, p. 389, ISBN 2-900791-41-3, ISBN 978-2-900791-41-7
  141. "La letteratura occitana occupa nel Medioevo un posto preminente nella cultura e nell'arte contemporanea" in "Omaggio a Pierre Nardin: filologia e letteratura francese, Volume 29 degli Annali della Facoltà di lettere e scienze umane di Nizza, p. 91, Pierre Nardin, Editore: Belles lettres, 1977"
  142. (FR) Esame accademico dello Yonne / Portogallo
  143. De Vulgari Eloquentia, I:VIII: oc, oïl, sí - Yspani, Franci et Latini
  144. (FR) PUJOL J-P., 2004. Sottisier à propos des minorités ethniques. Le petit florilège chauvin, Ed. Lacour- Rediviva
  145. Quando il "patois" era politicamente utile: l'uso propagandista dell'occitano stampato a Tolosa durante il periodo rivoluzionario, Sociolinguistica (Parigi)- Collection sociolinguistique - Sociolinguistique Harmattan (Firm) - Collection Memoires Du Xxe Siecle, M. Carmen Alén Garabato, Editeur: L'Harmattan, 1999, ISBN 2-7384-8320-8, ISBN 978-2-7384-8320-1
  146. «linguaggio corrotto e grossolano, come quello del popolo minuto», Dictionnaire di Furetière (1690), o «linguaggio corrotto come quello che si parla in quasi tutte le province […] Non si parla la lingua che nella capitale…», Enciclopedia di Diderot e d'Alambert
  147. L'abate Grégoire diceva sotto la Rivoluzione francese: «Giacché non lo posso troppo ripetere, è più importante che lo si pensi in politique, di estirpare questa diversità di idiomi grossolani che prolungano l'infanzia della ragione e la vecchiaia dei pregiudizi.»
  148. (FR) L'école française et l'occitan. Le sourd et le bègue par Philippe Martel Archiviato il 22 febbraio 2011 in Internet Archive.
  149. (EN) M. H. Offord, A reader in French sociolinguistics, pagine 73 e seguenti
  150. libro da consultare
  151. Se sarò eletto, non sarò favorevole alla Carta europea per le lingue regionali. Non voglio che domani un giudice europeo che abbia un'esperienza storica del problema delle minoranze diverse dalla nostra, decida che una lingua regionale debba essere considerata come lingua della Repubblica allo stesso titolo del francese. Perché al di là della lettera dei testi vi è la dinamica delle interpretazioni e delle giurisprudenze che possono andare molto lontano. Ho la convinzione che in Francia, terra di libertà, nessuna minoranza è oppressa e che quindi non è necessario di dare ai giudici europei il diritto di pronunciarsi su un soggetto che è consubstantiel alla nostra identità nazionale e non ha niente a che vedere con la costruzione dell'Europa. Discorso di Nicolas Sarkozy a Besançon (13 marzo 2007) Archiviato il 25 agosto 2007 in Internet Archive.
  152. (FR) , PILOTAGE ET COHÉRENCE DE LA CARTE DES LANGUES, sul sito dell'Educazione nazionale
  153. Dibattito elezioni regionali del 25 febbraio del 2010 a Pau: Quale politica linguistica e culturale per l'Occitano ?[collegamento interrotto]
  154. Dati Convergència Occitana, Tolosa
  155. (IT, FR) Legge del 15 dicembre 1999, no 482
  156. (OC) "El 80% de la població occitana desitja que sigui preservada i promoguda la identitat pròpia, per bé que un notable percentatge d'aquestapoblació sigui d'origen forà i malgrat que la política oficial, en qüestions culturals i lingüístiques, sigui contrària al seu reconeixement". Jaume Figueras, Esperto in letteratura occitana, pubblicato dalla Generalitat de Catalunya, Occitània i l'occità, 32 p.
  157. (EN) UNESCO Interactive Atlas of the World's Languages in Danger
  158. (FR) http://recherche.univ-montp3.fr/mambo/slo/fr/enseignement.html[collegamento interrotto] Université de Montpellier
  159. (FR) Bilanci concernenti la lingua occitana e le rivendicazioni del «Centro regionau dels ensenhaires d'occitan» (CREO)
  160. (IT) ulteriori informazioni sull'occitano nella provincia di Torino
  161. (FR) Comparativo di statuti 1979-2006 Archiviato il 28 luglio 2006 in Internet Archive. (PDF)
  162. (FR) La Setmana n° 624 dal 9 al 15 agosto 2007, pagina 2
  163. (OC) Las lengas tòrnan per la pòrta de l'article 1èr, su vistedit.com. URL consultato il 31 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 25 settembre 2008).
  164. (CA) Eth Conselh Generau e er IEO lancen era Academia dera Lengua Occitana, su conselharan.org, 25 maggio 2008. URL consultato il 31 gennaio 2011.

Bibliografia



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[de] Okzitanische Sprache

Okzitanisch (okzitanisch occitan [.mw-parser-output .IPA a{text-decoration:none}utsiˈtɒ] / lenga d’òc [leŋgɔˈðɔ], französisch occitan / langue d’oc) ist neben Französisch die zweite romanische Sprache, die sich in Gallien aus dem Vulgärlatein entwickelt hat. Die Varietäten (Dialekte) des Okzitanischen, das im Gegensatz zum Französischen über keine einheitliche Schriftsprache verfügt, werden hauptsächlich im südlichen Drittel Frankreichs und einigen kleineren Gebieten in unmittelbarer Nachbarschaft gesprochen.[1] Als Amtssprache ist Okzitanisch nur im Val d’Aran im spanischen Katalonien in seiner aranesischen Variante anerkannt.

[en] Occitan language

Occitan (English: /ˈɒksɪtən, -tæn, -tɑːn/;[9][10] Occitan: occitan [utsiˈta][lower-alpha 1]), also known as lenga d'òc (Occitan: [ˈleŋɡɔ ˈðɔ(k)] (listen); French: langue d'oc) by its native speakers, and sometimes also referred to as Provençal, is a Romance language spoken in Southern France, Monaco, Italy's Occitan Valleys, as well as Spain's Val d'Aran; collectively, these regions are sometimes referred to as Occitània. It is also spoken in Calabria (Southern Italy) in a linguistic enclave of Cosenza area (mostly Guardia Piemontese). Some include Catalan in Occitan, as the distance between this language and some Occitan dialects (such as the Gascon language) is similar to the distance between different Occitan dialects. Catalan was considered a dialect of Occitan until the end of the 19th century[11] and still today remains its closest relative.[12]

[es] Idioma occitano

El occitano o lengua de oc (occitan o lenga d'òc) es una lengua romance de Europa. Es hablada por unos dos millones de personas, mientras que hasta 12 millones tienen cierta competencia en el idioma,[6] casi todas ellas en el sur de la actual Francia —al sur del río Loira—, así como en Italia —en los Valles Occitanos— y en España —en el Valle de Arán en el Pirineo leridano—. El Estatuto de Autonomía de Cataluña de 2006 estableció la oficialidad de la lengua occitana en toda Cataluña,[2] y fue ratificada mediante la ley aprobada en el Parlamento de Cataluña en 2010, por la que el occitano, en su variante aranesa, se declaró lengua cooficial en Cataluña, aunque de uso preferente en el Valle de Arán.[3]

[fr] Occitan

L'occitan ou langue d'oc[22] (en occitan : occitan , lenga d'òc ) est une langue romane[23] parlée dans le tiers sud de la France, les Vallées occitanes (Piémont et Ligurie) et Guardia Piemontese (Calabre) en Italie, le Val d'Aran (Catalogne) en Espagne et à Monaco[2]. L'aire linguistique et culturelle de l'occitan est appelée l’Occitanie ou Pays d'Oc.
- [it] Lingua occitana

[ru] Окситанский язык

Оксита́нский язы́к, провансальский язык[1][2] (окс. occitan, óucitan, произносится [u(t)siˈtaⁿ, u(t)siˈtɔ, ukʃiˈtɔ], также окс. Lenga d'òc, [ˈleŋɡɔ ˈðɔ(k)]; фр. occitan, langue d’oc) — язык коренного населения Окситании, юга Франции, ряда сопредельных районов Испании и Италии, а также частично Монако. Варианты названий: провансальский (provençal, proençal), лимузенский (lemozì), язык ок (lenga d’oc, фр. langue d'oc), романский (roman), язык трубадуров[3]. Российские романисты относят окситанский язык к галло-романской подгруппе романской группы индоевропейской семьи языков. Некоторые исследователи (А. Кун, Г. Рольфс, В. Гарсия де Диего) выделяют особую пиренейскую группу романских языков, к которой относят окситанский, каталанский, гасконский и арагонский языки[4]. Другие лингвисты относят окситанский вместе с каталанским к окситано-романской подгруппе. Представлен рядом диалектов и говоров, подразделяемых на северную и южную группы.



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